Widgetized Section

Go to Admin » Appearance » Widgets » and move Gabfire Widget: Social into that MastheadOverlay zone

Libri

L’ULTIMA LEZIONE DEL CARDINALE

ALDO MARIA VALLI - 19/10/2012

Carlo Maria Martini amava il silenzio. Naturalmente, essendo un amante della Parola divina. Il silenzio, diceva, va guardato con simpatia. È un amico fidato della riflessione, della saggezza e della fede. Sicché, di fronte alla morte del cardinale, il silenzio sarebbe la via da seguire. Ma in quei giorni di lutto, di tristezza e di speranza, il cardinale ci ha consegnato un’altra lezione, l’ultima, e abbiamo il dovere di ricordarla e meditarla.

È nato così il bisogno di raccontare la cronaca delle giornate in cui Martini si è definitivamente congedato da questo mondo. Cronaca che si dipana attraverso i volti e le testimonianze di tante persone che al cardinale hanno voluto e vogliono bene, e attraverso le immagini raccolte da chi, per dovere professionale, si è trovato immerso nella vicenda combattendo tra i propri sentimenti, che avrebbero spinto esclusivamente alla meditazione, e la necessità di raccontare.

Se in Storia di un uomo ho narrato la vita e le opere di Martini cercando di farne emergere la personalità e il messaggio spirituale e pastorale, ora mi trovo a narrarne la morte, quella morte da lui così a lungo indagata. Vado con la memoria all’ottobre del 2008. Martini, già duramente colpito dal morbo di Parkinson, torna a Milano, al centro San Fedele, per una conferenza su una sua raccolta di scritti dedicata a Paolo VI. È stato l’amico teologo Marco Vergottini, con affettuosa determinazione, a farsi promotore di questo ritorno. Martini, all’inizio, quasi chiede scusa. Dice che non sa se potrà esprimersi bene e tenersi in piedi. Poi, dopo che è stato letto il Pensiero alla morte di papa Montini («L’ora viene. Da qualche tempo ne ho il presentimento»), il cardinale, con grande libertà, spiega di essere in una situazione analoga. Anzi, «di fatto mi trovo più vicino alla morte di quanto non si trovasse Montini quando scrisse queste pagine. Sono davanti alla prospettiva di una chiusura prossima dell’esistenza e quindi mi pare di sentire in maniera ancora più forte tutta la grandezza e l’oscurità di quel momento».

Di fronte al pubblico riunito nell’auditorium dei gesuiti il cardinale si presenta in tutta la sua debolezza interiore e fisica. Non è più il biblista che parla, non è il principe della chiesa, il pastore della più grande diocesi del mondo. È solo l’uomo Carlo Maria, e come tale confessa: «Io mi sono più volte lamentato col Signore perché morendo non ha tolto a noi la necessità di morire. Sarebbe stato così bello poter dire: Gesù ha affrontato la morte anche al nostro posto. Invece Dio ha voluto che passassimo per questo duro calle che è la morte ed entrassimo nell’oscurità, che fa sempre un po’ paura. Mi sono riappacificato col pensiero di dove morire quando ho compreso che senza la morte non arriveremmo mai a fare un atto di piena fiducia in Dio. Di fatto in ogni scelta impegnativa noi abbiamo sempre delle uscite di sicurezza. Invece la morte ci obbliga a fidarci totalmente di Dio».

Nelle Conversazioni notturne a Gerusalemme, rivelando quale domanda avrebbe rivolto a Gesù se ne avesse avuto la possibilità, Martini spiega: «Gli domanderei se mi ama, nonostante io sia così debole e abbia commesso tanti errori; io so che mi ama, eppure mi piacerebbe sentirlo ancora una volta da lui. Inoltre gli chiederei se in punto di morte mi verrà a prendere, se mi accoglierà. In quei momenti difficili, del distacco o in punto di morte, lo pregherei di inviarmi angeli, santi o amici che mi tengano la mano e mi aiutino a superare la mia paura».

Ora noi sappiamo come è morto il cardinale Martini. Lo ha detto il suo medico; lo ha detto, con una lettera bellissima, la nipote Giulia; lo ha detto il suo confessore, padre Silvano Fausti. Il cardinale è stato davvero tenuto per mano e accompagnato, e immaginiamo che il desiderio di lasciarsi stupire dall’amore abbia avuto alla fine il sopravvento sulla paura e sul senso di abbandono che sperimentò perfino Gesù.

Sappiamo che la morte del cardinale ha anche dato adito a qualche polemica e a tentativi di strumentalizzazione circa la questione dell’accanimento terapeutico, ma non di questo ci occuperemo, così come non parleremo dei volgari attacchi rivolti post mortem al cardinale da qualche giornalista saccente. Qui c’è la cronaca della morte di un uomo. Della morte e della

testimonianza d’amore che ha suscitato, facendoci ancora una volta toccare con mano la sua capacità di unire i diversi e di riassumere in sé, nella sua genuina umanità, «le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono», perché questi sentimenti, dice la Gaudium et spes, sono gli stessi che hanno provato i discepoli di cristo, «e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore».

Ringraziamo il padre Carlo Maria per la sua ultima lezione, impartita con l’esempio. Ringraziamo le persone che gli sono state accanto e che si sono prodigate per lui. Non dimentichiamo.

Il brano, per gentile concessione delle edizioni Ancora, è tratto dal libro “Diario di un addio. La morte del cardinale Carlo Maria Martini” di Aldo Maria Valli

Facebooktwittergoogle_plusredditpinterestlinkedinmail

You must be logged in to post a comment Login