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Politica

TRAMONTO DELLA SECONDA REPUBBLICA

CAMILLO MASSIMO FIORI - 06/12/2013

Silvio Berlusconi è stato escluso dal Parlamento ma non si sa se uscirà anche dalla scena politica; dopo tutto in Italia vi sono ancora dei cultori del primo “uomo della provvidenza” che, nel bene e nel male, ha lasciato una traccia più profonda del Cavaliere di Arcore. Se non è la fine, la sua decadenza dalla carica di senatore, in seguito alla condanna definitiva per frode fiscale, è sicuramente l’inizio di un declino irreversibile.

Aitante nel fisico, nonostante le sue settantotto primavere, B. è stato logorato dal potere che ha

esercitato per un ventennio; la sua figura ha segnato una fase controversa della nostra storia e ha influito sul nostro costume nazionale.

Qual è la sua eredità?

Indubbiamente ha dato continuità, dopo la caduta del sistema dei partiti a causa della irrisolta “questione morale”, alla nostra malferma democrazia che minacciava di collassare nel caos. Legittimando due forze potenzialmente eversive come la destra di Fini e la Lega di Bossi ha introdotto in Italia una discussa forma di “bipolarismo”, muscolare e fazioso, e ha reso possibile l’alternanza di governo anche perché è venuto meno, con la dissoluzione dell’Unione Sovietica, il “pericolo comunista”.

Molti sono convinti che B. è stato l’imprenditore lungimirante e innovatore che ha contribuito, prima da imprenditore e poi da “premier”, alla modernizzazione del Paese. Altri sono di parere avverso e lo considerano uno spregiudicato corruttore della vita nazionale, un personaggio privo di morale e di senso delle istituzioni che ha piegato ai suoi interessi personali. Ai posteri l’ardua sentenza.

È un fatto però che, durante l’ultimo ventennio, la società italiana è cambiata in peggio.

Il Paese ha perso più di dieci punti percentuali del reddito lordo, è diventato più povero, sono aumentate le disparità sociali, l’alto livello delle tasse ha ridotto i consumi trascinando all’ingiù la produzione e la disoccupazione è a un livello drammatico.

È vero che la grave crisi economica ha pesato non poco sulla conduzione della politica ma gli altri Paesi europei stanno quasi tutti superando la congiuntura negativa mentre l’Italia ristagna.

Più sconvolgente è stata la mutazione antropologica dei nostri cittadini: nel dopoguerra gli italiani erano riusciti a realizzare una autentica democrazia, a cambiare un paese prevalentemente agricolo nella settima potenza industriale, a costruire un sistema di sicurezza sociale che, nonostante le pecche, è tuttora tra i più avanzati.

Abbiamo perso la speranza in un futuro migliore, non crediamo più nella politica come mezzo collettivo di riscatto; il connubio “politica -.affari” ha spento in molti il senso dell’iniziativa e della responsabilità personali, ha offuscato la consapevolezza del bene comune, ha corroso i fondamenti dell’etica. Gli italiani “brava gente” si sono trasformati in un popolo cinico che scarica sulla politica tutte le responsabilità ma non si fa carico della propria responsabilità, a cominciare dal “voto di scambio” ai comportamenti criminogeni.

Lo Stato italiano è conciato così male perché sono molti i politici che “rubano” ma sono troppi anche i cittadini che truccano le carte per avere benefici destinati ai poveri ed evadono le tasse dovute. Una volta ci “si arrangiava” per sopravvivere, adesso i disonesti non sono quelli che vivono del proprio lavoro ma i benestanti. Ci crediamo furbi mentre in realtà contribuiamo con i nostri comportamenti a destabilizzare il Paese. Le Regioni, che dovrebbero dovuto realizzare un governo federale più vicino ai bisogni delle gente, sono state un esperimento di federalismo negativo che ha dilapidato le risorse senza realizzare i propri obiettivi: la diminuzione della spesa pubblica, la maggiore efficienza della sanità, la tutela del territorio.

Con l’uscita di scena di Berlusconi si chiude una stagione che da nessun punto di vista può essere considerata soddisfacente e si avvia probabilmente a conclusione anche la seconda Repubblica; finisce il bipolarismo ma la governabilità del sistema Italia resterà un problema serio se non si supereranno le divisioni e la frammentazione e non ci si ritroverà insieme in una rinnovata concordia nazionale.

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