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Editoriale

LA FINE

CAMILLO MASSIMO FIORI - 25/04/2014

I black bloc salveranno la Seconda Repubblica? (dal blog di Beppe Grillo)

La seconda Repubblica non c’è più, se mai c’è stata ora è finita; si è conclusa una fase della nostra storia dopo il crollo dei partiti tradizionali, l’ascesa prepotente della Lega, la discesa in campo di Berlusconi, le legittimazione del post-fascismo e le mutazioni del post-comunismo.

Vent’anni fa il sistema democratico italiano, che aveva raccolto la sfida che gli veniva portata dalla sinistra, subì il sopravvento di una destra insidiosa e tenace che da sempre affonda le sue radici nell’atavico “familismo amorale” degli italiani. Però non è più la destra della conservazione ma una componente dinamica che vuole rimuovere tutti i legami e le limitazioni che impediscono al mercato di autoregolarsi nell’illusione di un automatismo che è smentito dai fatti.

Il “berlusconismo” è stata una risposta, sbagliata ma popolare, di efficienza e di cambiamento che è emersa nei primi anni Novanta. Doveva essere il trionfo del “nuovo”, la rivoluzione liberale, un nuovo inizio sostenuto da un vasto movimento di popolo: la “gente” è stata innalzata al posto dei partiti mentre la televisione ha profondamente rimodellato la politica. In Berlusconi si sono sommati il potere economico, quello mediatico e quello politico; nessuno prima di lui aveva avuto così larghe possibilità di intervento per cambiare l’Italia ma il risultato è stata la stagnazione. La democrazia berlusconiana ha preso la forma di un “sindacato del populismo” ma in realtà nel ventennio la politica si è ristretta e impoverita e la democrazia sembra devitalizzata.

Le strutture attuali della politica sono diventate moderne monarchie mentre il leaderismo dei partiti, favorito dalla legge maggioritaria, ha ridotto gli elettori all’irrilevanza e i quadri dirigenti all’impotenza. Ogni leader crede di poter modificare il corso delle cose per la spinta della propria forza personale; il personalismo nasconde la mancanza di una elaborazione culturale e di un impegno collettivi. Questa piramide di potere, accentrata nei vertici, si è però rivelata fragilissima e ha dimostrato la sua incapacità di trovare delle risposte alla grave crisi economica che ha investito l’Occidente.

La crisi del “berlusconismo” non dipende dalle vicende giudiziarie del leader ma dal fallimento di un modello culturale ed economico inadeguato. Il consenso è stato eroso non dai giudici ma dagli errori politici; sono state sciupate occasioni storiche come l’ingresso nell’euro che ci aveva dato vantaggi che sono stati ignorati, la scelta del personale dirigente è stata suggerita da motivi di facile popolarità e non ha tenuto in alcun conto le necessarie competenze.

Sulla scena politica sono comparsi nuovi soggetti politici chiaramente “post-moderni”, come il Movimento 5 Stelle che non si colloca né a destra né a sinistra ma “altrove”, cioè nell’area della protesta radicale contro le istituzioni, ma che ha tuttavia dimostrato di saper conservare nel tempo un consenso notevole. In nome della “rete” Grillo si fa alfiere di una idea assembleare della democrazia ma quella idea nasconde un inganno perché Grillo e Casaleggio si comportano come despoti nascosti dietro un sipario. Il Movimento 5 Stelle, comela Lega, nasce dal degrado della politica, in opposizione non solo ai partiti ma alle istituzioni, secondando l’opinione pubblica che non crede più nella rappresentanza e non vuole dare deleghe a nessuno.

La Legaè ancora una forza opportunista che, nonostante gli scandali che hanno coinvolto la sua classe dirigente, continua a cavalcare la battaglia xenofoba contro gli immigrati e i diversi, anti-europeista, anti-statale e anti-tasse. Nonostante siano nascosti dietro il falso mito delle “piccole patrie” non sono concetti innocenti, anzi possono divenire pericolosi in una società dove, per vicende secolari, il senso dello Stato e della comunità è ancora debole e ciascuno privilegia il proprio interesse.

Nella società italiana permangono tenaci radici individualistiche ma compare anche un fenomeno nuovo come risultato di quella “silent revolution” che mette in primo piano i valori post-ideologici e post-materialistici come i diritti civili, la tutela dell’ambiente, la pace, lo sviluppo sociale.

Mentre nella “società fordista”, composta da classi antagoniste, il conflitto politico riguardava la ripartizione dei beni materiali, la prevalenza di due forze politiche secondo uno schema bipolare, nella “società post-moderna”, di ceti medi differenziati, lo scontro riguarda invece i beni immateriali, le identità, gli stili di vita e di consumo, i principi valoriali.

La politica era rimasta bipartita anche nella seconda Repubblica fra un’area di centro-sinistra ed una di centro-destra; oggi questa struttura fondata sulla divisione bipolare dello spazio politico è messa in discussione; destra e sinistra sono concetti che appartengono al passato e non dicono più nulla; nella società prevale un nuovo modo di far politica che tuttavia trova un limite nella disinformazione dei cittadini e nella loro difficoltà a capire i problemi complessi. Berlusconi e ora Grillo hanno puntato sulla illusione che la democrazia si legittimi attraverso l’interesse emotivo del popolo; quella scommessa si è però rilevata fallimentare e tale esito ha accresciuto il senso di smarrimento e di malessere dei cittadini.

La seconda Repubblica si sta afflosciando su stessa come un foglio di carta straccia perché la politica non può essere solo lo specchio di un popolo inquieto ma è invece l’esercizio di una responsabilità, se questo compito viene meno si forma un vuoto. La “silent revolution” non può restare senza una guida autorevole perché non produce automaticamente un’alternativa, ci vuole una guida e una volontà collettiva.

Siamo in una delicata fase di trasformazione, forse non altrettanto drammatica di quella di vent’anni fa ma probabilmente più profonda: non possiamo assistervi da spettatori disinteressati perché riguarda tutti noi e il nostro futuro.

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