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Attualità

NOI DELLA “MILAN AREA”

MICHELA BARZI - 27/09/2013

Lo skyline di Milano dalla Prima Cappella del Sacro Monte

Il Corriere della Sera di qualche tempo fa ha pubblicato la foto dello skyline di Milano visto dal Sacro Monte di Varese. Malgrado i cinquanta chilometri di distanza, e grazie alla buona visibilità e a un valido teleobiettivo, i nuovi grattacieli che stanno cambiando l’immagine di Milano sono chiaramente visibili.

Secondo il Territorial Review dell’Ocse del 2006, la regione metropolitana di Milano ha più di sette milioni di abitanti e include, oltre a Varese, le province più prossime al capoluogo lombardo, compresa la piemontese Novara. Questa entità territoriale è il cuore pulsante della Megalopoli Padana, della quale la Macroregione del Nord è una traduzione parziale ed ideologica.

Che la regione metropolitana milanese si estenda e inglobi l’area urbana varesina lo dimostra il fatto che una delle sue più importanti infrastrutture, l’aeroporto di Malpensa, sarà il terminal della linea ferroviaria che la collegherà al territorio elvetico grazie alla tratta in costruzione tra la Valceresio e il Canton Ticino, cioè attraverso il settore nordorientale dell’area. Lo stesso dicasi del sistema viabilistico pedemontano, la cui costruzione sta avendo un enorme impatto sul territorio compreso tra la tangenziale di Varese e l’autostrada A8. A toglierci ogni dubbio sulla relazione tra area urbana varesina e regione metropolitana milanese ci pensa l’Unione europea, oltre il gran numero di pendolari che ogni giorno da Varese e dintorni si riversa sulle strade e le ferrovie che raggiungono il capoluogo lombardo. Secondo il programma Espon, con il quale sono state individuate le aree morfologicamente e funzionalmente urbane del territorio europeo, l’area urbana varesina fa parte del sistema metropolitano policentrico di Milano, un’aggregazione di aree morfologicamente urbane con oltre cinque milioni di abitanti.

Stupisce quindi leggere nella relazione del Documento di piano che l’obiettivo del PGT è “incrementare la competitività di Varese nello scenario territoriale” senza che sia specificato a quale territorio essa faccia riferimento. È possibile leggere un indiretto richiamo all’area metropolitana milanese solo quando viene citata “quella parte di territorio compreso tra la fascia prealpina e la fascia di pianura” che, ammettono gli estensori del piano, arriva a lambire a sud l’area varesina, purtroppo superficialmente ristretta ai comuni confinanti con il capoluogo (p. 44).

Qual è lo scenario territoriale nel quale Varese dovrebbe dunque competere? È una domanda capitale essendo l’obiettivo del piano la competitività.

Ma lasciamo perdere questo concetto, che non può certo mancare in un documento che pretenda di avere qualche presa sull’attenzione delle classe politica locale, e concentriamoci per il momento sullo scenario territoriale, cioè quello della regione metropolitana milanese, alla quale i varesini e i varesotti, appartengono da secoli, cioè da quando esiste la diocesi ambrosiana. Se l’appellativo “bosino” pare sia una contrazione di ambrosiano perché i varesini non dovrebbero sentirsi anche un po’ milanesi?

Tra i contributi che il sito Eddyburg (http://www.eddyburg.it/) ha pubblicato sul PGT di Milano ritengo utile al ragionamento che qui tento di fare questa frase di Giorgio Goggi, molto critico a proposito della scarsa propensione di quel piano a riferirsi all’area metropolitana: “Il comune sentire è che tutti abbiano diritto di essere milanesi (ovvero condividere vantaggi, grandi servizi, opportunità, mercato del lavoro) e che l’obiettivo degli urbanisti sia quello di rendere quest’integrazione sempre più reale, efficace e meno congestiva”.

Mio nonno Carlo Daverio, nato a Lugano da famiglia varesina, ha sostenuto per tutta la vita con fierezza di essere milanese perché a Milano aveva ricevuto un’istruzione e svolto il suo lavoro, anche se casa ce l’aveva a Varese, quartiere Sant’Ambrogio. Lui mi ha trasmesso questo senso di appartenenza geografica e culturale più di mio padre, nato a Milano.

Se si vuole che la visione di Varese, cioè di quell’area urbana da quasi duecentocinquantamila abitanti generata dagli effetti dispersivi della cosiddetta Città giardino, esca dall’ombra identitaria proiettata dall’aggettivo bosino e dal suo uso localistico e antistorico, non possiamo prescindere dal diritto di sentirci milanesi, pur con diverse gradazioni. D’altra parte è esperienza diffusa quella di classificarci così quando, trovandoci dall’altra parte del mondo ed essendovi giunti dall’aeroporto intercontinentale che sta a pochi chilometri da casa nostra, ci viene chiesto da dove veniamo. Sono pronta a scommettere che così fanno anche coloro che da vent’anni governano la città, appena riescono a fare appello a quel minimo d’inglese che consente loro di pronunciare l’espressione “Milan area”.

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