No, Varese non è la provincia più ricca della Lombardia, almeno stando alle statistiche ufficiali e certificate. Su 880mila abitanti le dichiarazioni dei redditi nel 2023 sono state solo 610mila denunciando un reddito medio di circa 24.600 euro pari a un reddito medio per abitante di 17mila. Su di un reddito complessivo di 15 miliardi, poco più dell’8% del gettito della Lombardia. L’Irpef pagata è stata di poco superiore ai 6mila euro ad abitante.
Nella classifica delle province Varese è al quinto posto dopo Milano (con un’Irpef media di 8800 euro), Monza-Brianza, Lecco e Como. Altri dati interessanti sono quelli che riguardano la Lombardia che pur avendo pur avendo il 16,9% degli abitanti dell’Italia paga il 22,59% dell’Irpef con una imposta media di 4692 euro, la più alta del Paese. I grandi ricchi, quelli che guadagnano oltre 300mila euro, sono lo 0,27% del totale; a Bolzano sono lo 0,22%, poi c’è l’Emilia Romagna con lo 0,16% per finire con la Calabria con lo 0,03%. Percentuali che tradotte in cifre vogliono dire 20.350 persone in Lombardia e 383 in Calabria. In compenso la povertà assoluta (quella delle famiglie o individui che non riescono a sostenere la spesa minima necessaria per acquistare un paniere di beni e servizi essenziali) riguarda in Lombardia 600mila persone e in provincia di Varese poco più di 50mila. Un numero rilevante, ma vi è da tener conto che in queste classifiche del reddito non sono compresi gli oltre 30mila frontalieri che fino a quest’anno pagavano le imposte alla fonte e non erano tenuti alla dichiarazione dei redditi. E anche per questo che tra i Comuni più “poveri”, cioè con i più bassi redditi dichiarati troviamo tutti quelli della fascia di confine come Duno, Curiglia con Monteviasco, Ferrera, Cremenaga, Brissago-Valtravaglia, Cadegliano-Viconago e Brezzo di Bedero. Dove i poveri sono un’esigua minoranza dato che la maggior parte dei cittadini gode di redditi svizzeri. Quella della fiscalità dei frontalieri è comunque una dimensione molto particolare.
Nel suo complesso in Italia c’è la realtà, almeno stando alle dichiarazioni dei redditi, di un Paese di poveri: se solo 33,540 milioni di cittadini su 58,997 milioni di abitanti hanno presentato per il 2023 una dichiarazione dei redditi positiva, questo significa che il 43,15% degli italiani non ha redditi e di conseguenza vive a carico degli altri; si tratta di una percentuale rilevante, ben più alta di quella dei grandi paesi del G7.
Ma andando a guardare le statistiche si scopre che in Italia c’è un fenomeno paradossale: più aumentano le spese pubbliche destinate all’assistenza più aumenta la povertà. Rispetto al 2008 quando la spesa assistenziale a carico della fiscalità generale era di 73 miliardi, nel 2023 si sono spesi 164,43 miliardi; una spesa più che raddoppiata che avrebbe dovuto debellare la povertà e invece i dati di Istat ci dicono il contrario e cioè che nel 2008 i poveri assoluti erano 2,1 milioni e quelli relativi 6,5 milioni; nel 2023 i poveri assoluti sono aumentati a 5,694 milioni e i poveri relativi (quelli che hanno una disponibilità mensile inferiore ai mille euro) oltre 8,477 milioni.
La prima spiegazione la si può trovare nell’evasione fiscale dove il nostro Paese è al primo posto in Europa secondo gli ultimi dati approvati dal Parlamento europeo: “In valori assoluti l’Italia è al primo posto con 190,9 miliardi evasi ogni anno, mentre al secondo e al terzo posto seguono Germania (125,1 miliardi) e Francia (117, 9 miliardi); l’Italia è prima anche per evasione pro capite con una media di 3.156 euro l’anno a persona”. Esistono quindi molti falsi poveri che approfittano di una legislazione complessa e nello stesso tempo lacunosa per trovare facili scappatoie per non dichiarare i redditi effettivi.
Evadere è illegale e immorale, ma ha un duplice vantaggio: si pagano meno tasse e si può usufruire di un ampio ventaglio di agevolazioni e di bonus che lo Stato non cessa di elargire su bollette, accise, mobili, elettrodomestici, canone TV, contributi affitti e così via. E peraltro la manovra fiscale prevista per il 2026 invece di contenere nuove misure per combattere l’evasione lascia la porta aperta ad un ennesimo condono alla luce di una “pace fiscale” che è solo un premio per i contribuenti infedeli.