Attualità

SHARP CITY

FLAVIO VANETTI - 16/05/2025

Curiosity su Marte: dopo il cratere Gale inizia la scalata del Monte Sharp (da Focus.it)

Pareidolie oppure no? Escursioni “marziane” del nostro cervello o, in alternativa, le prove di qualcosa di molto diverso, legabile a quello che rimane di una civiltà?

Ormai da anni quando si parla di Marte le opinioni si dividono, fatto salvo che tra tesi diametralmente opposte c’è un denominatore comune: il fascino che tra scienziati o semplici appassionati riscuote la superficie del cosiddetto Pianeta Rosso, basata su deserti e ombre misteriose. Ma secondo alcuni quelle lande che paiono desolate devono essere valutate con occhio più attento, perché tali non potrebbero essere. Quest’ultimo concetto torna d’attualità grazie a George J. Haas, fondatore del Cydonia Institute e tra i più attivi nel proporre l’idea che su Marte esistano ancora oggi i resti di un’antica civiltà scomparsa. Lo scorso gennaio è uscito un libro, “The Great Architects of Mars”, nel quale non usa perifrasi e si avvale di una vasta documentazione fotografica di strutture geometriche e formazioni a suo dire artificiali. Conclusione: tutto ciò non può essere spiegato da semplici processi naturali e men che meno da bizzarrie della mente. Semmai è più probabile che siano i resti di città un tempo fiorenti e magnifiche, di imponenti piramidi, di giganteschi geoglifi e di altro ancora.

Tra le immagini più emblematiche: piramidi, formazioni a forma di buco della serratura, figure animali come un pappagallo e addirittura muri e piattaforme. “Non devi essere un geologo per sapere la differenza tra una roccia e una scultura, ovvero qualcosa di geometrico”, ha dichiarato Haas al sito DailyMail.com. “La geometria – aggiunge – è il segno distintivo di una civiltà: lo studio dei dettagli architettonici e delle simmetrie evidenziate nelle foto della Nasa (che lui studia meticolosamente da 30 anni, ndr) conferma a mio avviso una complessa attività di costruzioni non naturali”. E questo con buona pace di chi insiste con la “pareidolia”, un comune fenomeno cerebrale in cui una persona vede volti in immagini o modelli casuali.

Tornando alle osservazioni e al libro che ne è nato, il centro di tutto rimane la celebre regione di Cydonia, dove già negli anni 70 le sonde Viking della Nasa fotografarono il cosiddetto “Volto su Marte”, una formazione che ricorda un profilo umanoide scolpito su un’altura. Accanto ad essa, si trovano altre strutture piramidali disposte in configurazioni geometriche, tra cui la famosa “piramide a cinque lati” che, secondo gli studiosi del Cydonia Institute, rispecchierebbe una conoscenza avanzata di proporzioni matematiche e allineamenti astronomici. Haas sostiene che queste strutture rappresentano i resti di una civiltà estinta, forse distrutta da un cataclisma planetario. Le sue affermazioni si inseriscono in un più ampio movimento di studiosi e ricercatori indipendenti che da anni analizzano le immagini satellitari della superficie marziana in cerca di anomalie architettoniche e morfologiche.

Tra questi ricercatori c’è Mario Farneti, giornalista, scrittore e appassionato italiano che da molti anni conduce un’indagine sistematica delle anomalie sulla superficie marziana. “Tutto iniziò quando mostrai a mio figlio Leonardo, archeologo-topografo, una particolare fotografia marziana, senza dirgli da dove provenisse. Alla domanda “Che cosa vedi?”, rispose senza esitazione: “Un campo di rovine”. Fu in quel momento che capii che c’era qualcosa che meritava di essere approfondito.” Da allora, Farneti ha esaminato migliaia di fotografie della Nasa, focalizzandosi in particolare sulla zona del Gale Crater, dove sorge il suggestivo Monte Sharp, esplorato dal rover Curiosity. Proprio in quest’area sostiene di aver individuato strutture simili a piramidi, mastabe, mura e grandi edifici, tanto da ribattezzare l’intero complesso “Sharp City”. “Per me – precisa – sono i resti di un’antica capitale. La disposizione regolare delle strutture, le proporzioni e la collocazione geografica, oltre alla presenza delle presumibili rovine di un porto all’interno del cratere, suggeriscono la presenza di un insediamento pianificato e non naturale. Credo che Marte sia stato civilizzato circa 20.000 anni fa e che un cataclisma planetario, che provocò pure l’improvvisa perdita del campo magnetico, abbia causato la sua desertificazione totale.”

Il cuore di questa civiltà si sarebbe trovato proprio nel Gale Crater, dove le immagini mostrano forme simmetriche, terrazze, ingressi e spianate. Quella che oggi chiamiamo “Sharp City” sarebbe stata la capitale di una civiltà evoluta e spiritualmente avanzata, distrutta da forze naturali o cosmiche. Ma con la mettiamo con le pareidolie? “Penso che a volte siano un ottimo espediente da usare quando la scienza non ha argomenti per spiegare un fenomeno. Non si tratta di voler credere a ogni ombra, ma forse è il caso di osservare con occhi nuovi, con spirito critico e apertura mentale. Se davvero Marte ha ospitato la vita, come molti indizi lasciano pensare, perché escludere che abbia pure conosciuto la civiltà?. Che si tratti di suggestione, interpretazione artistica o vera e propria scoperta, ciò che è sicuro è che Marte continua a “parlarci”. E chi sa ascoltare potrebbe trovare la chiave di un passato dimenticato e magari addirittura di un destino condiviso”.

Corriere.it