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Lettere

LA PALUDE DI VIA MANIN

- 26/03/2013

Leggo l’intervento del “naturalista” Daniele Zanzi (che a dir la verità è agronomo) che censura l’Amministrazione Comunale per il permesso di costruire rilasciato in via Manin, destinato ad una struttura per la ristorazione.

L’area sarebbe un’area fondamentale per la biodiversità, dove troverebbero rifugio i pettirossi, cacciati per far posto ai cheeseburger; si tratterebbe quindi dell’ennesimo attentato contro l’ambiente varesino compiuto dall’Amministrazione Comunale. A queste polemiche si è poi accodato qualche esponente politico, uso a seguire a rimorchio le polemiche innescate contro l’amministrazione.

Di fronte alla malafede di simili affermazioni, è d’obbligo replicare.

Innanzitutto l’azione dell’Amministrazione guidata da Attilio Fontana è stata caratterizzata da un impegno per la tutela ambientale del territorio varesino comparabile solo con quello profuso dal compianto prof. Salvatore Furia, quando si attivò per la costituzione del parco Campo dei Fiori. Nell’arco di meno di sette anni, l’azione promossa dal sottoscritto assessore all’Urbanistica e dai colleghi assessori alla Tutela Ambientale (Federiconi prima, Clerici adesso) ha portato il consiglio comunale a deliberare l’approvazione della Rete della Connettività Ecologica Provinciale (che appone vincoli di tutela su tutta la fascia lacuale) e la costituzione del Parco Locale di Interesse Sovracomunale della Valle della Bevera; recentemente l’Amministrazione ha illustrato al pubblico il progetto di costituzione di un secondo PLIS compreso tra il Lago e l’Olona, denominato parco di Cintura Verde; nel Documento di Piano del PGT, la riqualificazione ambientale del Fiume Olona e la connessione ecologica Lago di Varese- Sacro Monte-Campo dei Fiori sono elevati al rango di Ambiti Strategici della futura pianificazione. La superficie messa sotto tutela per motivi ambientali dall’amministrazione Fontana è impressionante.

Se quindi anche l’intervento di via Manin fosse la devastazione descritta da Zanzi, sarebbe come ricercare la pagliuzza nell’occhio dell’Amministrazione Comunale; ma non è così.

Infatti l’area che il Piano Regolatore Generale (dal 1995!) individua come SO2 (strutture ricettive), NON è quella in cui sono presenti i residui dell’antica palude che un tempo andava da viale Aguggiari fino ad Avigno; come si nota dalla fotografia allegata, il terreno è coperto da tempo immemore da una piastra di cemento e utilizzato impropriamente come deposito e l’area in cui ancor oggi si mantiene un ricordo dell’area umida è spostata più ad Est.

Ben prima che se ne interessasse Zanzi, il residuo della palude era già stato oggetto di attenzione da parte degli amministratori del Comune di Varese: nel 2004, il tema della sua salvaguardia era stato sollevato dai consiglieri Nicora (PD) e Ossola (Lega Nord); in occasione della proposta di costruzione alberghiera sull’area, poi decaduta, fu l’allora capogruppo della Lega Nord Ghiringhelli a chiederne la tutela, mentre nell’ultima commissione urbanistica, il primo a porre il tema è stato il consigliere Nicoletti (Movimento Libero). In Comune quindi esiste un trasversale intendimento diretto alla tutela della testimonianza dell’antica “giazera” e alle proposte di valorizzazione edilizia dell’area, il Comune ha sempre contrapposto la volontà di conservare la traccia della palude. Anche in questa occasione, l’intervento privato è stato preceduto da due studi di dettaglio (uno dei tecnici comunali e uno di un esperto agronomo) che individuano le opere da realizzare per tutelare l’”occhio della palude” ormai ridotto ad una superficie di 15 metri di lunghezza, 5 di larghezza e 1 di profondità. Appare evidente che la scomparsa della palude non è certo imputabile all’intervento contestato, ma alle centinaia di costruzioni tra appartamenti, uffici, scuole e impianti sportivi, edificati tra il 1960 e il 1980, quando ancora Fontana era un giovane avvocato, Binelli andava a scuola proprio alla Vidoletti (sarà stato un crimine?) e Clerici non era ancora nato.

Le affermazioni secondo le quali, a fronte di una previsione urbanistica, l’amministrazione comunale avrebbe dovuto impedire comunque l’intervento denotano una scarsa conoscenza delle leggi e degli effettivi poteri degli amministratori, i quali non hanno nessuna facoltà di bloccare operazioni che siano in regola con le norme di pianificazione urbanistica: anche a me sarebbe piaciuto intervenire per impedire, ad es., lo scempio realizzato nel cuore verde di Casbeno, in via Monviso, angolo via Settembrini, dove una villetta è stata sostituita da un mostruoso condominio (tra i progettisti Daniele Zanzi): ma era consentito dal PRG e non ho potuto neppure immaginare di sospendere i lavori.

Ridicole poi sono le censure provenienti dai partiti di sinistra, sul fatto che la struttura possa ospitare un fast food: grazie ad un provvedimento del governo Prodi (cd. Decreto Bersani, vi ricorda qualcuno?), alle amministrazioni comunali sono stati tolti i poteri di pianificazione in materia commerciale, settore che oggi risulta totalmente liberalizzato: nessun comune può oggi decidere il menu proposto da un ristoratore, cheeseburger, kebap, pizza o polenta che sia; alle scuole e alle famiglie è riservato il compito di educare ad una sana alimentazione.

 Fabio Binelli

Assessore alla Pianificazione Territoriale ed Edilizia Privata del Comune di Varese

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