Attualità

L’ORGOGLIO DI INDUNO

SERGIO REDAELLI - 31/10/2025

Lo stemma di Induno Olona dal 1990

Il Comune di Induno Olona compie 75 anni e ricorda il lungo cammino che portò all’autonomia da Varese nel 1950 dopo ventitré anni di accorpamento politico-amministrativo. Per sancire il distacco dal capoluogo e recuperare l’antica autonomia comunale (persa nel 1927 per aumentare il numero degli abitanti di Varese necessari a diventare capoluogo di provincia) ci volle un referendum popolare che Palazzo Estense provò invano a contrastare. La consultazione si tenne il 24 aprile 1949, parteciparono 2614 indunesi su 3057 aventi diritto e si espressero per l’autonomia: 2020 a favore e 594 contrari. Il 25 ottobre 1950 il presidente della Repubblica Luigi Einaudi dichiarò Induno Olona Comune autonomo (ad eccezione della frazione di Bregazzana).

La notizia del referendum sul Notiziario Indunese

La giunta di Varese tentò in tutti i modi di far deragliare il progetto di autonomia del “rione ribelle”. Quattro giorni prima del voto, distribuì decine di volantini minacciosi: indunesi attenti! – questo era il tono – la separazione da Varese provocherà il rincaro delle imposte per istituire i servizi comunali, aumenterà l’imponibile catastale per la revisione dei fabbricati e sarà più difficile finanziare le opere pubbliche straordinarie. Poi una raffica di promesse mirabolanti: l’unione con Varese agevolerà le opere igieniche (fognatura, acquedotto, lavatoi, cimitero), riordinerà le strade, sopprimerà il passaggio a livello, costruirà un ponte parallelo a quello ferroviario, estenderà il servizio del gas, eccetera eccetera.

Il volantino sul Luce che invita gli indunesi a votare per l’autonomia

Invece non ci fu partita. Gli indunesi si lamentavano da troppo tempo di essere abbandonati da chi gestiva i servizi centralizzati, della mancanza dell’impianto fognario, dei problemi di viabilità, della scarsa illuminazione. Già dal 1931 i contribuenti rivendicavano l’autonomia per ragioni storiche (il castello e le torri che sorgono in territorio comunale), per considerazioni economiche (la capacità fiscale di badare a sé stessi), per criteri topografici (la vasta e profonda vallata del fiume Olona che divide Induno da Varese) e per motivi istituzionali (il paese aveva il municipio, le scuole, il cimitero, l’acqua potabile, i bagni pubblici e il teatro, il corpo musicale, l’asilo d’infanzia, il campo sportivo), senza contare la fama turistica di cui godeva.

Un orgoglio più che giustificato. Induno era già celebre nella Bell’Epoque per le ville liberty, l’hotel Corona, la fonte d’acqua pura e il tram della Valganna, il tennis club e le aziende dolciaria e della birra. Si fregiava dal 1913 della Festa della Rosa che attirava sul Monarco la gita ciclo-alpina, la corsa automobilistica da Milano e gli inviati del Corriere della Sera e dei giornali nazionali. La biblioteca di via Piffaretti – ex teatro Sociale – conserva tuttora, a disposizione delle scuole, i ritratti dei personaggi nati o vissuti a Induno: a cominciare dal papa rinascimentale Pio IV, Giovanni Angelo Medici e dal fratello Gian Giacomo, il sanguinario Medeghino, condottiero al soldo dell’imperatore Carlo V e proprietario del castello di Frascarolo.

Il telegramma che comunica l’esito del referendum

Milanese di nascita, il cardinale Medici fu eletto la notte di Natale del 1559 e con l’aiuto del nipote Carlo Borromeo, che da bambino dimorò a Frascarolo, condusse a termine il Concilio di Trento decisivo per il destino della Chiesa cattolica. Nella galleria degli indunesi illustri figurano l’esploratore Gian Pietro Porro, l’architetto Carlo Maciachini, gli imprenditori Angelo Poretti e Giovanni Battista Pirelli, il prelato Gerolamo Comi, lo scrittore scapigliato Carlo Dossi, il senatore Angelo Pavia, il campione di ciclismo Luigi Ganna, il trasvolatore Arturo Ferrarin che compì il raid aereo Roma-Tokio nel 1920, lo scrittore e giornalista Guido Piovene, i partigiani Bruno Jamoretti e Bruno Passerini, l’ingegnere Gaetano Crugnola e il critico d’arte Guido Ballo.