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Opinioni

“HOTEL D’ATMOSFERA” A MISURA DI CITTÀ GIARDINO

CESARE CHIERICATI - 21/12/2012

L’ATAhotel a Varese

Fa discutere ma non abbastanza, alla vigilia della pausa natalizia, la chiusura annunciata di due alberghi del centro di Varese, nel senso che il dibattito rimane circoscritto nella cerchia degli addetti ai lavori mentre il tema, in realtà, interroga direttamente il presente e il futuro della città che deve decidere in quale direzione andare, possibilmente in tempi non “biblici”. Per intenderci non quelli, sinora scanditi dal PGT (Piano del Governo del Territorio) ancora di là da venire nonostante siano state largamente superate tutte le proroghe possibili e immaginabili concesse dalla Regione. Perché il PGT sarà uno strumento essenziale dell’oggi e soprattutto del domani locale e, comunque sia, dovrà pronunciarsi sulle riaffioranti vocazioni turistiche dopo un grande oblio durato più o meno un quarantennio in cui industria e commerci sono state dominanti nel panorama economico locale.

Il progressivo superamento di questa egemonia sta portando alla ridefinizione “spontanea” della domanda dei punti di accoglienza: dagli hotel, più o meno anonimi, dotati di un considerevole numero di stanze e conseguenti rilevanti costi di gestione, a strutture più agili e leggere di buona qualità posizionate in centro o nelle immediate adiacenze a ridosso di parchi e giardini che lambiscono il tessuto urbano. Insomma un’offerta più coerente con quanto ben illustrato e raccontato dal recentissimo libro di Daniele Zanzi e Carlo Meazza “Alberi & Varese”. Non servono dunque nuovi falansteri di grandi dimensioni, tanto meno tristi motel sulle rifiorite sponde del lago grazie a una pista ciclabile che poche altre località italiane possono vantare. Insomma bisognerebbe privilegiare “gli hotel d’atmosfera”, per usare un’espressione cara ai francesi, piuttosto degli edifici dormitorio, magari lussuosi, a elevati consumi energetici e ad alto impatto ecologico che di fatto danno una mano alla cementificazione di un territorio da preservare invece gelosamente.

Non è un caso che, nonostante la crisi, se la cavino bene i Bed and Breakfast, come ha ricordato nei giorni scorsi il presidente dell’Associazione Aigo-BBVarese, Alfredo dal Ferro. Questa potrebbe dunque essere una tendenza su cui lavorare fatte naturalmente le debite proporzioni tra le esigenze funzionali di un hotel e quelle di un BB. Se maturasse questa impostazione il capoluogo e i comuni vicini dovrebbero agire di conseguenza. Per qualificare l’offerta turistica si deve infatti investire nella cura e nella manutenzione del tessuto urbano non in maniera episodica e scoordinata. Varese, “land of tourism” – per usare un’espressione pretenziosa e abusata – non può continuare a offrire al visitatore per lavoro o per diletto che sia, lo spettacolo desolante di interi brani di città sconciati dalle scorribande dei graffitari, con strade e marciapiedi in condizioni precarie, poco e male illuminata la sera, con una segnaletica dei siti di interesse turistico spesso cervellotica. E che dire del Sacro Monte, patrimonio mondiale dell’Unesco, impareggiabile gioiello architettonico penalizzato da scelte ostinatamente sbagliate sul cui destino sono stati versati i classici “fiumi di inchiostro” ma che nella realtà è un’arma turistica in buona parte spuntata.

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