Vale il shakesperiano “Molto rumore per nulla” o c’è di più? Si poteva fare meglio? Con una manovra annunciata, ma entrata ora in vigore di fatto con quattro mesi di retroattività Varese è tra i comuni, meno di mille in Italia, che “saltano il fosso” e introducono la tariffazione “puntuale” della raccolta rifiuti. La TARI diventa TARI-P, cioè “puntuale”. Non su tutto il conferito, ma solo la non differenziata, insomma “il secco”. Non sono grosse cifre, perché si prevede di arrivare al 6% dell’importo complessivo della spesa, che è di 16,5 milioni di euro (in pratica: la fattura pagata alla Sangalli, concessionaria del servizio). Non solo: l’amministrazione dice di non volerci guadagnare e che il conto complessivo potrà tradursi in nessun aumento e se la TARIP spingerà i consumatori a essere più virtuosi, alla fine ci potrebbe essere un risparmio.
Il dibattito in Consiglio comunale è stato acceso, dopo un confronto che già in Commissione Bilancio, dove si doveva preparare regolamento e tariffe è stato bollente. A Varese così come a Busto Arsizio – in perfetto equilibrio bi-partisan, visto che si tratta dei due maggiori centri della provincia, il primo governato dal centro-sinistra, il secondo dal centro-destra – il 1° gennaio 2025 ha segnato l’avvio del nuovo sistema e in entrambi i comuni il 2025 è di rodaggio e messa a punto. Non può sfuggire che il principio dei “Paghi secondo quanto butti (PAYT: “Pay as you throw”) era già nel programma della prima amministrazione Galimberti nel 2016 e rafforzato nella seconda, nel 2021. Il confronto tra maggioranza e opposizione si è quindi consumato, a fine aprile, sul “come”. Va ricordato che in materia di rifiuti i comuni hanno i vincoli stabiliti dalla legge (il DM del 2017 che riflette le norme europee) e dall’Arera, l’Autorità per l’Energia, Reti e Ambiente. Tra queste, la necessità di coprire i costi, e di scegliere tra il sistema forfetario pur fin qui adottato, che tiene conto di una “presunzione” di produzione di rifiuti basata su superficie, tipologia di utenza e numero componenti, e il sistema con la componente aggiuntiva “puntale”.
Per la maggioranza è toccato al presidente della Commissione Ambiente Dino De Simone difendere i principi dell’Economia Circolare. Il consigliere “galimbertiano” di Progetto Concittadino, un ambientalista doc (laurea in Scienze Ambientali, impegnato in Legambiente di cui è stato presidente cittadino per un decennio, attività professionale nel settore per aziende regionali) sono “ormai alle spalle gli anni in cui occorreva battere lo scetticismo sulla raccolta differenziata. Quando – ha ricordato – c’era chi temeva che i rifiuti sarebbero finiti nei boschi”. Dall’altra parte, sbarramento dell’opposizione con motivazioni articolate contro il nuovo meccanismo.
Per il “centrista” Luca Boldetti, il sistema ha il difetto di “privilegiare la raccolta differenziata senza puntare a una riduzione complessiva dei rifiut”. Una posizione forse singolare per chi si riconosce nelle posizioni di Forza Italia che, ricorda una nota ufficiale nazionale,“ sostiene l’economia circolare come unica strada per il futuro, favorendo il riciclo e il riutilizzo dei rifiuti che diventano risorsa fino ad arrivare alla chiusura del ciclo con la trasformazione dei residui finali in energia sostenibile”.
Più sostanziale e difficilmente contestabile la posizione del leghista Stefano Angei secondo il quale “si dovrebbe parlare in realtà di sistema “quasi”- puntuale, perché restano esclusi i condomini, con il risultato che comportamenti virtuosi di parte dei residenti di un immobile potrebbero essere vanificati dal comportamento di altri, portando a un aggravio finale”. Che fare allora? Tocca all’amministrazione, aggiunge Angei, “il compito di trovare le strade opportune, visto che peraltro questa non lesina nelle consulenze, per individuare anche per i condomini gli effettivi conferimenti di ogni unità”.
La critica più radicale al meccanismo, che tra regolamento e allegati impegna più di 100 pagine, è di Salvatore Giordano, il capogruppo di Fratelli d’Italia, che ha confermato a RMFonline perplessità già anticipate in Commissione. “Considerare il condominio come un’unica utenza indifferenziata è già un grosso limite. In più lo stabilire a 7 sacchi annuali il numero minimo di prelievi per nucleo su cui è conteggiata la tariffa, è penalizzante per le monoutenze , che rischiano di tenere in casa un sacco voluminoso anche per un paio di mesi: un non-senso con poca flessibilità. Un più aperto confronto tra le parti politiche sarebbe stato utile, ma la maggioranza ci sente poco”.
Le preoccupazioni non finiscono. Varese è una città “quasi-virtuosa”. I 515 kg di rifiuti pro-capite di 10 anni fa sono andati riducendosi, dopo il “rimbalzo” del 2021, anno di Covid e dispositivi monouso. Oggi (2023) si producono 453 Kg di rifiuti e la differenziata è passata dal 58,9 al 71,6%. L’obiettivo è arrivare all’80% e ridurre gli attuali 130 Kg pro-capite di “secco” (i comuni sono considerati “virtuosi” sotto i 75 Kg), ma ci sono dei limiti anche tecnici. Un esempio: solo una parte delle plastiche (contenitori e imballaggi) è differenziabile. “Ormai la sensibilità per la separazione è cresciuta in Italia, anche l’industria fa la sua parte con indicazioni chiare già sulle confezioni”, dice un preoccupato Giordano. “Non vorrei ora con il nuovo sistema assistere a un peggioramento del servizio. Obbligando l’utenza a tenere a lungo il sacco del secco in casa, c’è da sperare che non si crei la coda di chi è costretto a portare alla “piattaforma” di Belforte rifiuti che resterebbero altrimenti per settimane tra le mura domestiche: pensiamoci bene”. Detto in altri termini: siamo sicuri che i vantaggi superino gli svantaggi?
In consiglio comunale sono mancati i numeri, i confronti con le esperienze virtuose, ma un elemento positivo già con i microchip sui sacchi e l’effetto annuncio c’è: Busto ha toccato l’83% di differenziata, record regionale e Varese nei primi mesi ha ridotto i 8 punti l’indifferenziata.