(S) Perché abbandonare il tema “conclave”?
(C) Solo perché già sabato, quando ci leggeranno, potrebbe essere già stato eletto il nuovo Papa. Di fatto arriveremmo a esibirci in fantasie quando la realtà ci avrebbe superato. Ho la sensazione che le numerose congregazione cardinalizie di questi giorni siano già una sorta di SINE-CLAVE, di sedute pre-elettorali senza clausura.
(O) Senza Spirito Santo?
(C) Lui soffia dove e quando vuole. Sono convinto che smentirà le previsioni dei vaticanologi. A costo di far guadagnare i bookmakers. Perciò affronteremo un tema da “cambiamento d’epoca” più laico, quello dell’energia nucleare, rilanciato dal black-out di Spagna e Portogallo. Premesso che non sono né un fisico né un ingegnere, giustifico la presunzione di parlare di quest’argomento da ex-politico, essendomi occupato dell’argomento fin dal 1976, come membro della indagine conoscitiva promossa dalla Camera in accordo col ministro Donat-Cattin. Chiarisco subito: allora ero molto favorevole all’energia nucleare. Era appena scoppiata la crisi petrolifera con la rapida crescita dei costi del greggio, causata dalla creazione dell’OPEC e dalla diffusione di notizie, rivelatesi false, sulla imminente esaurimento delle risorse energetiche. La tecnologia nucleare era contemporaneamente innovativa e sufficientemente matura per essere affidabile. Ovviamente non mancavano i contrari, sia per convinzione, dovuta all’evidente connessione con gli usi militari (oggi queste preoccupazioni si manifestano nella contrarietà allo sviluppo del nucleare ‘civile’ dell’Iran), sia per pregiudizio politico-ideologico. Poi sopravvenne Chernobyl, era il 1986 e il timido tentativo di rilancio, concretizzatosi con la scelta del sito di Montalto di Castro e il parziale inizio dei lavori di costruzione, si arrestò del tutto.
(O) Ma il resto del mondo è andato avanti e a costruire centrali nucleari sono anche paesi petroliferi, come appunto l’Iran e altri arabi. Si parla di reattori di terza e quarta generazione, d’impianti di minori dimensioni che non richiedono l’insediamento in un territorio speciale, sempre difficile da individuare.
(S) Devi anche spiegare qual è la ragione che collega il black-out spagnolo con la proposta di rilancio del nucleare.
(C) Non se ne conoscono ancora le cause specifiche, probabilmente è imputabile a un problema del modello elettrico spagnolo, costruito su una abbondanza di fonti rinnovabili (e questo è un bene) ma con un grande limite in una rete inadeguata, che necessita di grandi investimenti e di una maggior interconnesione con il resto dell’Europa. Infatti il problema spagnolo si è esteso per pochi minuti alla Francia meridionale, ma quest’ultima si è subito ripresa grazie ad una disponibilità di riserva di potenza. Ecco il punto: le energie rinnovabili, precisiamo, di origine ambientale, solare ed eolico, dipendono da fattori contingenti e non sono flessibili né programmabili con sicurezza. Il vento può cadere in poco tempo, il sole può essere oscurato da una veloce perturbazione; se questo capita nel momento di massima richiesta giornaliera occorre avere una adeguata riserva di potenza.
Il ragionamento a questo punto è semplice: l’energia di origine nucleare è la migliore per costituire una base solida, perché per sua natura deve funzionare 24 ore su 24, 7 giorni su 7, le interruzioni di servizio per manutenzione sono programmate con mesi d’anticipo. Nel sistema elettrico italiano, paradossalmente, accade proprio questo, una parte della nostra produzione di base è garantita dell’energia nucleare, ovviamente di importazione. Allora si dice: perché non produrcela da soli, vincendo la riluttanza delle popolazioni ad accogliere tali impianti sul territorio. Aggiungo però che saremmo comunque dipendenti dall’estero per il servizi di produzione e di riciclo del combustibile e, almeno parzialmente, per la progettazione e il know-how gestionale, dal momento che manchiamo di esperienza diretta da quasi quattro decenni.
(S) C’è un altro modo di risolvere il problema dell’energia di base?
(C) Certo! Sono o non sono un apologeta paradossale? Il carbone, a costo di scandalizzare. Nel 2024 la Cina ha iniziato a costruire centrali a carbone per 95 gigawatt di potenza, quanto l’attuale disponibilità di energia da carbone di tutta l’Europa e, paragone irriverente, quanto duecentoquaranta (sì 240!) delle famose nuove centrali nucleari di media taglia di cui si parla. Se non vogliamo contestare (e lo potremmo) l’attribuzione del cambiamento climatico alla sola CO2, dobbiamo dedicarci al compito non particolarmente costoso di raccogliere e immagazzinare la CO2, relativamente semplice se effettuato alla fonte di produzione.
(O) Capisco il vostro realismo, ma non tarpiamo le ali alla ricerca, nei tre campi che un eccesso di attenzione ai costi di produzione attuali farebbe trascurare: appunto le rinnovabili, il nucleare di nuova generazione, soprattutto la ricerca sulla fusione, i cui progressi ci fanno credere che sarà l’energia del futuro, anche se non così prossimo da poter trascurare tutto il resto.
(S) Sebastiano Conformi (C) Costante (O) Onirio Desti