
(S) Quando si riceve un’eredità che si presume gravata di debiti, si chiede il beneficio dell’inventario; ciò che non è stato possibile per Leone XIV (d’ora in poi semplicemente Leone, perché tale deve dimostrarsi). Secondo l’autorevole Massimo Gaggi dell’autorevole Corriere il debito ereditato è di due miliardi: “I conti del Vaticano: il debito da due miliardi che Bergoglio ha lasciato in eredità a Papa Leone XIV”. Anzi, nel testo si precisa che “accanto ai buchi finanziari, in qualche modo arginati, sono cresciuti altri disavanzi: soprattutto quello del fondo pensioni del Vaticano, una voragine da due miliardi di euro.” Se andiamo in USA troviamo Bannon, ex ispiratore di Trump, che addirittura accusa il conclave di aver scelto Prevost tra i nemici di Trump, ma di averne condizionata l’elezione in funzione di restaurare la credibilità del Vaticano come terminale delle ricche donazioni dei cattolici americani, fortemente scemate sotto il papato ‘antiamericano’ di Bergoglio. Vero o falso?
(C) Falso, di quella particolare forma di menzogna che è prendere un particolare reale e farlo diventare il senso di un contesto molto più ampio. Lo stesso Gaggi, che è un giornalista onesto (semmai dovrà tener conto di quanto detto da Leone all’incontro con la stampa, proprio sul dovere della verità) nota che questa è una delle tante questioni aperte: “L’agenda di Leone XIV, già piena di impegni teologici (le dispute dottrinarie tra progressisti e tradizionalisti, le fughe in avanti della chiesa tedesca), diplomatici (la revisione dei rapporti con la Cina) e di appelli alla pace, in un mondo scosso da mille conflitti”, ma le assegna un ruolo di primo piano.
(O) Non si può negare che l’appello di Francesco ad una Chiesa ‘povera’, materializzatosi nella riduzione dell’appannaggio dei cardinali di curia, non ha ottenuto grande effetto, se non quello di sollevare lo “scandalo Becciu”. Non ha ottenuto grandi risultati, ma ha indicato una strada in cui non sono ammesse inversioni di marcia.
(C) Credo che per rimettere le idee in ordine occorre partire da una distinzione essenziale, quella tra Chiesa universale e Stato della Città del Vaticano. È di quest’ultimo che stiamo parlando, cosa che mette il Papa, monarca dello Stato più piccolo del mondo per estensione e popolazione, nella condizione di dover sopperire a compiti ‘quasi statali’ per un miliardo e mezzo di persone, caratterizzate da culture, lingue, tradizioni molto diverse tra loro. Un compito gigantesco, cui non si è mai potuto sopperire con le rendite dei beni materiali o istituzionali ereditate dal potere temporale. Con questo non voglio giustificare la finanza disinvolta dei tempi andati, sepolta sotto la tempesta Marcinkus-Calvi, né trovare una ragione alle perdite immobiliari londinesi o al deficit sistematico dell’Ospedale Sollievo della sofferenza, fondato da S. Padre Pio, ma di proprietà vaticana; noto che una attenta razionalizzazione dei diversi compiti delle diverse istituzioni era già stata avviata, grazie anche all’opera competente e certamente faticosa fino al sacrificio del nostro concittadino cardinale Attilio Nicora. Cardine di questa razionalizzazione dovrà essere certamente la distinzione di compiti e di responsabilità tra gli enti strettamente religiosi e quelli che pur avendo come fine ultimo quello di sopperire ai bisogni materiali della Chiesa, si avvalgono di strumenti tipicamente laicali.
(O) Anche commentatori laici hanno riconosciuto che l’Apsa (Amministrazione Patrimonio Sede Apostolica) ha presentato più di cinque mesi fa un consuntivo 2023 completo, chiaro, approfondito e certificato. Lo Ior a giugno aveva online 148 pagine del suo dettagliatissimo Rapporto Annuale. In linea con la politica di trasparenza voluta dal Papa e addirittura con standard da società quotate in Borsa.
(C) Visto che la scorsa settimana non ci siamo addentrati in temi religiosi, temendo di essere bruciati, come avvenuto, dalla rapidità del conclave, ci sia consentito di chiudere con l’affermazione di certezza, ben più che un augurio, che la forza spirituale e culturale di un Papa Leone, missionario e figlio studioso di s. Agostino, venuto contemporaneamente da Chicago e da una piccola e remota diocesi del Perù, singolarmente simile nel nome, Chiclayo, sia lo strumento scelto dallo Spirito Santo per agire evangelicamente in questo tempo speciale di cambiamento d’epoca, così bisognoso di verità, di povertà di spirito, di carità, di perdono, di speranza.
(S) Sebastiano Conformi (C) Costante (O) Onirio Desti