Le elezioni del 25 e 26 maggio con i risultati di Genova e Ravenna hanno detto che il campo progressista a livello locale è vitale malgrado le polemiche sempre ricorrenti. I ballottaggi di domenica prossima spiegheranno qualcosa di più ma quest’anno il voto che conta davvero è quello del prossimo autunno.
Andranno al voto cinque Regioni in diverse parti d’Italia: Veneto, Valle d’Aosta, Toscana, Marche, Campania e Puglia per un totale di circa 17 milioni di elettori. Tre hanno oggi una guida di centrosinistra: Toscana, Campania e Puglia mentre il Veneto e le Marche sono di centrodestra.
La Valle d’Aosta voterà, molto probabilmente, in settembre ma dal punto di vista politico ha una sua logica peculiare non assimilabile alle altre Regioni. Vediamo alcune domande e le possibili risposte.
Per la destra: quali e quante Regioni la Lega dovrà cedere a Fratelli d’Italia per riflettere l’avanzata elettorale della Meloni e l’arretramento di Salvini? La battaglia sarà dura e forse non mancheranno i colpi bassi” ma è quasi certo che la destra non si spaccherà come è avvenuto in qualche comune una decina di giorni fa.
La domanda per il fronte progressista è diversa e la risposta, al solito, meno prevedibile: ripeterà lo schema vincente a Genova e a Ravenna? Per i Comuni, si sa, è più facile ricorrere a candidati non di partito come avvenuto nel capoluogo ligure mentre per le regionali si cercherà di pescare fra le personalità politiche scegliendo i candidati più prestigiosi, dialoganti e unitivi.
Il vantaggio della destra è quello di condividere una ideologia che si va affermando sempre di più in Europa sulla spinta trumpiana. E tuttavia ha lo svantaggio di far apparire sullo sfondo i progetti concreti che dovrebbero essere il primo e più riconoscibile obiettivo di una competizione territoriale. E poi Forza Italia di Tajani, con la famiglia Berlusconi sempre in guardia, accetterà la parte del terzo incomodo con poche pretese?
Il vantaggio del centrosinistra è avere una rosa più ampia e accreditata di persone candidabili ma le tensioni fra i leader dei vari partiti sono forti con Conte che non accetta l’eventuale coabitazione con Calenda e Renzi e fatica ad accettare la leadership di Schlein suffragata dai risultati elettorali oltre che dai sondaggi. Se Calenda sembra attratto da un richiamo centrista (un miraggio?) il rifiuto verso Renzi apparirebbe difficilmente comprensibile.
Un risultato complessivo a favore dei progressisti alle regionali è quindi ipotizzabile ma conoscendo le tipiche insidie della sinistra ogni previsione è quasi un azzardo. Eppure l’Italia avrebbe bisogno, come tutte democrazie, di un’opposizione forte e davvero competitiva.
PS – Sui referendum correggo ciò che ho scritto qui il 9 maggio. Confermo che andrò a votare, che ritirerò le cinque schede ma – questa la novità — voterò Si anche al quesito sugli appalti e i sub-appalti oltre a quello sulla cittadinanza. Per gli altri referendum saranno tre No.