Urbi et Orbi

SANTA TERRA EMILIANA

PAOLO CREMONESI - 31/10/2025

Chissà se le migliaia di persone che anche a Bologna hanno sfilato per le strade e le piazze sventolando bandiere palestinesi, conoscono il legame che da secoli unisce il capoluogo emiliano a Gaza.

Tutto nasce in prossimità di via Gerusalemme dove il vescovo Petronio, diventato poi patrono della città, inizia intorno al Quattrocento l’edificazione di quello che nel tempo diventerà il complesso delle sette Chiese, considerato la “Gerusalemme Bolognese”.

Un luogo che esplicitamente vuole ricordare il Santo Sepolcro, particolarmente prezioso perché a partire dal mille è edificato sulla base dei racconti dei crociati che tornavano dalla Terra santa: una fotografia del passato prima delle infinite traversie che la tomba di Cristo ha conosciuto.

Anche qui al primo edificio originale, chiamato ugualmente Basilica del Santo Sepolcro, si sono affiancate nei secoli altre sei chiese, dando vita ad un complesso monumentale sempre strettamente ancorato ai canoni del romanico.

La visita da sola vale il viaggio da Roma. In un dedalo di scale, corridoi, chiostri, cappelle (si inizia dalla Chiesa del Crocifisso) ci si imbatte via via in simboli e luoghi legati alla passione di Gesù: il cortile in cui si vede una scultura longobarda ispirata al catino dove Pilato si lavò le mani, una colonna di marmo cipollino nero di epoca romana che simboleggia la colonna dove il figlio di Dio venne flagellato, la prigione, una statua del gallo che cantò tre volte per ricordare il tradimento di Pietro. Ed ovviamente la ricostruzione del sepolcro del Cristo. Sulle facciate bassorilievi del XIII secolo descrivono le donne della deposizione, i soldati dormienti, l’angelo che annuncia la Resurrezione.

Andando un po’ oltre si può supporre che la Basilica (a cui non risultò estranea nella ideazione una visita di Sant’ Ambrogio a Bologna nel 393) sia stata la prima cattedrale cittadina. Ipotesi suffragata dalla presenza per secoli delle reliquie di San Petronio custodite nel complesso e traslate solo nel 2000 nella Basilica che affaccia su piazza Maggiore.

Proprio qui nel grande edificio gotico rimasto incompiuto, si ritrova un’altra traccia del legame tra Bologna e la Terra Santa. Nella cappella Bolognini infatti si può ammirare un ciclo di affreschi del ‘400 in cui viene descritto un viaggio di San Petronio in Palestina per acquistare alcune reliquie da portare in patria. La scelta del Santo cade su quelle dei martiri di Gaza ed in particolare del loro capo Floriano. Fu così che Floriano divenne una figura familiare ai bolognesi tanto da essere raffigurato nei punti più importanti del centro. Lo vediamo, appoggiato ad una lunga scimitarra tra i Santi scolpiti da Nicolò dell’Arca per il sepolcro di San Domenico e tra i patroni raffigurati a mezzo busto nel cuore economico della città: il Palazzo della Mercanzia.

Bologna chiama Gaza. Depliant e guide turistiche glissano su questo legame così stretto tra i due luoghi quasi a voler cancellare una storia sacra che ha costruito invece l’identità del nostro Paese.

Storia che non va tanto per il sottile. Proprio in una delle sette Chiese descritte, quella dedicata ai protomartiri Vitale e Agricola, venne rinvenuto nel 1400 un sepolcro con la scritta “Symon”. Subito si sparse la voce che fosse la tomba di San Pietro. Questa notizia, priva di qualunque fondamento storico, attirò tuttavia nel capoluogo bolognese numerosi pellegrini distraendoli dalla tradizionale devozione alla tomba in San Pietro a Roma. Irritato, il pontefice dell’epoca, Papa Eugenio IV, ordinò che l’edificio fosse scoperchiato, riempito di terra e abbandonato in quello stato per una settantina d’anni.

Modo singolare per risolvere le controversie all’interno della Chiesa.