Attualità

SOGNO DI PACE

LUISA NEGRI - 09/05/2025

Non ci siamo più staccati da quell’immagine di due uomini seduti l’uno di fronte all’altro, due potenti. Uno grande e uno piccolo. Li accoglievano due poltrone di damasco rosso dai profili lignei dorati. Ai piedi un pavimento in marmo, sotto la grandiosa scenografia vaticana della chiesa di Pietro: la Chiesa. Mentre il soffio della parola di Francesco sembra spirare in alto, come il vento del Giudizio Universale nella Cappella Sistina. Neppure Strehler o Visconti avrebbero potuto immaginare un’ambientazione così  importante, un tale coup de théâtre  con miliardi di occhi incollati alla visione, e alla speranza, di quell’incontro. Dove i due potenti stanno cercando di giocarsi le loro carte al meglio. Difficile capire e interpretare le mosse di ciascuno, ma a tanti è sembrato di poter sperare in quello stupefacente, enigmatico colloquio. Avvenuto – nella circostanza delle esequie di Francesco – dopo un primo, umiliante e  burrascoso atto, sul quale era presto calato il sipario.

Un terzo personaggio non è in scena, si è messo fuori gioco da solo, ma tira da troppo tempo altri fili, tiene in mano altre carte e i destini della Terra. È il pianeta offeso e martoriato di Francesco che il pontefice ha cercato di aiutare e percorrere alla massima velocità consentita al suo fisico malato -durante l’epilogo senza respiro della propria vita terrena – nel disperato tentativo di salvarlo dall’abisso. Passando di chiesa in chiesa e tra la sua gente, scambiando le ultime strette di mano, gli ultimi sguardi.

A distanza di giorni sembra che il potente dalla chioma dorata tema di non farcela, lo dice lui stesso. Sta perdendo la partita? Ma è sempre difficile – quando si brandiscono le carte del mondo e anche per chi le tiene in mano – interpretare e profetizzare quel che accade. Difficile per chi guarda, spera e prega.

Eppure ci sono uomini di buona volontà, ‘Pellegrini di speranza’- proprio come i viandanti del Giubileo – che continuano a crederci. Sperano che quella scena, entrata ormai nella storia, possa essere letta un giorno quale atto preparatorio, quasi segno divino, di un mondo migliore.  Dove il fragore assurdo della guerra, “ronzio d’un ape dentro il bugno vuoto”, scriveva Pascoli, non voglia  più ignorare il senso di un mistero che s’allarga all’universo.

Uomini pace! Nella prona terra troppo è il mistero e solo chi procaccia d’aver fratelli in suo timor, non erra”.