Artemixia

REINCONTRARE GUTTUSO

LUISA NEGRI - 31/10/2025

Ancora Guttuso. Ma Varese non se ne stanca. E il riallestimento del percorso museale, al Castello di Masnago, con quattro sale dedicate all’artista (1911-1987) e a ventuno opere della Fondazione Pellin, tra cui diversi telieri -per ora in comodato allo stesso museo- porta una massiccia presenza, oltre che di innamorati del pittore neorealista siciliano e dei suoi accesi colori, di addetti ai lavori.

Si fa la coda. Ed è una soddisfazione grande, per l’amministrazione guidata da Davide Galimberti, per l’assessore Laforgia e la curatrice Serena Contini, per i familiari di Francesco Pellin (1936-2009) – dopo il successo dell’esposizione a Villa Mirabello del 2019/2020- ritrovare tanto gradimento di pubblico. Per reincontrare un maestro che a Varese aveva scelto di vivere parte della sua esistenza e di dipingere, parole sue, da uomo e artista felice come mai capitatogli altrove. Avveniva nel 1983 lungo il viale delle Cappelle, a richiederlo era stato don Pasquale Macchi, presenza preziosa d’intenditore dell’arte. Ma anche novello padre Aguggiari, trapiantato dal Seicento ai giorni nostri. Perché mente e braccio dell’oneroso restauro del patrimonio d’arte sul Sacro Monte.

Era seguita la riconoscenza dell’emozionatissimo Guttuso, insignito della cittadinanza onoraria da una Varese cui aveva donato l’affresco della Terza Cappella a sostituzione della preesistente, e forse troppo ammalorata, opera del Nuvolone. I più anziani tra i cittadini ricordano poi ancora la prima, bella mostra realizzata nell’84 dal direttore museale Silvano Colombo, per le cure di Giovanni Testori, sindaco Giuseppe Gibilisco, con un afflusso di 24mila persone.

L’amore per Varese, dove aveva studio nella casa di famiglia ereditata dalla moglie Mimise Dotti, scattò per Renato proprio in quegli anni di riflessivo e intenso impegno. Che lo portò all’esplorazione dei paesaggi locali, ma soprattutto gli permise -negli ampi spazi delle stalle velatesi- la realizzazione di grandi opere. Capolavori che rimandano, nei temi o nei particolari descrittivi, ai protagonisti della storia dell’arte: da Caravaggio a Van Gogh, da Manet a Toulose-Lautrec, a Picasso, e a tanti momenti e spunti della letteratura pittorica.

Cercatene gli indizi, se salirete al castello per incontrarvi con lui, andate a vedere la ventina di opere esposte, frugate con lo sguardo tra i colorati barattoli del lontano 1966; o i bianchi panneggi del bellissimo Chiaro di luna, 1985; o l’omaggio al maestro olandese, Van Gogh che porta l’orecchio tagliato al bordello di Arles, 1978; o i vistosi Ginecei. O infine la celeberrima Spes contra spem (1982), quasi testamento di un artista che racchiude, nella sua più nota opera -la quale a sua volta ospita la riproduzione di un Picasso- personaggi e oggetti simbolo di un’ intera esistenza.

Dalla cornice familiare dei benigni mostri di villa Palagonia, la villa-gioiello di Bagheria, sua cittadina natale, alla presenza degli affetti personali di un’intera vita. Tra loro è il caro amico Nino Marcobi, fratello del partigiano varesino Walter morto per la libertà, presenza assidua e irrinunciabile nello studio guttusiano. Ora magnifico fotografo (si veda la grande immagine del pittore al lavoro nella penultima sala). Ora scrivano accorto e testimone paziente nel suo Diario di bordo. Ora accanito compagno di partite a carte.

E, a proposito di carte, sovviene un caravaggesco rimando al più antico dei giochi, ma anche a notissime opere di Guttuso esposte nelle mostre precedenti, dove si profila un’altra allusione, al Dürer della misteriosa Melancolia. Artista malinconico, ancor più che focoso interprete di colori, e bastava osservare il suo sguardo: era questa in fondo la sua cifra. Ritroso, riservato, alla fine buttava il cuore con passione ovunque la sua arte, e la vita, lo portassero. Ma covava sempre, tra sé, quel velo di nostalgia così ben riassunto in Spes contra Spem, giocato sui due piani descrittivi: del passato e del presente, del qui e dell’altrove. Osservando, come la donna protagonista -ancora una volta- dal limitare di una finestra che si può chiudere nel buio, oppure spalancare sull’infinita linea dell’orizzonte.

Con la famiglia bustese dell’imprenditore Pellin, dopo l’incontro a Ischia nel ’74, era proprio avvenuto un incrocio di empatia, di passione, infine di affetto. E la finestra si era spalancata verso un dolce viaggio.

“Oggi, da allora, la tua raccolta si è molto accresciuta, con altri miei dipinti scelti in modo non casuale, tra i più recenti, ma anche del mio passato. In tal modo nella tua collezione è esemplato un arco del mio lavoro. Quanto io ti sia grato di questa tua accurata ricerca e attenzione sul mio lavoro è inutile dire. Quanto sarebbe augurabile che il rapporto tra collezionista ed artista tornasse ad essere un rapporto di scelta, di rischio culturale e di amore”.

***

Museo di arte contemporanea

Castello di Masnago

I dipinti di Renato Guttuso della Fondazione Pellin

Fino al 29 marzo 2026

info@museivarese.it

In collaborazione con la fondazione Francesco Pellin e gli Archivi Guttuso di Roma