Chiamiamole, se vogliamo, coincidenze ma il 9 maggio ne offre molte.
Dal giugno 1985, adottando ufficialmente quanto si ricordava già dal 1964, la Giornata dell’Europa è il doveroso ricordo della presentazione nel 1950 da parte di Robert Schuman della Dichiarazione che faceva proprio il piano di cooperazione economica voluto da Jean Monnet e dallo stesso Schuman.
E il martedì 9 maggio del 1978 l’Italia rimase attonita per l’assassinio di Peppino Impastato e per il ritrovamento del corpo di Aldo Moro. Il leader della Democrazia Cristiana credeva fortemente nella necessità dell’integrazione europea. Da leggere il libro di Rocco d’Alfonso intitolato: L’Europa di Aldo Moro. Certamente un’altra Europa, come ci ha ricordato il numero di inizio anno di Micro Mega dedicato al “sogno infranto”.
Vale anche la pena ricordare che l’UE dei 27 Stati membri, di cui non tutti sono nell’Eurozona, non è tutta l’Europa, mosaico di 48 Stati. In ogni caso dobbiamo interrogarci su che cosa sappiamo veramente sia dell’UE sia del continente Europa. Ma non bastano le informazioni anche quelle rigorose e ben documentate. Può sembrarci lontana nel tempo e non vicina alla nostra sensibilità La meditazione sull’Europa di José Ortega Y Gasset (per coincidenza nato nel 1883, il 9 maggio), ma è un buon viatico, soprattutto se crediamo non solo all’Europa economica, in affanno, e se pensiamo che difesa non significa riarmo ma riteniamo irrinunciabile la responsabilità della cultura.
Facciamo nostre le parole del cardinale e poeta portoghese José Tolentino Mendonça: La dimensione più straordinaria del progetto europeo non è nata come una conquista bellica, come una concezione economica o meramente politica ma grazie ai libri abbiamo conquistato la libertà d’espressione.
E allora perché non ricordare il valore della letteratura europea sapendo che anche la narrativa ci aiuta a comprendere il mondo se trova le parole giuste per raccontarlo. C’è – e ci si deve essere – l’Europa politica, ma dobbiamo riflettere sempre sull’umanità, storie di uomini e di donne. Non è fuori luogo pensare al valore che ha il Premio Strega Europeo, nato nel 2014, con lo scopo di promuovere e premiare la letteratura europea. Leggere la cinquina, presentata ad aprile, di cui sapremo a metà maggio il vincitore, non ci aiuterà a interpretare le spinose questioni politiche e il rischio del sogno infranto ma ci ricorderà un’altra Europa, quella della cultura e del “commercio” delle idee.
Certamente una conoscenza parziale e condizionata da scelte per cui alcuni libri vengono tradotti e hanno una circolazione di respiro europeo mentre altri rimangono sconosciuti. A volte anche il poco serve. I cinque romanzi ci fanno conoscere scrittori e scrittrici europei e spaccati di vita, diversi nel tempo e nello spazio che ci ricordano la nostra umanità. È giusto segnalare i titoli: L’ultima sirena, romanzo d’esordio della giovane scrittrice finlandese Iida Turpeinen, che sa coniugare scienza e letteratura; La metà della vita di Terézia Mora, ungherese ma naturalizzata tedesca, che racconta di un amore tra la DDR e la Germania riunificata; La scoperta dell’Olanda, dedicato a Volendam, celebre villaggio di artisti, e scritto da Jan Brokken. Significativi sono anche Theodoros del rumeno Mircea Cărtărescu e il Giorno dell’ape di Paul Murray, scrittore d’Irlanda, Paese che è in testa per il maggior numero di lettori. Insomma sguardi su un’altra Europa, quella che scrive. In fondo poco ci importa chi sarà il vincitore o la vincitrice.