
Navigando in rete, mi sono imbattuta in questa citazione di T.H. White: “La cosa migliore da fare quando si è tristi”, replicò Merlino, cominciando a soffiare e sbuffare, “è imparare qualcosa. È l’unica cosa che non fallisce mai. Puoi essere invecchiato, con il tuo corpo tremolante e indebolito, puoi passare notti insonni ad ascoltare la malattia che prende le tue vene, puoi perdere il tuo solo amore, puoi vedere il mondo attorno a te devastato da lunatici maligni, o sapere che il tuo onore è calpestato nelle fogne delle menti più vili. C’è solo una cosa che tu possa fare per questo: imparare. Impara perché il mondo si muove, e cosa lo muove. Questa è l’unica cosa di cui la mente non si stancherà ma; non si alienerà mai, non ne sarà mai torturata, né spaventata o intimidita, né sognerà mai di pentirsene. Imparare è l’unica cosa per te. Guarda quante cose ci sono da imparare”.
Sembrava scritta per me, che il giorno prima ero uscita felice dal museo archeologico di Villa Mirabello, dopo una visita della sezione in cui sono conservati i reperti dell’Isolino Virginia. L’entusiasmo della curatrice, Barbara Cermesoni, è stato contagioso e credo di aver capito cosa prova un archeologo quando trova un frammento che a un profano come me può sembrare un semplice coccio rotto. Su uno di quei cocci era visibile anche l’impronta del dito di chi l’aveva modellato: sfiorare quell’impronta dev’essere stato come stringere la mano dell’artefice attraverso i millenni, perché in qualche modo potesse continuare a vivere.

In un piccolo vaso sono state trovate delle nocciole bruciate. La datazione al radiocarbonio ha potuto stabilirne l’età con un’approssimazione relativamente precisa e ha potuto far luce su un’infinità di cose: l’epoca, l’ambiente, la vita quotidiana, le abitudini. “Mi entusiasmo più davanti a un seme che davanti a un vaso” ci ha confessato la curatrice. Ed è questo che affascina anche me: la possibilità di dare vita, con lo studio e col ricordo, ad una moltitudine di esseri umani che sembrano essere vissuti senza lasciare traccia di sé e che invece, con le loro azioni, hanno costruito la Storia.
Così l’altro giorno ho fatto un sacco di domande, mi sono comportata come una di quelle persone un po’ antipatiche che intervengono sempre durante le visite guidate, quasi per mettersi in mostra. Ma volevo davvero sapere e capire. Quelle perline, ad esempio, appartenevano ad altri manufatti del neolitico recente oppure erano state create proprio per diventare monili? Dunque 5000 anni fa già pensavano ad adornarsi gli abitanti di quello sperduto angolo di mondo che oggi chiamiamo Isolino Virginia. Ma poi, era un’isola? O forse era collegata alla terraferma? E perché si erano insediati proprio lì, un ambiente così fragile e difficile da preservare, tanto che ne sono stati trovati, finora, sette strati?
Non si può essere tristi quando ci sono domande che aspettano risposte. Per non parlare dei sentimenti e delle emozioni umane da capire attraverso la letteratura, la filosofia, la poesia, la musica, tutte le arti; dell’universo da esplorare. ”Guarda quante cose ci sono da imparare”. Ancora.