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Lettera da Roma

FACCIAMO IL DIGIUNO TELEFONICO

PAOLO CREMONESI - 14/12/2012

Quando poco meno di due anni fa Max Lodi mi propose di collaborare a RMFonline, accettando feci una promessa tra me e me. Non avrei mai scritto nella rubrica di fatti che non avessero avuto a che fare con la mia esperienza. Cose che mi hanno ‘toccato’ insomma: non categorie platoniche delle idee.

Questo perché ritengo che una parte dei mali del giornalismo contemporaneo (e della sua affidabilità in calo) vada ricercata proprio in tanti colleghi che hanno abbandonato la regola uno del ‘mestieraccio’: raccontare, per gli altri che non sono lì, quello che accade. Prediligono invece dotte esposizioni personali di pensieri più o meno illuminati su questo o quell’argomento. Con il risultato di far prevalere sempre più le opinioni sui fatti.

Chiusa questa premessa, vado dunque all’argomento odierno: qualche giorno fa ho dimenticato il cellulare in ufficio. Tra Saxa Rubra ed il quartiere dove abito vi sono quasi sei chilometri di strada: alle quattro e mezza del mattino si percorrono agevolmente in venti minuti. Per il ritorno ci si impiega anche un’ora. Essendo dunque giunto sotto il portone di casa a mezzogiorno ed accortomi di avere lasciato il telefonino, ho abbandonato rapidamente l’idea di tornare in ufficio. Mi sono detto: “Pazienza, un pomeriggio senza cellulare: che sarà mai? Lo riprenderò domattina”.

Più facile a dirsi che a farsi. Erano passate un paio d’ore che già la mente iniziava ad affollarsi di ansiosi pensieri: “Quel tale che dovevo vedere domani mi chiamerà per una conferma, non mi troverà…”. “E se il tal altro mi cerca, squillerà a vuoto?”. “E se il direttore mi vuole, come farà a trovarmi?”.

Dopo un’altra oretta sono passato alla fase due: “E se qualcuno sente squillare il cellulare, entra in ufficio e lo prende? “. “E se si scarica? “. “E se non fosse in ufficio, ma lo avessi perso al parcheggio?”. Così, fase tre, ho iniziato ogni tanto a chiamare da casa il numero per sentire se il telefonino squillava o se qualcuno magari avesse risposto. Oppure andavo a controllare la mia casella di posta elettronica in attesa di non so quale messaggio di contatto. Roba da nevrosi.

Ho acceso la tv per distrarmi: in qualunque ‘serial’ americana gente che parla al cellulare. Sono uscito di casa per fare una passeggiata: intorno uomini, donne, ragazzi attaccati al telefonino.

Alla faccia del pomeriggio senza cellulare! In realtà è stato il convitato di pietra dei pensieri più che non se fosse in casa.

Sono connesso, dunque esisto. Telefono perciò vivo. Alla fine della defatigante giornata mentale ho maturato questa constatazione. In soli due decenni (mi ricordo le prime uscite alla Tgr con un portatile a batteria che pesava almeno dieci chili) questi strumenti di comunicazione hanno conquistato un posto dominante nella nostra vita. Al punto che la loro assenza crea scompensi nella capacità di allentare il controllo, di stare soli, di condurre un dialogo non banale.

Qualche giorno fa il “Corriere della Sera” ha pubblicato in prima pagina una foto del Consiglio regionale lombardo dove tutti i politici sono chini sui loro telefonini, mentre un collega parla al microfono: “Non sappiamo più ascoltare” commentava il quotidiano di Via Solferino. E chi di noi non ha fatto le spese di qualche compagno di viaggio in treno o in bus perennemente connesso con non so quale amico/a per discorsi di fondamentale importanza… si fa per dire.

Lungi da me fare del moralismo. Se è così è così… ed è inutile porsi la solita domanda: come facevamo quando non c’erano i cellulari? Mi è però anche venuto in mente che, proprio in questo periodo di Avvento, dove la Chiesa continua a chiederci di ‘fare posto’ a Gesù bambino, potrei provare ogni tanto un digiuno telefonico di qualche mezz’ora.

Un modo per educarci a che il tu…tu… cui affidiamo la nostra quotidiana ansia telefonica, abbia il volto del Tu che solo è in grado di riempire i nostri cuori.

Buon Natale

NB: all’alba della mattina dopo il cellulare era al suo solito posto sulla scrivania dell’ufficio. Con un ghigno che mi è parso beffardo. Sul display le uniche chiamate non risposte erano le mie.

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