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Politica

SILVIO RESISTE

MANIGLIO BOTTI - 01/11/2013

“Resistere! Resistere! Resistere!” Le parole d’ordine che nel dicembre del 1917, a poco più di un mese dalla disfatta di Caporetto, furono pronunciate da un mai domo Vittorio Emanuele Orlando, presidente del Consiglio dei ministri del Regno, parole molto più tardi riprese dal procuratore capo di Milano Francesco Saverio Borrelli in piena Italia tangentopolitana, sembrano fare parte oggi del lessico e dei pensieri di Silvio Berlusconi. Incalzato dalle sentenze e dalle inchieste giudiziarie, coinvolto dal “teatrino della politica” che un tempo voleva combattere ma di cui ora è grande personaggio, l’ex premier è ormai prigioniero di sé stesso e delle sue ambasce, prima ancora di essere assegnato ai servizi sociali, in ottemperanza della sentenza irrevocabile dell’estate scorsa, e – forse – decaduto e quindi inabilitato a ricandidarsi, se la votazione in Senato andrà come molti vogliono debba andare.

Tutto sembra congiurare contro. I fidati amici (alcuni, almeno), i figliastri politici a cominciare da quell’Angelino Alfano che in altri tempi proprio lui, il Silvio, aveva designato a successore e capo. Anche il governo Letta, il governo di larghe intese che Silvio aveva caldeggiato dopo avere riportato al soglio quirinalizio un buon italiano ottuagenario – eravamo alla fine di aprile: sono passati soltanto sei mesi e sembrano mille anni –, sarebbe un governo da smantellare. In effetti, ci ha provato senza successo e la cosa – probabilmente – gli brucia enormemente.

Il futuro è nero. E nero è anche lo scenario sempre travagliato da una forte crisi economica che se da qualche parte in Europa o nel Mondo vede spiragli d’uscita non li coglie nella nostra Italietta delle tasse. Intanto, da noi, i giovani disoccupati sono il cinquanta per cento. E i migranti, a migliaia, assediano le coste.

Tutto è in disordine. Le riproposte di progetti antichi (il ritorno di Forza Italia, come vent’anni fa) hanno già fatto il loro corso. La Lega, virtualmente legata al Berlusca, almeno qui al Nord, non è certo quella dei tempi d’oro, confusa come sta tra le paleolitiche leadership (Bossi) e le neolitiche (Maroni, Tosi). Anche l’opposizione grillina pare battere la fiacca: i sondaggi (opportuno crederci?) la darebbero al 21 per cento, con un calo rispetto a febbraio. E quando si comincia a scendere…

Che fare? si domandava Lenin mentre, dopo essere stato condannato a tre anni di deportazione in Siberia, girovagava sui treni per trasferirsi in esilio verso Monaco di Baviera e poi verso Londra. Che fare? pensa il Silvio per riacquistare credibilità e potere (ma non è già uno degli uomini più ricchi d’Europa?).

L’ipotesi di lanciare nell’agone la figlia Marina, in chiave antirenziana e come neo-leader della rinnovata Forza Italia, a detta di molti (ma non del “vecchio” alleato Umberto Bossi, che di figli in politica ha una certa esperienza) potrebbe essere la trovata del secolo. Si va avanti a smentite e a pseudoconferme, così come accadde nel 1994 per il Berlusca: “Io in campo? No e poi no… Magari un giorno, forse… E adesso ho deciso di scendere: eccomi qua!”. Con grande disdoro di Achille Occhetto e della sua oliatissima, ma perdente, macchina da guerra.

Matteo Renzi – avrebbe detto Mario Pio – “improsegue imperterrito”. E sembra quasi, non ne vogliano male gli uomini del PD che sette mesi fa l’avevano sbertucciato quand’era forse il suo momento, una specie di Berlusconi d’antan. Stesse visioni, stesse promesse. Nessun processo.

Ma sono passati quasi vent’anni, dalla prima discesa di Silvio, e Renzi allora aveva appena finito il liceo ed era un bravo concorrente di “La Ruota della Fortuna” su Canale 5. L’Italia nel frattempo non è migliorata, non è ingrassata vogliamo dire. Se è potuto accadere, ciò ha riguardato i partiti. Le riforme annunciate che li dovrebbero toccare nel portafoglio, cioè nei finanziamenti, andranno a regime nel 2017. Forse, chi lo sa. Tempi lunghissimi per tutti, e soprattutto per la politica. Magari a quei tempi gli abitanti di Marte scorrazzeranno nelle strade della Terra.

Renzi insiste, e adesso fa proseliti (meglio: ne fa un po’ più di prima e li cerca nel centrodestra mentre nel centrosinistra, fiutato il vento, scendono e risalgono sui carri). Ad ascoltarlo però viene da replicare che non c’è niente di nuovo sotto il sole; tutte cose già viste e sentite. E i suoi figli sono ancora troppo piccoli per scendere in campo.

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