“Zero tituli”. Così Josè Mourinho potrebbe ironicamente commentare l’avventura dell’Inter in questa stagione in cui la squadra nerazzurra fallisce l’assalto a tutti i traguardi inseguiti via via dallo scorso gennaio sino a fine maggio.
Il primo obiettivo della squadra di Simone Inzaghi, la Supercoppa Italiana, sfugge in Arabia Saudita. Sconfitta in semifinale l’Atalanta (2-0), i nerazzurri affrontano il Milan in finale: in vantaggio per 2-0 in avvio di ripresa, si fanno però rimontare e superare da un gol di Abraham nel recupero (2-3).
Non meno amaro l’esito in Coppa Italia, competizione nella quale Lautaro Martinez e compagni incrociano di nuovo il Milan in semifinale: dopo il pareggio nella gara di andata (1-1), arriva un autentico rovescio al ritorno (0-3) che provoca l’eliminazione.
Soltanto all’ultima giornata il campionato emette il suo verdetto a favore del Napoli e con un solo punto di vantaggio. In realtà, tutto si decide la settimana prima, quando l’Inter pareggia in casa con la Lazio (2-2), anche a causa di un calcio di rigore (netto) provocato da un fallo di mano di Bisseck all’87’; questo consente ai partenopei, pur costretti al pareggio a Parma (0-0), di mantenere quel minimo margine che alla fine si rivela decisivo, perché all’ultima giornata l’Inter espugna Como (2-0) ma anche il Napoli piega il Cagliari (2-0).
Sicuramente oltre ogni attesa il cammino dell’Inter in Champions League, anche considerando il fatto che i nerazzurri occupano soltanto il 14° posto nella classifica del monte ingaggi delle squadre a livello continentale. Nella prima fase della manifestazione i nerazzurri ottengono sei vittorie contro Stella Rossa Belgrado (4-0), Young Boys (1-0), Arsenal (1-0), Lipsia (1-0), Sparta Praga (1-0) e Monaco (3-0), strappando un pareggio sul campo del Manchester City (0-0 nella giornata inaugurale) e subendo una sola sconfitta a Leverkusen contro i campioni di Germania (1-0); questo ruolino di marcia vale ai milanesi il quarto posto nella classifica alle spalle di Liverpool, Barcellona e Arsenal (ma con gli stessi 19 punti di spagnoli e inglesi, favoriti tuttavia dalla migliore differenza reti). Negli ottavi di finale l’Inter si sbarazza degli olandesi del Feyenoord con due successi (2-0 e 2-1), nei quarti di finale va a vincere a Monaco di Baviera contro il Bayern (2-1) e contiene il tentativo di recupero dei tedeschi a San Siro (2-2); poi, in semifinale, dà vita a due indimenticabili sfide con il Barcellona, pareggiando in Spagna (3-3) e piegando infine i blaugrana a Milano con un gol di Acerbi al 93′ (4-3). Decisamente da dimenticare l’atto conclusivo con il Paris Saint Germain, di nuovo a Monaco di Baviera, con una “manita” (0-5) che passa alla storia della Coppa dei Campioni come la finale che si è conclusa con il maggiore scarto di reti. Un risultato, quest’ultimo, che probabilmente decide il destino di Simone Inzaghi, che decide di accettare l’offerta plurimilionaria (pare 50 milioni in due stagioni) in arrivo dall’Arabia Saudita.
La domanda che ci poniamo, a questo punto, è molto semplice: davvero nello sport conta soltanto vincere? Davvero non conta nulla avere disputato un campionato sempre nelle posizioni di vertice, piegati da una squadra, il Napoli, che, al tirar delle somme, ha disputato in stagione 19 partite in meno, e una Champions League semplicemente da incorniciare, con una partita, quella a San Siro con il Barcellona, destinata a rimanere nella storia del calcio nerazzurro?
Tra le molte colpe che, a giochi fatti, si imputano a Simone Inzaghi (ma anche alla società) c’è quella di non avere saputo scegliere gli obiettivi, magari rinunciando a qualcuno dei traguardi che la stagione via via proponeva, in primis la Coppa Italia. Ma, obiezione, non è neppure facile scegliere quando ogni obiettivo comporta poi delle ricche ricompense di cui il calcio d’oggi si nutre così avidamente: basti dire che la partecipazione alla Champions League ha fruttato quest’anno all’Inter la bazzecola di 190 milioni di euro e, se vogliamo insistere con qualche cifra, probabilmente quest’anno la società chiuderà il bilancio superando per la prima volta nella storia del calcio italiano il mezzo miliardo di euro di fatturato, con un utile stimato tra i 20 e i 25 milioni (tutte le gestioni precedenti sono state in perdita).
Il giorno prima della finale di Monaco di Baviera tutti erano pronti a incensare l’impresa di Simone Inzaghi e dei suoi giocatori; il giorno dopo si è parlato soltanto della necessità di rifondare una squadra oggettivamente piuttosto anziana.
Conclusione: al tirar delle somme, a dispetto dello “zero tituli”, non ce la sentiamo di bocciare l’Inter 2024-25. E se lo facessimo, che cosa dovremmo poi dire di Juventus e Milan?