Politica

COMIZI FACILI

SERGIO REDAELLI - 24/10/2025

La sede del Sole 24 Ore in viale Sarca a Milano

Un’offesa alla storia del Sole 24 Ore: a provocare la dura presa posizione della Federazione nazionale della stampa è l’intervista-fiume alla presidente del consiglio Giorgia Meloni pubblicata sul giornale della Confindustria sabato 18 ottobre nonostante lo sciopero proclamato all’unanimità il giorno prima e ricorrendo a una collaboratrice esterna, Maria Latella. “Una pagina nera per un quotidiano tra i più importanti del Paese – sibila Alessandra Costante, segretaria generale del sindacato dei giornalisti – Un fatto che infanga e sminuisce l’altissima professionalità dei colleghi che vi lavorano”. In seguito al quale il comitato di redazione ha proclamato altri sei giorni di sciopero contro il direttore Fabio Tamburini.

La rappresentanza sindacale del giornale denuncia il rischio “sempre più concreto di approdare a una deriva nella quale gli interlocutori istituzionali si scelgano gli intervistatori graditi”. L’episodio si colloca nel quadro dei rapporti mai così tesi tra il governo e l’informazione. Sotto accusa l’atteggiamento della premier che evita le conferenze-stampa preferendo i comizi in tv e sui giornali amici. E sullo sfondo si agitano altri gravi motivi di attrito come l’occupazione governativa della Rai, le querele milionarie che spaventano e di fatto imbavagliano il dissenso e, in generale, la mancata applicazione di un sistema di norme a tutela del lavoro dei giornalisti, come insiste a chiedere l’Europa.

Sui media tira una brutta aria, titola il quotidiano cattolico Avvenire. E l’editorialista Marco Ferrando osserva che “la progressiva limitazione degli spazi di manovra per i giornalisti che osano muoversi o fare domande al di fuori di schemi o situazioni concordate in precedenza, è sotto gli occhi di tutti”. I segnali negativi non si contano più, a cominciare dagli attacchi alla cronaca giudiziaria. In questa legislatura la maggioranza ha votato una norma che vieta la pubblicazione delle ordinanze cautelari integrali e per estratto fino al termine dell’udienza preliminare e in un primo momento era addirittura prevista la sanzione del carcere per i contravventori.

L’obiettivo di alcune querele è scoprire le fonti dei giornalisti. L’attentato subito dal conduttore di Report Sigfrido Ranucci ha ulteriormente avvelenato il clima. Nel primo semestre del 2025 l’Osservatorio sui cronisti minacciati istituito dal ministero dell’Interno, dalla Federazione della stampa e dall’Ordine dei giornalisti ha rilevato la vertiginosa crescita degli atti intimidatori censiti nel 2025 rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso: 81 episodi contro 46, con un aumento del 76 per cento. Secondo Reporter Senza Frontiere l’Italia è scivolata al 49simo posto al mondo nella classifica della libertà di stampa e Bruxelles torna a ripetere al nostro Paese di garantire l’indipendenza dei media. Per ora senza successo.

I giornalisti sotto scorta in Italia sono saliti da 22 a 26 e tutto tace sullo scandalo dello spyware Paragon e delle intercettazioni ai danni di alcuni cronisti di prima linea. Ha ragione Elly Schlein quando dice che la libertà di espressione è a rischio con la destra al governo? Meloni evita di rispondere nel merito e contrattacca: “Delira, si vergogni”. Qualche lodevole voce si è levata proprio da destra a difesa di Ranucci proponendo alla politica di ritirare le querele contro Report, ma per le associazioni di categoria dei giornalisti e il presidente della Federazione, Vittorio di Trapani, la solidarietà non basta più, è ora di riformare la legge sulla stampa e di applicare le norme europee del Media Freedom Act a garanzia di pluralismo e indipendenza.