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Attualità

NELLE BRACCIA DELL’AMORE

LUISA NEGRI - 24/05/2013

La tomba di Gabriele Francesco (da www.lastampa.it)

Il piccolo Gabriele Francesco è per sempre nell’Amore. Dio è Padre per tutti. E lo avevamo sussurrato, seppur con le lacrime agli occhi, il nodo in gola, anche da queste pagine. Accadeva all’indomani della condanna a morte inflitta a un neonato tra i rifiuti di un cavalcavia autostradale -in una località del novarese, Agognate – nel freddo dello scorso aprile e di una primavera che tarda a venire.

Ricordate?

Su quel Golgota di rifiuti maleodoranti ci sarà a breve una lapide: “Gabriele Francesco, bimbo per un giorno. Angelo Per sempre”. Che è il segno esteriore, non il solo, della memoria – e dell’incontro con l’Amore – di Gabriele.

Poco sapevamo e ancora sappiamo di lui, di un così inspiegabile gesto di mani che avrebbero dovuto accompagnarlo verso la vita e invece l’hanno stretto al muro della sofferenza e della morte.

Difficile, difficile davvero capire… Dio mio, Dio mio perché l’hai abbandonato? Perché così solo e indifeso, perché così nudo nel freddo? E senza mani di mamma, e non una sola carezza?

Ricordate?

Se solo qualcuno avesse compiuto un altro gesto, preso il coraggio, fatto un passo, offerto un boccone d’amore…

Se solo qualcuno … non avremmo dovuto allineare quel suo piccolo sudario accanto ai corpi della crudele contabilità umana che offende gli innocenti in ogni angolo del mondo, ogni giorno, senza remissione. Non avremmo pianto sulla sua breve vita.

Ma così è stato. Fiat voluntas Tua.

E però sono parole difficili da pronunciare e dentro scatta la voglia di non capire, di non accettare il verdetto, di non sottomettersi. Non si dà pace neppure l’ispettore della Scientifica che ha raccolto il cadaverino soffrendo, da padre, quasi fosse la scoperta di un proprio figlio trafitto. Ma ha saputo poi tramutare l’impotenza del dolore in voglia di fare, raccogliendo con i colleghi i soldi per un progetto ospedaliero dedicato a Gabriele Francesco e destinato alla cura dei bambini presso la clinica pediatrica dell’Ospedale Maggiore.

Poi abbiamo visto anche la piccola bara bianca nel Duomo di Novara, la città che l’ha adottato, facendolo suo per sempre. E abbiamo infine saputo della pietà di una donna e della sua famiglia, una famiglia numerosa e nota – ma desiderosa dell’anonimato – che ha offerto nella propria tomba, senza porsi domande, uno spazio per accogliere il piccolo accanto ai defunti della casa… Come un figlio, un nipote, uno di loro cui portare l’omaggio di fiori freschi e pensieri di solo bene. In quella pietas c’è forse anche la nobile speranza – di una donna sensibile – verso qualcuno fuggito, per paura, perché obbligato, che volesse un giorno tornare per inchinarsi sul sepolcro del piccolo martire.

Sicuramente questo dell’accoglienza nel sepolcro è il gesto di un supremo amore umano, di vera madre, che ha insieme il sigillo dell’Amore divino del Padre. E illumina di sole – di Bene – la culla terrena di Gabriele Francesco.

Anche il doppio nome scelto dai poliziotti è un grande segno d’amore. Gabriele: come l’Angelo che annuncia la vita. Francesco: come il Santo che amava allo stesso modo vita e morte. E come il pontefice, che spalanca le braccia e bacia, alzandolo verso il cielo, ogni bambino che incontra sulla sua strada.

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