Eri più magro.
La primavera, verde.
I momenti, giusti.
Delle alzate mattutine.
Per tempo.
Della giacca impermeabile, di velluto.
Della macchinata.
Della fermata da Geo.
Del caffè…
Bevevi ancora il caffè…
Della sigaretta, buona…
Fumavi…
Del Corriere e della Gazzetta.
Piegati e messi lì, accanto, per dopo.
Del posteggio libero, facile.
Dei tre minuti a piedi col bavero alto che se pioveva piano piano era ancora meglio.
Dei cenni di capo e di un paio di ciao.
Dell’erba ancora brinata.
E dei cavalli.
Con Tizio che prendeva i tempi.
E sapere che contava la scena.
E che prima di andartene avresti chiesto ‘Vince?’ non importando poi davvero la risposta.
Che di lì a poco, al tuo posto, avresti guardato il Rosa, oltre il Lago…
Che vicino, da Pippo, ti aspettavano le uova.
Al tegamino.
Erano i tempi dei panni verdi
Del calma e gesso
Della invocata gobba
Degli orfanelli in calore
Dei dadi americani
Dei cavalli alla piegata
Dei soldi in buca o a babbo morto
Dei cabriolet e dei camuffi
Della Menschheit come vuole il crucco
Del vento all’alba
Per altri, mai per me, non pochi dei quali perduti, del baby e dello shinkenegger.
Tutta vita!