
Con ancora nel cuore il formidabile colpo d’occhio offerto dalla veglia animata dai movimenti cattolici ed il giorno successivo dalla Messa di Pentecoste (un caleidoscopio missionario di colori, testimonianze, canti), Papa Leone XIV ha voluto incontrare in udienza i 98 nunzi apostolici e i cinque osservatori permanenti presso organizzazioni internazionali: praticamente il corpo diplomatico della Santa Sede.
Si tratta di una realtà poco conosciuta, anche dai cattolici, vista più come materia per improponibili “spy story” che come una efficace trama di relazioni che copre quasi completamente il pianeta. Mondo particolarmente caro a questo Pontefice che fa della realizzazione di ponti tra i popoli (“Pontifex”) una delle linee guide della sua missione, ancor piu fondamentale visti i venti di guerra che agitano il pianeta.
“Non esiste in nessun Paese del mondo un Corpo diplomatico così universale come il nostro!” ha detto Leone XIV ai nunzi “Universale ma anche unito perché la nostra comunione non è solo funzionale, né solo ideale; Siamo uniti in Cristo e nella Chiesa”.
Tema rilanciato anche dal Segretario di Stato cardinal Parolin che ha osservato come “Il Papa ci chiama ad abbracciare una diplomazia dell’incontro, che ascolta con umiltà, agisce con compassione e cerca il bene comune sopra ogni cosa”. Lungi dall’essere stato dipinto come l’oppositore a Prevost in Conclave, Parolin si rivela così come uno dei suoi più fedeli collaboratori.
All’inizio del ’900 i Paesi che avevano rapporti con la Santa Sede erano una ventina: oggi sono 184.
Solo undici governi nel mondo rifiutano relazioni diplomatiche con il Vaticano. In sette di essi (Afghanistan, Arabia Saudita, Bhutan, Cina popolare, Corea del Nord, Maldive, Tuvalu) non è presente neanche un delegato apostolico, mentre ve ne sono quattro in Comore, Somalia, Brunei e Laos. Non tutte le missioni diplomatiche hanno la sede all’estero. Alcuni nunzi sono responsabili di una o più nazioni.
Un diplomatico della Santa Sede è sempre un ecclesiastico e soprattutto un pastore, sia che incontri le comunità cristiane, sia che presenti il punto di vista del Papa a un governo o intrattenga relazioni con altri ambasciatori.
Una differenza fondamentale tra i diplomatici di Stato e quelli della Santa Sede sta nel fatto che, mentre da una parte ci si basa su evidenti relazioni di forza ormai non solo militari ma anche economiche e commerciali, dalla parte della Santa Sede c’è la sola forza della convinzione e della validità di un messaggio che è sempre attuale e rinnova la sua efficacia in ogni situazione. Le «divisioni militari» di cui favoleggiava Stalin sono in realtà persone, che accolgono la parola del Vangelo e cercano di metterla in pratica.
Altra differenza fondamentale è che mentre un diplomatico di Stato per conoscere la situazione di un Paese può contare su fonti di informazione più o meno attendibili, per il Nunzio ogni vescovo, ogni sacerdote, ogni cattolico aiuta a conoscere le condizioni reali in cui vive la gente.
Un manipolo di testimoni silenziosi dunque che fa capo alla Segreteria di Stato e che prima di partire per il Paese assegnato affronta rigorosi studi presso la Pontificia Accademia Ecclesiastica, fondata nel 1701 quando si chiamava Accademia dei nobili ecclesiastici. Oggi il tratto elitario è caduto ed anzi le Chiese dei “Paesi lontani” sono incoraggiate ad alimentare il vivaio diplomatico.
“Siate uomini capaci di costruire relazioni dove si fa più fatica – ha chiesto loro Papa Leone – sempre con lo sguardo di Pietro che sa di non avere la soluzione a tutto ma di avere ciò che conta, Cristo. Date testimonianza di quella carità che è pronta a tutto”.
La guerra tra Israele e Iran è un nuovo fronte di prova.