
“La vittoria della speranza”, ha definito ELLY SCHLEIN quella alle regionali in Toascana..
Malgrado lo scarso peso dei Cinquestelle un voto che fa bene alla democrazia dell’alternanza che ha bisogno di due poli competitivi.
Dunque: EUGENIO GIANI del centrosinistra allargato 53,9% – ALESSANDRO TOMASI del Centrodestra 40,9% – ANTONELLA BUNDU di Toscana Rossa (Rifondazione comunista, Potere al Popolo, Possibile) 5,2%.
Sono risultati che rispettano tutto sommato le previsioni come sono stati quelli nelle Marche e soprattutto in Calabria. Al termine di questa tornata elettorale che comprende anche Veneto, Puglia e Campania, si andrà probabilmente verso un “tre a tre” com’era prima dell’avvento del governo MELONI.
Il dato preoccupante è l’aumento delle astensioni che supera il 50% e che dovrebbe essere analizzato seriamente e senza pregiudizi da tutti. Come prima parzialissima misura si potrebbe concordare di tenere in futuro tutte queste elezioni regionali alla stessa data. La continua guerriglia propagandistica stanca e confonde gli elettori favorendo la non partecipazione al voto.
Molto interessanti da analizzare sono i dati dei singoli partiti.
Nel centrodestra, con la chiara affermazione di Fratelli d’Italia (26,8%), la competizione fra Forza Italia (6,2%) e Lega (4,4%) ha avuto un esito non scontato visto che la Lega nelle scorse regionali aveva preso il 21,8%. Non è stato sufficiente per SALVINI, o penalizzante, l’aver consegnato a VANNACCI la guida di questa campagna.
Nel centrosinistra, molto bene il Pd con il 34,4%, primo partito della Regione; incoraggiante l’8.9% di Casa Riformista (RENZI ed altri); senz’altro buono il risultato di Verdi e Sinistra (7%); deludente il M5S (4,3%). Assai impegnative le riflessioni che si dovranno fare entro brevissimo tempo.
Certo che la Toscana è la regione di RENZI, dove è stato sindaco di FIRENZE, ma è verosimile che la sua scelta precisa a fianco dei centrosinistra lo abbia rinvigorito, mentre la volontà di CALENDA di costruire un “Centro” autonomo arranca vistosamente.
Complicato il discorso sui M5S che nei territori perde continuamente consenso. Anche chi ritiene, come io ritengo, che sia da appoggiare la linea di ELLY SCHLEIN con la “testarda unità della coalizione”, non può non porsi almeno tre problemi di carattere generale.
Uno, fin quando si darà agli elettori di un potenziale centro l’impressione che il loro posto nel centrosinistra sia quello di una mal sopportata ruota di scorta, sarà difficile rendere praticabile l’alternativa.
Due, sembra spesso mancare uno spirito di coalizione, vale a dire la volontà di stare insieme superando le dissonanze che non possono mancare nel bipolarismo che si sta affermando.
Tre, si sente troppo la contesa, sia pure mascherata, sulla leadership del centrosinistra che è invece la forza del centrodestra e che dovrebbe essere naturalmente riconosciuta al Pd. Ma se il nodo da sciogliere riguarda il candidato “capo del governo” nelle prossime elezioni nazionali – se di questo si tratta – allora si rinvii la scelta al momento più giusto. Sarà la stessa evoluzione politica ad indicare la decisione più saggia.