Cultura

“CUORE” DI BIMBO

RENATA BALLERIO - 17/10/2025

La scuola che cambia, la scuola che ci cambia: tema recentemente trattato alla Campanella, trasmissione di Radio Missione Francescana. Argomento su cui non si riflette mai abbastanza. Facendo un bel salto nel tempo possiamo – senza nostalgia retorica e senza inopportuni confronti – rendere omaggio al libro Cuore pubblicato dalla casa editrice dei fratelli Treves e uscito per la prima volta il 18 ottobre 1886. Il fittizio diario di un anno scolastico, dal 17 ottobre 1881 al luglio 1882, di un ragazzo di terza elementare, intercalato dai dettati del maestro, fu un enorme successo editoriale. Uno dei pochi libri presenti nelle case italiane già a fine Ottocento quando il tasso di analfabetismo era molto alto. Per amaro confronto bisogna ricordare che nel 2024 l’Italia si collocava – bisognerebbe dire si colloca – in una posizione preoccupante a livello europeo circa il cosiddetto analfabetismo funzionale, quello di comprendere appieno un testo e di saperlo valutare.

Ma ritornando al libro di De Amicis, microcosmo della vita scolastica come metafora della vita sociale e morale, il suo successo fu innegabilmente determinato dalla proposta di un preciso modello educativo. Le pagine di quel romanzo furono lette nelle scuole anche nei favolosi anni Sessanta del secolo scorso. Poi venne il vento sessantottino. Cuore continua ad essere pubblicato in collane per ragazzi, anche se è improbabile la lettura appassionata da parte di preadolescenti. E forse anche molti adulti fanno fatica ad accettare gli insegnamenti del maestro Perboni che punteggiano il racconto in cui convivono – come scrisse qualche anno fa Folco Zanobini, professore di liceo e critico letterario, “in una visione ideologicamente confusa, ingredienti assai vari: il solidarismo interclassista, la pietà lacrimosa per gli umili, la commozione per i piccoli eroismi e per i gesti generosi, il patriottismo e il militarismo nelle forme più emotivamente retoriche”. Giudizio da condividere in toto. Il che non ci impedisce di riflettere su come Cuore sia stato per molte generazioni un testo fondamentale di formazione – forse di cambiamento – e su quante discussioni, non scolastiche, ruotano ancora intorno a quelle pagine. Tra i molti esempi due recenti. In un commento di quest’estate su Il Libraio.it si legge una considerazione spesso dimenticata.

Non tutti sanno, inoltre, che tra i romanzi italiani con finalità pedagogiche dati alle stampe in quegli anni, Cuore è quello che contiene meno rimandi alle tradizioni di matrice cristiana, sviluppando per lo più gli argomenti (e le descrizioni) di stampo post risorgimentale e civile. E che dire del processo, che ebbe risonanza su molti giornali, al libro Cuore tenuto l’anno scorso in un paese romagnolo. Gli atti di accusa vertevano sul tono patriottico e sulla frantumazione di molti racconti di sapore regionalistico intrisi di luoghi comuni. La difesa riconosceva i valori civili espressi in quelle pagine. A titolo informativo è giusto ricordare che la giuria costituita dal pubblico ha pronunciato un verdetto di assoluzione, con 443 voti, l’accusa 126, e gli astenuti 14. Ma i tra i molti commenti la memoria corre obbligatoriamente all’ironica, anti-ideologica lettura del libro Cuore del 1962 in Diario Minimo di Umberto Eco. In quel giudizio, per nulla datato, l’attenzione è rivolta alla pagina del venerdì 25 ottobre in cui del “bullo” Franti, “già espulso da un’altra sezione” non viene detto quasi nulla: nessuna descrizione fisica, nessuna informazione sul ceto sociale, E sarà l’emarginato della scuola e tragicamente della vita. Una grande riflessione. Forse questa lettura ci fa capire come il libro, che ebbe una lunga gestazione da parte di Edmondo De Amicis, nato il 21 ottobre 1846, già giornalista militare, fu ispirato dalle sue osservazioni di padre sull’esperienza scolastiche dei suoi figli.

Al di là di tutto Cuore, certamente e giustamente lontano dalla nostra sensibilità, ci ricorda che vedere il mondo con gli occhi di un bambino, o di un adolescente, è importante, anzi doveroso. Sempre. E forse ci cambia. Non solo a scuola.