Politica

QUEL GIGANTE

GIUSEPPE ADAMOLI - 31/10/2025

Alcide De Gasperi in Bologna. (Photo by Picture Post/Hulton Archive/Getty Images)

È sempre stato per me difficilissimo capirne la ragione. Una volta, parecchio tempo fa, in un drammatico convegno nel momento acuto e finale della crisi della Dc, l’avevo definita “L’anomalia del fenomeno De Gasperi”.

Dico subito, per togliere di mezzo ogni equivoco, che la “colpa”, l’avevo attribuita allora, e anche in seguito, alla stessa Dc e al mondo cattolico carenti nel valorizzare il più grande leader dell’Italia repubblicana e democratica, l’uomo della rinascita dopo il disastroso tempo fascista e la conseguente Seconda guerra mondiale.

I settant’anni dalla scomparsa di De Gasperi, nel 2024, sono stati un’occasione di parziale risveglio della sua immagine. Alcune iniziative in varie province, fra cui Varese, un bel libro di Antonio Polito, qualche titolo sui giornali.

Poco, troppo poco. Perfino il suo celebre suo motto: “Un politico pensa alle prossime elezioni, uno statista alle prossime generazioni”, è stato talvolta attribuito ad altre personalità.

Ecco qualche rapido cenno sul perché di questa sottostima malgrado le ali di folla plaudente che accompagnarono ad ogni stazione il lungo viaggio della sua salma dalla Valsugana a Roma nel 1954.

Uno: La Dc non è mai stata il partito del leader, anche se ne ha avuti di autorevoli. Semmai sempre l’insieme di anime culturali unite per parecchi anni dalla celebre definizione degasperiana di quel tempo: “Il vero democratico è anti fascista e anti comunista nello stesso tempo”.

Due: Per un lungo periodo De Gasperi è stato ricordato per la cosiddetta” legge truffa” che assegnava al partito che ottenesse il 50% dei voti la maggioranza del 65%. Non era affatto una legge truffa e non era affatto “brama di potere” tanto è vero che anche dopo l’enorme vittoria del 1948 (48,5%), che gli aveva dato la maggioranza assoluta in Parlamento, De Gasperi aveva voluto e realizzato un governo di coalizione.

Quella legge era bensì la via elettorale per supportare la forza del governo che la Costituzione aveva disegnato debole per la reciproca paura della Dc e del Pci di non concedere troppo potere all’avversario politico che a quel momento non si sapeva chi sarebbe stato. La Dc in quelle elezioni del 1953 mancò per pochi voti la soglia prestabilita della “legge truffa” che avrebbe migliorato la stabilità dei governi.

Tre: La sua profonda religiosità è sempre stata accompagnata dalla sua ferma laicità politica alla quale non rinunciò mai come testimonia il profondo dissidio con il Vaticano di Pio XII che voleva l’alleanza con missini e monarchici nelle decisive elezioni di Roma nel 1952. Un episodio che De Gasperi visse con grande dolore fu quando, in quell’anno, il Papa gli negò addirittura un’udienza privata insieme con la famiglia.

A parte questi tre motivi, a detta di molti storici, l’insuccesso che pesò di più sulle spalle incolpevoli di De Gasperi fu il non essere riuscito a far accettare l’idea dell’integrazione politica dell’Europa fondata su Difesa e Sicurezza che ancora adesso caratterizza la debolezza dell’Unione sul piano internazionale. Stava già male, De Gasperi, quando la Francia mandò alle ortiche quel grande progetto e quelli furono per lui giorni di fortissima delusione e inquietudine che la figlia Maria Romana fa rivivere molto bene nel bel libro “De Gasperi Uomo Solo”.

Da appassionato di politica fin da ragazzo, mi sono sempre chiesto chi potrebbe essere definito come l’erede di De Gasperi. La mia risposta ha il nome di Aldo Moro. Stessa umanità, stessa sensibilità culturale, stessa abnegazione nel dovere civile, stessa spiritualità e spirito laico. E stesso amore per le Istituzioni che vengono prima dei partiti politici.