
(O) Due anni tra i più drammatici della storia. Abbiamo ora finalmente il diritto, anzi il dovere di gioire.
(S) Mah. Speriamo. Israele rinuncia alla guerra, Hamas rilascia 20 prigionieri, ma chiamiamoli col loro nome: ostaggi, del 7 ottobre. Tutto al prezzo di 1195 israeliani e stranieri uccisi a sangue freddo nell’assalto di Hamas, di oltre 65000 gazawi, dicono le fonti palestinesi, uccisi nella guerra dei due anni successivi, tra civili e combattenti. Trascuriamo per brevità gli altri fronti di guerra. Una gioia sì, ma paradossale, che nasce dalla fine di un dolore atroce. È vera gioia o “Piacer figlio d’affanno”, come ci hanno insegnato Leopardi e Socrate?
(O) La gioia è motivata anche dal poter sperare di essere arrivati ad una svolta. Abbiamo pregato perché finisse questa circostanza, da cui vorremmo uscire definitivamente.
(S) Abbiamo pregato per un mai più, ma sappiamo bene che la natura umana è imperfetta e che ricadremo troppo facilmente in peccati di questo tipo.
(C) Ma se non avessimo pregato, non solo non sarebbe cambiato nulla, non saremmo cambiati noi, anzi tutti saremmo diventati peggiori e con noi il mondo intero. Se c’è speranza è perché molti hanno pregato, anche per chi non lo ha fatto e si affidato alle sue strategie.
(S) Ora però è il momento per cominciare a ragionare e a dire qualcosa di oggettivo, anche oltre la grande impressione emotiva che abbiamo subito, oltre le discussioni ideologiche, molto capziose, su genocidio sì, genocidio no, flottiglia temeraria o eroica, chi è più nazista e chi è più resistente. Proprio non riesco a concepire che ancora oggi a Milano ci sia stato uno scontro promosso da pro-Pal. Chiedo anche: è davvero realista la posizione di una pace disarmata e disarmante, predicata dalla Chiesa?
(C) Cominciando dall’ultima domanda, rispondo Sì; non può che essere questa la posizione teologicamente e moralmente giusta della Chiesa. Forse in altri tempi, quando non si distingueva il potere temporale dallo spirituale, poteva essere diversa, ma se anche ora come allora non si limita al neutralismo, è comunque l’affermazione di un valore più grande, che perciò può giustificare un più grande sacrificio, quello di subire la violenza senza ricambiarla: “porgi l’altra guancia”.
(S) Ma lo stimabile politico Andreotti, discepolo prediletto di De Gasperi, amava rispondere, sì, ma di guance ne ho solo due.
(C) Oltre la battutaccia, voleva dire che la resistenza al malvagio è necessaria, che la pace non è frutto di una resa senza condizioni. Chiaramente Papa Leone ha sempre pregato per una pace giusta, ripudiando la vendetta, chiedendo non la resa incondizionata ma il perdono reciproco. Prendiamo atto che un simile atteggiamento è ancora inconcepibile al di fuori del cristianesimo e che questa pace profuma ancora d’opportunismo.
(S) Convengo che nessuna guerra è giusta, ma ripeto che è giusta la resistenza all’aggressore. Noto che non è facile attribuire la responsabilità ad una sola parte, anzi, trovo che tale pretesa sia frutto di un pregiudizio ideologico, ancor più che di una esagerazione del sentimento. Invocare la pace sventolando una sola bandiera e magari bruciando pacificamente quella altrui, non è ammissibile. Ma dimmi, su che cosa possiamo realisticamente basare una speranza di pace?
(C) In buona parte condivido il giudizio di Caprara (Corriere della Sera): “a favorire un isolamento di Hamas e l’avvio effettivo (speriamo) di un percorso per la fine delle ostilità sono stati due fattori. Il primo: che Israele è passato dalla sconfitta del 7 ottobre 2023 a un ulteriore rafforzamento del proprio ruolo di potenza militare in Medio Oriente, seppure al prezzo di isolamento nelle Nazioni Unite. Il secondo: che Paesi islamici a maggioranza sunnita hanno spinto all’accordo la sunnita Hamas, indebolita, per la quale almeno finora ha perso parecchia efficacia l’appoggio degli ayatollah sciiti di Teheran, militarmente e politicamente meno potenti dopo il crollo del regime Assad in Siria e i bombardamenti israeliani e americani sull’Iran”.
In altri termini: Hamas ha scatenato la demoniaca operazione del 7 ottobre con un intento proprio demoniaco: suscitare la reazione violenta d’Israele, sperando di fermare l’adesione di Arabia Saudita agli Accordi di Abramo e quindi il riconoscimento al diritto all’esistenza d’Israele e, in un secondo tempo, di fare entrare in guerra l’intero mondo islamico, sunnita e sciita e portare finalmente a quella soluzione finale del problema ebraico, con la creazione di uno stato islamico “dal fiume al mare”. Esattamente il rovescio speculare del progetto degli estremisti israeliani. Ma nessuno degli Stati arabi sunniti è caduto nel tranello, anzi, sembrano aver aiutato più Israele di Hamas. L’Iran, un attore politico ben diverso, non solo per la religione sciita, ma proprio per costituzione politica, nel sostenere Hezbollah e Hamas ci ha lasciato un po’ lo zampino, infatti non è presente all’accordo, ma ha evitato di rompersi l’osso del collo. Il “mostro” Trump ha ottenuto il risultato che nessuno gli accreditava.
(O) Possiamo dire che il progetto di Accordo Blair-Trump esclude entrambe le opzioni estreme e obbliga ad una convivenza. Ma sarà duratura? Che cosa potrà aiutare? Non certo il progetto Gaza Beach.
(C) Sarà una faccenda del cuore, almeno quanto della ragione, perciò si presta poco a previsioni. Vedo due condizioni: la prima, investimenti per la ricostruzione, ma non una riviera del lusso, piuttosto investire in educazione, come invocato dal Custode padre Ielpo; la seconda, che i grandi aiuti economici che verranno dall’occidente e dai ricchissimi Stati petroliferi siano stavolta impiegati in opere davvero civili e non nella costruzione di missili e di fortificazioni sotterranee, come in passato.
(O) Condizioni necessarie, ma non sufficienti. Davvero sarà una faccenda del cuore, dovremo continuare a pregare, a dialogare, ad allargare lo sguardo per imparare a convivere e a dare un futuro anche alla gioia, che, l’abbiamo visto, oggi, 13 ottobre 2025, è stata di (quasi) tutti.
(O) Onirio Desti (S) Sebastiano Conformi (C) Costante