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Società

ROSITA, IL COLORE DELLA NOBILTÀ

LUISA NEGRI - 09/05/2014

Ci sono nomi di cui andiamo a testa alta nel mondo e imprese che tanto stimiamo da sentircene tutti un po’ parte.

Stiamo parlando del nostro Paese e anche della nostra piccola patria varesotta, non quella deformata dalla lente impietosa di chi ci guarda come terra di soldi e intraprendenza spregiudicata. Ma quella autentica di chi ha creduto in sé e continua a credere negli altri, distribuendo con lo stipendio pane e serenità.

Un nome in particolare da anni fa onore al made in Italy, quello dei Missoni, che tutti conoscono nel mondo e reca come bandiera di famiglia una coloratissima trama di maglia, intessuta di fantasia e colori.

Tra i grandi del made in Italy locale non sono i soli, ma sicuramente svettano per originalità -inutilmente imitata – e riconoscibilità. Tessuti come arazzi, colori rubati al paesaggio, alla freschezza inventiva di antiche etnie o alla rivisitazione delle mescolanze cromatiche dei grandi maestri dell’arte. Solo loro sanno farli. A volte fili e colori s’intrecciano, come il fluire delle parole nelle trame dei migliori racconti, o s’impennano e vibrano come note sfuggite allo spartito. Ne escono creazioni di gusto inconfondibile, sempre diverse eppure sempre uguali, in quel comune cliché di bellezza e originalità che appartiene alla ditta Missoni e le ha ottenuto i più alti riconoscimenti e premi in campo internazionale. Ma ciò che ne ha reso ancor più gradita l’immagine è la stessa della coppia che fin dall’inizio l’ha voluta e guidata, una coppia nota, e formidabile, quella di Ottavio e Rosita Jelmini, partiti da una piccola realtà produttiva e approdati ai vertici del mondo della moda e a un’impresa modello, con sede in quel di Sumirago.

Da un anno lei è rimasta sola, esile e determinata, a rappresentare la sua grande famiglia di figli e nipoti vestita di colore. Lui ha spiccato da qualche tempo il suo ultimo balzo di atleta, perché fu atleta pluripremiato, anche olimpionico, all’epoca in cui lei lo conobbe e se ne innamorò “ bello – si lasciò scappare poi, ricordando l’incontro con amici e giornalisti – come un dio greco”. Rosita continua ancora il suo cammino tranquillo, ma solido e ostinato, insieme con la sua impresa e con la famiglia.

Giusto che la Famiglia Bosina abbia ravvisato e premiato in lei, con il riconoscimento recente della Girometta d’oro, certe caratteristiche nobili di un vivere di provincia che allontana ogni ombra di provincialismo. E fa prevalere intelligenza e operosità, creatività e buon esempio di una famiglia e di un fare industria che tende al benessere non solo di chi comanda, ma di tutti quelli che alla riuscita di un prodotto collaborano con entusiasmo, magari per una vita.

La signorilità la contraddistingue da anni, come sanno quanti hanno avuto occasione di incontrarla, in privato o in veste di personaggio nel mondo della moda: è nel tratto cortese di chi non si nega, se necessario, ma predilige comunque non mostrarsi troppo. È nella partecipazione alla vita del territorio, mai lasciato neppure in vista di paesi più promettenti per profitti economici o attrattività del paesaggio. È ancora nel farsi carico di tante benefiche elargizioni, con la discrezione che ne contraddistingue lo stile riservato. È anche nel pudore del dolore. Nel saper distaccarsi da chi tanto si è amato, il marito, e prima ancora il figlio Vittorio tragicamente scomparso, nascondendo le lacrime.

Un esempio fortificante per tutte le donne. E un modello da seguire per tante giovani che hanno voglia di lottare in questi avversi tempi.

Durante la premiazione, Rosita Missoni ha ricordato la predilezione per questa terra di luce, terra di laghi e di montagne che, d’accordo con Ottavio, non ha mai abbandonato. E per certe persone speciali entrate in punta di piedi nella sua vita, come lei stessa ha fatto in quella di chi l’ha conosciuta. Ha rammentato l’esperienza a fianco di una giovane, presentatasi a cercar lavoro a soli quattordici anni, poi diventata dirigente e presenza insostituibile della ditta.

E allora si può ancora credere, ci fa intendere la sua laboriosa vita, sorretta dall’aiuto di tante altre “ragazze” dalle teste ormai candide, forti come lei. Si può guardare al domani con la stessa dolcezza e fermezza.

 

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