Scontro frontale Schlein-Meloni, mai così tosto da tre anni a questa parte. Elly lascia intendere un legame tra gli eccessi verbali della destra e l’attentato a Ranucci-Report, Giorgia le risponde di vergognarsi d’una simile infamia. Umor vago: è cominciata la sfida in vista del referendum sulla giustizia (separazione delle carriere) che si terrà nella primavera ’26 con ricaduta decisiva sulle politiche ’27. Tema vero, non il merito della consultazione-pop, e invece il supposto autoritarismo della presidente del Consiglio. Sosterrà Schlein: Meloni vuol comandare su tutto, magistratura compresa. Replicherà Meloni: Schlein ci dà addosso con cinico calcolo. Il verdetto orienterà la successiva campagna elettorale. Meloni vincendo potrà esibire una riforma portata a termine, non intravedendosene altre, né premierato né autonomia né fisco né un belnientediniente. Schlein vincendo potrà affermare che il campo largo-testardo è un campo largo legittimato a testare la possibile virata progressista del Paese.
E tuttavia nel duello Schlein-Meloni sia Schlein sia Meloni han convenienza di bottega ad accordarsi su una regola che favorirebbe entrambe e sfavorirebbe i rispettivi partner di coalizione. Cioè la legge elettorale. Se fosse cambiata in senso proporzionale, o comunque in versione maggiormente proporzionale rispetto a quella odierna, le due leader agirebbero con una forza personale meno condizionata dalle partnership di ciascuna. Ovvero: all’una e all’altra sarebbe concesso di fare propaganda per sé e basta; di pesare poi, nel loro schieramento, i propri voti con quelli altrui; di valutare, se del caso, l’eventuale supporto ricevibile dal fronte avverso; di decidere infine d’allestire un governo -qualora le circostanze numeriche e d’opportunità lo suggerissero- non esclusivamente composto da amici, bensì anche da qualche ex nemico.
Pertanto. Schlein-Meloni se le dan forte. Eppure non è detto che se le diano allo stesso modo tra qualche mese. Schlein ha in casa (casa comune del centrosinistra) il problema Cinquestelle, Meloni ha in casa (casa comune del centrodestra) il problema Lega. Due pali di sostegno, fino ad oggi e nonostante paurosi scricchiolii. Due palle al piede, forse domani e qualora gli scricchiolii preludessero allo schianto della duplice architettura partitica di Conte-Salvini. Dunque è immaginabile che il lady-tandem si cauteli, non scartando il peggior scenario. Certo nessuna delle due lo andrà mai a raccontare in giro, ma nel giro cui esse appartengono si fiuta l’aria che tira. Di qui la sensazione che stiamo assistendo al tipico conflitto strano: una potenziale aggressione di lei a lei, la sostanziale stasi di lei verso di lei. I tedeschi la chiamano sitzkrieg, guerra seduta. Schlein e Meloni devono ancora alzarsi per davvero in piedi.