
Ammettiamo che tua res agitur non è il motto latino più usato, forse anche per colpa della traduzione non immediata. Eppure è un motto che ha una lunga storia e che ha fatto la storia. Si tratta di un verso oraziano che afferma: Quando la casa del tuo vicino va a fuoco, riguarda anche te… Tua res agitur, paries cum proximus ardet. Insomma nessuno può mai considerarsi un’isola.
Lo sapeva bene Pio XII quando davanti alle donne cattoliche pronunciò solennemente quel motto come un invito all’impegno e alla responsabilità. Era il 1945, a ottobre per la precisione. Giustamente molti hanno ricordato che quel tua res agitur “sancì una rivoluzione anche per il mondo cattolico: essere credenti per le donne doveva significare essere cittadine, tradurre nella fattualità e nella partecipazione cosciente i valori cristiani. Così fu, quei valori animarono la Costituzione”. E all’approssimarsi del 2 giugno bisogna ricordarsi di come il futuro si costruisce e come i grandi cambiamenti nascano da percorsi. E dall’impegno.
Repetita iuvant. Giova e aiuta ricordare che a quel referendum votarono l’89,08 degli aventi diritto. Come scrisse Tina Anselmi, che nel 1976 divenne la prima ministra donna d’Italia, «le italiane, fin dalle prime elezioni, parteciparono in numero maggiore degli uomini, spazzando via le tante paure di chi temeva che fosse rischioso dare a noi il diritto di voto perché non eravamo sufficientemente emancipate. Noi eravamo pronte»
Lo erano perché grazie al Decreto legislativo luogotenenziale 2 febbraio 1945, n. 23) poterono votare già nelle amministrative di quell’anno ed essere discretamente elette in alcuni consigli comunali. La storia non si improvvisa. Vale la pena di leggere un romanzo“l’Alba del 2 giugno”. Lo ha scritto Sarah Pellizzari Rabolini – docente di lettere, ha insegnato anche a Busto Arsizio, giornalista pubblicista, vincitrice del premio Legalità al Verbania for Women – e lo ha dedicato alle donne coraggiose. Al lungo percorso di donne coraggiose. Il romanzo inizia: “È l’alba di un grande giorno: il 2 giugno 1946, finalmente, le donne possono votare. Luce si prepara per uscire e l’occhio le cade sulla foto di sua nonna.
La protagonista ricostruisce le vicende dal 1850 ed è orgogliosa di poter andare a votare “mettendosi anche il rossetto sulle labbra nonostante fosse sconsigliato alle donne perché “nell’umettare il lembo da incollare della scheda avrebbero rischiato di far annullare il voto…”
E Luce “si dirige verso la cabina, passi decisi, testa alta, quasi un soldato da parata. Poi nella riservatezza di quel luogo tutto per sé, indica con una croce il simbolo raffigurante la Repubblica…”
Come Luce molte donne elessero anche l’assemblea costituente. Vi entrarono 21 donne, le madri costituenti: 9 comuniste, 9 democristiane, 2 socialiste e una del Fronte dell’Uomo Qualunque. E ci ricorda come fece un’altra grande donna, Alba de Céspedes, che dalla cabina elettorale di quel 2 giugno: Uscii, poi, liberata, come quando ci si sente i capelli ben ravvivati sulla fronte...” e potremmo aggiungere consapevoli non solo a parole che Tua res agitur. Anche oggi.