Pur essendo nativo varesino, a lungo residente in via Magenta (angolo via Medaglie d’oro), nei giorni scorsi ho deciso di partecipare a una passeggiata serale per la città organizzata da Lombardia Segreta, associazione grazie alla quale avevo visitato i rifugi nei quali la popolazione si rintanava durante la Seconda Guerra Mondiale. L’adesione al tour nasceva proprio dalla curiosità di scoprire eventualmente qualcosa di nuovo a dispetto delle mie radici. Ebbene, la prima considerazione è di ordine generale: “Varese by night”, vista in questo modo e non con gli occhi fugaci di quando molli la macchina, vai al cinema o al ristorante, ha un fascino indubbio e per certi aspetti sorprendente. Illuminata, fa la sua brava figura. Però… Sì, c’è un però. Anzi, molti però…
Tanto per cominciare, il ritrovo era dopo l’ingresso principale di Palazzo Estense, giusto sotto la finestra dell’egregio signor Sindaco (o Borgomastro, come direbbero i leghisti). E nell’attesa che si completasse il gruppo, non potevo non dare un’occhiata in giro, al palazzo e a quella parte di giardino che da ragazzotto percorrevo per raggiungere la scuola media Silvio Pellico, ai tempi situata all’angolo tra via Sacco e via Verdi. Ecco allora la prima domanda, per il “Galimba” (e i suoi seguaci): non è il caso di programmare una bella rivisitazione degli infissi (persiane e affini) della residenza che fu di Francesco III d’Este? E poi – pur ammettendo che il colpo d’occhio è stato veloce perché nel frattempo i ritardatari erano giunti e la visita cominciava: può essere, insomma, che abbia valutato male – una volta nelle aiuole verdi non c’erano anche dei bordi floreali?
Ho visto bene, invece, tutto il resto dei Giardini Estensi, in particolare della parte alta, quella che conduce a Villa Mirabello, passando per l’anello del trenino per bambini (forse sopravvissuto alla sparizione, se ho letto bene, cosa della quale mi rallegro essendo stato un suo habitué, una volta beccando anche una craniata all’imbocco della galleria dopo essermi sporto troppo). Dicevo, salendo al piano alto la sensazione è quella di finire in un luogo sì colpito dalla terribile burrasca di un paio d’anni fa, ma anche lasciato andare. Se è vero che sono state messe a dimora nuove piante per sostituire quelle abbattute dal temporale, mi domando se non sia possibile definire per bene i camminatoi (magari spargendo del ghiaietto) e dare un’aggiustata a spazi verdi spelacchiati e… un po’ così.
La stessa cosa vale per il prato davanti a Villa Mirabello (dove c’è il magnifico cedro del Libano, vicino al quale non manca qualche bottiglia di plastica, segno che l’incivile di turno ha scavalcato la recinzione e lì ha bivaccato). La questione della monnezza sparsa per il verde – e non solo lì – è un problema ricorrente nel parco, anche se non mancano i cestini. Ma si sa che girano delle bestie ignoranti (con il massimo rispetto per le bestie animali; la versione umana è quanto di peggio si possa immaginare), per cui la domanda derivata è: la pulizia avviene in modo regolare? Nel mio piccolo, approfittando del fatto che la guida spiegava cose che già sapevo, mi sono premurato di rimuovere qualche cartaccia, qualche bicchiere e un pezzo di carta appallottolata d’alluminio che aveva tutta l’aria di aver ricoperto un bello spinello. Non solo: mentre facevo questo mi è sovvenuto che un tempo lì le aiuole fiorite c’erano eccome. Ora non più. E lo spelacchiamento del verde risalta perfino di più.
Non ho poi mancato di riflettere che poco più avanti, a un piano inferiore, c’è quel povero Minigolf che l’amministrazione attuale ha lasciato andare alla malora, oppure che il piazzale antistante l’ex Liceo Musicale – ora sede di Varese Corsi e dove anch’io collaboro – è pieno di buche orrende che quando piove diventano dei laghi (sistemarle e livellare per bene quel piazzale, no eh?), e infine che la fontana della Motta con la scultura di Angelo Frattini è sempre senz’acqua. Domanda: perché?
La guida ha poi ricordato che le origini di Varese arrivano alla preistoria e agli insediamenti sull’Isolino Virginia, uno dei quattro nostri siti Unesco. Peraltro non ha aggiunto che la suddetta “location” da tre anni è inagibile per ragioni francamente irritanti (con relativo danno turistico e d’immagine) e che il governo del Galimba sta anche snobbando l’idea dell’ingegner Aceti di bypassare il problema del “Caronte” che deve traghettare da Biandronno con un ponte-passatoia. Sì, Varese è fatta anche di clamorose dimenticanze, e qui penso al clamoroso oblio del Campo dei Fiori e del suo Grand Hotel, o al fatto che due straordinari artisti viventi, Marcello Morandini e Vittore Frattini, sono quasi ignorati. Il primo, la cui Fondazione, pur essendo lì a due passi, non risulta sul pannello comunale delle cose da vedere a Varese all’uscita del parcheggio Sempione, ha rifatto la pavimentazione di piazza Monte Grappa. Ma ho dovuto ricordarlo io alla guida… Quanto a Vittore, essendo figlio di Angelo (che fu anche amico e mentore di Flaminio Bertoni, il designer delle più belle Citroën), costa tanto rammentare chi è e valorizzare la sua continua attività?
Comunque, dopo la Motta e Piazza Monte Grappa siamo finiti in piazza del Garibaldino e in Corso Matteotti, dove c’è il punto “caldo” della movida – piacevole vedere lezioni di ballo sotto l’Arco Mera –, ma anche un luogo che potrebbe fungere da riserva di caccia del generale Vannacci (che pare stia raccogliendo consensi in città, così apprendo). Nel flusso del corso ecco farsi largo una macchina della Polizia, segno se non altro che qualcuno l’occhio lo butta. Però servirebbe a mio avviso fare di più per tenere il territorio a un livello di decenza. Non ci è voluto infatti molto a notare un bel po’ di schupàaa (scoppiati), di barboni e di ubriaconi, deambulanti in moto precario con un repertorio di rutti liberi e altre amenità. Davanti al Battistero, l’ultima tappa e l’ultima spiegazione. Alle nostre spalle, accovacciato sotto il Bernascone, un tizio ha accompagnato le parole della guida vomitando senza ritegno e ammorbandoci con un puzzo di vino che vi raccomando (io sono pure astemio…). Credo che Francesco III d’Este, la cui dimora è occupata dai politici di oggi, si sarà rivoltato nella tomba.