Tre aspetti/mantra importanti del 25 aprile, che resistono (la Resistenza, appunto) 80 anni dopo: fondamentale compattezza del Paese, omaggio alla sua storia, osservanza delle idee di ciascuno. Mantra/aspetti che dovrebbero essere largamente affermati e condivisi, ma non è così. Il Paese rimane spaccato, la sua storia non è da tutti conosciuta e da alcuni mistificata, il dialogo civile (io omaggio le tue idee, tu le mie) risulta un’eccezione anziché la regola.
In controtendenza all’arrogante bullotrumpismo, al dilagare delle brame sovraniste, all’obliquo apprezzamento dei dispotismi temperati/mascherati, festeggiamo la data che ci regalò la democrazia, grazie ai sacrifici d’una moltitudine di valorosi. Però da festeggiare non spunta un granché d’altro. Riusciamo perfino e ancora a separarci nel giudizio sugl’ideali che mossero la guerra partigiana, figuriamoci sul resto.
Si fatica a capire che furono non solo ideali “contro” (contro la dittatura nazifascista e le barbarie a seguire), ma anche ideali “a favore”. Si demolì per costruire, questo il fervore patriottico del tempo: per nulla retorico, assolutamente pratico. Una lezione da tramandare e rinfrescare: i giovani sanno poco/nulla di quel passato, e anche i meno giovani balbettano se gliene si chiede conto.
Aggiungiamo che la Liberazione dell’Italia, come dimostra lo sventurato tempo presente, è affatto conclusa. Restiamo prigionieri di diseguaglianze, ingiustizie, egoismi; disonestà, protervie, derive criminali. Ci siamo liberati dalla tirannia in divisa, continuiamo a sopportarne d’altre, di tirannie e di divise: la tirannia, per esempio, d’un modo di vivere dettato dal becero consumismo; la divisa, per esempio, d’un modello di comportamento che trae ispirazione dall’artificio e produce solo artificio. La tirannia verso i fragili e gli anziani, spesso giudicati zavorra da emarginare. La divisa d’un giovanilismo-tech che ridicolizza l’indispensabile maturità adulta. L’Italia necessiterebbe d’essere rifondata, e glielo può consentire la politica intesa nella sua più alta accezione. Dimenticavamo: ecco da che cosa ci dobbiamo specialmente liberare. Dalla cattiva politica. Non a caso l’astensionismo è l’attuale bandiera nazionale ovvero la protesta verso quanti promettono e non mantengono; illudono e infingono; demeritano e si ripropongono. Costruendo l’immagine d’una equivoca Repubblica fondata sul lavorìo dei mestatori più che sul lavoro dei faticatori.