Attualità

UNDICESIMO VAGONE

RENATA BALLERIO - 31/10/2025

Continuiamo a chiamare l’undicesimo mese dell’anno con il nome di novembre, quasi dimenticando che giustamente veniva definito così perché nono nel calendario romano.

Per i latini “nomina sunt consequentia rerum”, i nomi sono conseguenti alle cose. Ma se pensassimo al contrario? Quali sono le conseguenze dei nomi e di quanto associamo ad essi? Lungo e non facile discorso. Certamente il nome di novembre non è responsabile di particolari conseguenze, a parte ricordarci il cambiamento storico nello scandire il tempo. Eppure proprio questo dovrebbe farci – chiamiamolo, se vogliamo, conseguenza – riflettere sul valore del cambiamento.

Gli input novembrini non mancano: alcuni profani, altri decisamente sacri. Tra i primi è bello ricordare l’incipit de Il velocifero di Luigi Santucci, romanzo storico vibrante di umanità e di poesia. Scritto nel 1965 merita ancora di essere letto. Siamo a Milano alla fine dell’Ottocento e la attivissima domestica, Marietta, con una bracciata di indumenti di lana esclama ” Per tucc i santi, mantell e guant”. Il 1 novembre rappresentava una certezza meteorologica, perché – come cantava Guccini – ” le inquietanti nebbie gravi coprono gli orti” e con esse arrivava il freddo. Lo ricordava anche Gianni Rodari nella filastrocca dedicata a novembre. Sull’undicesimo vagone/ c ‘è un buon odore di castagne,/paesi grigi, grigie campagne/ già rassegnate al primo nebbione, / e buoni libri da leggere a sera / dopo aver spento la televisione. Versi che regalano un pensoso sorriso. Ma novembre è cambiato: non ci sono più i nebbioni di una volta e non basta avere il coraggio di spegnere la televisione per immergerci in letture più o meno buone. Eppure l’inizio di novembre, puntualmente, ci obbliga a pensare a ben altri cambiamenti. La commemorazione dei morti ci ricorda il cambiamento totale che inevitabilmente attende tutti noi. Ma anche la festa di Ognissanti, che dal 731 si celebra il primo novembre, anziché il 13 maggio, testimonia come si può cambiare e cambiare il mondo. La biografia dei Santi è spesso prova di cambiamenti radicali e coraggiosi. Un esempio per tutti Sant’Agostino. Il che ci fa riflettere e coinvolgere: credenti e non credenti, come avrebbe detto il Cardinal Martini.

 O meglio pensanti e non pensanti anche di religioni diverse – ad esempio capire come vengono considerati i santi dai cattolici rispetto agli anglicani – e di spiritualità diverse.

Senza addentarci nell’ impervio terreno dei mutamenti nei secoli circa le definizioni di santità e di santi, piace ricordare quella del cardinal José Tolentino Mendonça: ” La santità è la normalità del bene”. E fare nostro un pensiero di Don Lorenzo Milani : ” Non vedremo sbocciare dei santi finché non ci saremo costruiti dei giovani che vibrino di dolore e di fede pensando all’ingiustizia sociale”. Magari non santi ma almeno persone attente e pronte a portare dei cambiamenti per le ancore molte ingiustizie.

Chissà che definizione verrà data dal professore Renzo Dionigi alla presentazione il 5 novembre presso il collegio Borromeo di Pavia del suo libro intitolato “Carlo Borromeo. Anatomia e paradigma di santità.”

Per ora possiamo rileggere l’inno manzoniano dedicato agli Ognissanti e – forse – cercare un paradigma di riferimento, ben sapendo quanto lavorìo ci fu nell’animo di Alessandro Manzoni per scriverlo. Difficoltà creativa e artistica o sofferenza dottrinaria? Forse entrambe. Sicuramente senza risposta, visto che tentò varie volte dal 1830 al 1847 di comporre un inno alla santità, come lo voleva considerare. E mai lo concluse.

Ma a noi arriva ancora potente una quartina della prima parte: Il secolo vi (ndr i santi) sdegna e superbo /domanda qual merto agli altari/ V’addusse; che giovin gli avari Tesor di solinghe virtù. E con il peso di quella domanda rileggiamo l’inquieto inizio della poesia “Giorno dei santi e il cielo di novembre” di Margherita Guidacci, morta nel 1992: Due grigiori paralleli ad opprimere lo sguardo dovunque cerchi fuga. Davvero “nomina sunt consequentia rerum”, se pensiamo e cerchiamo di comprendere la parola santità.