
Non è vero che di modifica della legge elettorale -orizzonte sul ’27, rinnovo Camera e Senato- nessuno faccia concreta parola, a destra e a sinistra. La fanno, la fanno. Pur se la decisione toccherà alla destra, la sinistra, che dovrà adeguarvisi, pretende di dir la sua prima che l’argomento si ufficializzi. Pour parler riservati ci saranno. Per ora la probabilità alta è d’una correzione in senso proporzionale dell’attuale sistema ibrido, un po’ maggioritario e un po’ (un bel po’) no. Meloni sta meditandoci da tempo, e potrebbe rinunciare al proposito se gli alleati accettassero d’apporre ciascuno sul suo simbolo di partito la dicitura Meloni premier. Sarebbe una sorta d’introduzione surrettizia e al tempo stesso concreta del premierato, riforma ormai inattuabile in questa legislatura. Ma sembra difficile che Forza Italia e Lega regalino a Fratelli d’Italia un vantaggio, e che vantaggio, in termini di consenso. La comparsa della scritta pro Giorgia spingerebbe lei alla riconferma a Chigi e in su il favore ai “tricolori”.
Dunque meglio ritoccare la legge elettorale, chi ci sta ci sta. Come già accennato su RMFonline del 24 ottobre scorso, potrebbe starci la Schlein: la novità le consentirebbe di far correre il Pd in un campo largo sì, ma senza venir messo alle strette da imbarazzanti sodali (l’M5S soprattutto. Ma idem Verdi Sinistra e i centristi del redivivo Renzi). Pure la Meloni avrebbe agio di scrollarsi di dosso i radicalismi, putinismi, veterosovranismi di Salvini e competere con disinvoltura per sfilare schede a Forza Italia.
Qui sta il punto su cui va riflettendo la presidente del Consiglio. Quando sarà il momento topico -chiamata alle urne- bisognerà portare a casa tanti suffragi moderati. Dunque (1) l’amico-nemico più pericoloso è il postberlusconiano Tajani. Dunque (2) l’area cui rivolgersi allontanando ogni sospetto di retropensieri nostalgici è quella di mezzo. Dunque (3) varrebbe, forse varrà, la pena di recuperare l’idea d’uno dei fondatori di FdI, l’attuale ministro della Difesa Guido Crosetto. Quale idea? L’idea di rimuovere la fiamma biancorossoverde dall’emblema del partito. Siccome non rappresenta -ma figuriamoci- il distintivo del reggimento degli Arditi, corpo speciale del Regio esercito italiano; e invece la fiaccola ardente sulla tomba di Benito Mussolini nella cappella mortuaria di Predappio dov’egli è tumulato; ecco rendersi opportuna la recisione simbolica/definitiva dal passato fascista, chiudendo ogni ulteriore, insistita, sterile, nociva polemica in merito.
Fino a oggi l’idea di Crosetto, bocciata dal presidente del Senato La Russa, è rimasta senza troppi seguaci, però il senso pratico -ovvero un moto d’ulteriore rassicurazione verso gl’italiani dubbiosi sul convergere della Meloni a un centrismo di fatto- ne suggerirebbe la ripresa. Ergo: l’argomento è prossimo a entrare nell’agenda di GM. Esaurito il capitolo regionali (Veneto, Campania, Puglia alla fine del mese) e superato l’ostacolo del referendum sulla giustizia (tarda primavera ‘26) verrà il momento di cesellare la strategia per l’appuntamento delle politiche, tra un anno e mezzo o poco più. Cesellare, appunto. Mettere in ordine i dettagli. Il simbolo di FdI, cioè la maglia con cui giocare, è uno di questi. Forse serve -secondo Crosetto, senz’alcun dubbio- cambiarla. Allo stesso modo della squadra. Dentro lì, molti non infiammano come infiammavano una volta.
Ps
A proposito di centro. Mercoledì prossimo 5 novembre, Palazzo Estense ore 17.30, Ernesto Maria Ruffini, ex direttore dell’Agenzia delle entrate e oggi fautore della discesa in campo elettorale dell’associazionismo moderato, presenterà il libro “Più uno”. Titolo eguale al movimento di cui egli è a capo. A fianco di Ruffini, il sindaco Galimberti. Così, giusto a significare dove tira l’aria.