
La politica bussa alle porte delle scuole, ma a Varese la risposta è cortese e ferma: «No, grazie». All’Istituto Isaac Newton la proposta di ospitare un incontro con il generale Roberto Vannacci è stata respinta senza esitazioni. Solo l’8 per cento dei docenti favorevole, oltre l’80 contrario. Una bocciatura netta che va oltre il nome e tocca un tema più ampio: quanto spazio deve avere la politica fra i banchi?
L’iniziativa era stata presentata come un generico momento di confronto sull’educazione civica, ma la maggioranza degli insegnanti l’ha giudicata inopportuna. E, a sentire i dirigenti degli altri licei varesini, la decisione non sarebbe stata diversa altrove. Il principio è condiviso: la scuola dialoga con la politica, ma non ne diventa palcoscenico.
«La politica, intesa come appartenenza, non è materia di scuola», spiega Marco Zago, dirigente del liceo scientifico Galileo Ferraris. «Abbiamo invitato il ministro Giorgetti, il senatore Alfieri, l’onorevole Gadda e il sindaco Galimberti, ma per parlare di orientamento: la politica come passione e professione. Sono venuti come ex studenti varesini, non per difendere un simbolo. Quando la politica entra in classe deve spogliarsi della propaganda: la scuola non è un palco, è un laboratorio di pensiero».
Anche Elisabetta Rossi, dirigente del liceo classico Cairoli, insiste sulla prospettiva educativa: «I ragazzi devono essere educati alla politica, ma la scuola non può diventare una cassa di risonanza dei partiti. Il nostro compito è insegnare loro a farsi un’idea, non a sposarla. Il dialogo sì, le bandiere no».
Un orientamento coerente con le linee guida del Ministero dell’Istruzione: l’educazione civica parla di Costituzione, cittadinanza attiva, rispetto delle istituzioni e del pensiero critico, non di appartenenze. L’obiettivo non è portare in aula la contesa, ma fornire strumenti per comprenderla. La scuola non deve insegnare “da che parte stare”, ma come e perché si sceglie.
Anche gli studenti lo hanno capito. Nella Consulta giovanile hanno chiesto di ridurre la presenza dei rappresentanti politici: troppo spesso, dicono, le decisioni seguivano la linea di partito più che il merito delle proposte. Una lezione di maturità che ricorda a tutti il senso autentico della politica: scegliere secondo coscienza, non per obbedienza.
Ma se la scuola deve restare libera da propaganda, è altrettanto vero che la politica deve saper ascoltare, soprattutto su temi che incidono sulla vita dei cittadini. In questo periodo sarebbe opportuno, ad esempio, parlare dello sviluppo dell’aeroporto di Malpensa, ancora privo di un piano d’area che ne guidi la crescita in modo equilibrato. Il tema, portato all’attenzione del Prefetto di Varese il 23 ottobre scorso, riguarda il futuro del territorio e la salute delle persone.
È fondamentale – come prevede la legge – che Malpensa e i politici coinvolti informino chi ne faccia richiesta, chiarendo la relazione tra le loro scelte, la tutela dell’ambiente e la salvaguardia della salute dell’uomo. Perché la politica, prima di tutto, deve servire la comunità e proteggere l’integrità del territorio.
Così, a qualunque porta decida di bussare a Varese il generale Vannacci, troverà un ambiente che non chiude il dialogo, ma ne custodisce il senso. La scuola resta il luogo dove si coltiva il pensiero, non il consenso.