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Attualità

LA TREGUA “VERDE” DEL GIRO D’ITALIA

CESARE CHIERICATI - 03/05/2013

Torna il Giro d’Italia e francamente è una bella notizia. Per tutti, non solo per chi è ne un fedelissimo appassionato. Arriva da una lunga fase di maltempo, almeno alle nostre latitudini nordiste, il che fa guardare ai prossimi ventidue giorni della corsa rosa con una certa apprensione confortata del resto da ricordi lontani e recenti non esattamente primaverili. Su tutti la cronometro Gallarate – Sacro Monte, penultima tappa di trentanove chilometri del Giro del ’90 dominato da un Gianni Bugno principesco, maglia rosa dalla prima all’ultima frazione. Doveva essere una trionfale passerella illuminata dal sole di quel giugno nascente (era il giorno 5 del calendario) invece si corse con condizioni meteo proibitive. Le migliaia di persone sgranate lungo la salita vedevano passare ombre infreddolite dentro impermeabili sgocciolanti,la Tvnon riuscì a fare alzare gli elicotteri per il collegamento, solo le telecamere fisse funzionavano normalmente ma ritraevano solo gli ultimi duecento metri della tappa.

Fu come una magia l’apparizione di Bugno, un punto rosa che avanzava nelle nuvole e andava a ribadire la sua egemonia su quel Giro numero 73. Una tappa, quella del Sacro Monte, che sancì anche la nascita di un altro campione varesino, Claudio Chiappucci, il quale appena un mese dopo sarebbe sbocciato come un fiore giallo sulle strade assolate – quelle sì quasi sempre – del Tour de France.

Nonostante l’accanimento di Giove Pluvio fu una giornata bellissima per gli amanti del ruvido sport delle due ruote, così come lo sono stati e ancora lo saranno altri Giri, altri Tour, altre classiche sferzate dalla pioggia, dalla neve, dal vento. Perché il ciclismo è più forte degli elementi avversi della natura, è più forte delle pratiche fraudolente del doping degli ultimi decenni, è più forte dei suoi detrattori in servizio permanente effettivo. E poi, diciamolo con franchezza, il Giro in partenza da Napoli si annuncia come una pausa distensiva, come una tregua verde nell’ossessivo panorama mediatico della politica e dell’economia che ci assale ogni giorno affastellando notizie su notizie, dichiarazioni e contro dichiarazioni, una sequenza interminabile di detto e disdetto, di annunci e disannunci, il gossip politico scambiato per la politica, la demonizzazione dell’avversario come regola editoriale, l’incapacità quasi endemica di cercare di spiegare la realtà, peraltro sempre più complessa, se non con semplificazioni di comodo, con slogan funzionali alla propria sponda di appartenenza.

Un circo sempre più indigesto al quale chi vorrà potrà mettere il silenziatore del Giro d’Italia animato da ragazzi che si guadagnano il pane faticando sul quel meraviglioso attrezzo chiamato bicicletta ma che talvolta si trasforma in uno strumento di tortura, scelta, sopportata persino cercata con grande dignità nella consapevolezza che la gente di bordo strada non fa grande differenza tra chi sta davanti e chi chiude la fila. Un immenso conforto che i protagonisti di altri sport non hanno. E poi via sarà anche utile, oltre che piacevole, ritrovare lungo le ventidue tappe in programma, un Italia minore, splendida nei suoi borghi e remota nelle sue foreste, che sembra muoversi a un’altra velocità e che nessuno racconta più salvo, appunto, il Giro d’Italia.

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