L’arte come “sorgente di vita”. Era questo il credo dello scultore Vittorio Tavernari. E lo è stato per tutta la famiglia, stretta attorno a lui, nel solco di quel lavoro importante e difficile. Di una preziosa scelta che avrebbe coinvolto anche i suoi cari, ogni giorno, ora e momento, pronti a fare da spalla, in un percorso non facile. Eppure affascinante, vario e coinvolgente.
La prima a incamminarsi con lui era stata Piera, la moglie violinista, che a sua volta si era votata alla musica.
Un amore nato nelle sale del Palace, lui dipingeva lì, in quelle stanze del grande albergo di Colle Campigli divenuto ospedale di guerra, dove lei nel ’42 andava ad allietare i soldati feriti con la sua buona musica.
Finito il periodo bellico, Tavernari trasferì l’attività di artista nella casa di via Dandolo. Al piano terra si trovava lo studio di lui. Nella luminosa sala sopra i tetti dell’ultimo piano si tenevano invece i concerti di lei. Presenti a volte gli amici Chiara, Isella, Guttuso.
In un nido di amore, musica e pittura erano cresciuti i figli Carla e Giovanni. Sarebbero rimasti legati per sempre, con attenzione e affetto, a quella stessa sorgente di vita.
Carla, che ci ha lasciati lo scorso 25 aprile, ne aveva fatto anche il suo mestiere: insegnare e diffondere l’arte. Con la serietà che ne ha contraddistinto sempre le scelte, particolarmente dedicate a ricordare l’opera paterna.
Non è stato un caso la laurea in Lettere e Storia dell’arte, l’impegno nella curatela delle mostre, di ogni evento in cui fosse richiesta la sua presenza per ricordare papà Vittorio. Nelle donazioni di opere agli spazi pubblici, e ai Musei: ultima la donazione al Ma*Ga di Gallarate dell’Archivio Tavernari, fortemente voluto dalla moglie, dopo la morte di lui nel 1987, e sostenuto poi da tutta la famiglia.
A Carla si debbono anche alcune pubblicazioni, tra cui un libro dedicato proprio ai genitori, dove viene raccontato il filo del cammino familiare: che ha portato Piera e Vittorio in giro per il mondo, a fianco a fianco, per mostre ed eventi.
Carla è stata la figlia che tutti vorrebbero avere, sostegno garbato dell’anziana mamma e memoria del padre e del suo importante percorso di artista: con l’aiuto della famiglia del fratello e della propria. Era moglie di Luigi, madre di Giuditta e nonna felice.
Il sorriso le illuminava i begli occhi dorati. Dove si potevano leggere amore, intelligenza grande, pazienza. E la dolce determinazione che l’ha portata a mettere insieme tutto e tutti, con la levità gentile che è dote dei migliori.