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Politica

ULTIMA CHANCE PER L’EUROPA

CAMILLO MASSIMO FIORI - 30/05/2014

Le elezioni per il Parlamento Europeo hanno evidenziato un sentimento di sfiducia non solo verso le istituzioni europee ma nell’intero sistema politico. L’alta astensione dei votanti e l’avanzata dei partiti populistici dimostrano che i cittadini hanno perso la fiducia nella capacità delle istituzioni di mantenere le loro promesse.

Di fatto viene contestato il principio di rappresentanza che assegna alle élite il compito di portare nelle istituzioni i desideri e i bisogni dei cittadini. Ma le élite non hanno più questo potere: i processi di globalizzazione e di deregolamentazione promossi dalla “rivoluzione neoliberista”, di matrice americana, hanno portato alla graduale separazione tra potere e politica.

Gli Stati nazionali non hanno più le leve per governare l’economia e sono stati sostituiti dal potere finanziario che opera in una dimensione sovranazionale. In questo modo si è creata una separazione tra la capacità di decidere a livello nazionale rispetto al mercato che risponde ad una logica supernazionale con il conseguente sottoutilizzo della mano d’opera e degli impianti industriali. Nei tre decenni si è consumata la scissione tra potere e politica, il potere risiede in un ambito non bene definito, la politica invece ha una dimensione nazionale ma è un guscio vuoto. L’Unione Europea ha le mani legate dai governi nazionali, ma questi ultimi sono condizionati dal potere dei mercati; con la deregolamentazione sono state scatenate delle forze che nessuno è più in grado di dominare.

La “rivoluzione neoliberista” ha introdotto una concezione in cui il mercato è la misura di tutte le cose che ha travolto i valori fondamentali dell’eguaglianza, dell’onestà, del rispetto delle regole. L’attività dei governi viene percepita come un modo per consentire ai ricchi di accrescere la loro ricchezza mentre la moltitudine dei cittadini va incontro ad un impoverimento irreversibile. L’individuo viene gravato del compito di contrastare gli effetti distruttivi del mercato che persegue il profitto a scapito di tutti gli altri valori e deve trovare soluzioni individuali a problemi comuni che lo Stato non è più in grado di sostenere. Di qui il senso di impotenza, di delusione e di rabbia dei cittadini europei verso la politica e i politici che non riescono a venire a capo dei problemi sociali, aggravati dalla lunga crisi economica.

L’Unione Europea è apparsa inadeguata nell’affrontare la crisi economica e ha aggravato la recessione con le misure di austerità. Di fronte al passaggio dal livello degli Stati-nazione alla dimensione sovranazionale e globale l’appartenenza all’Unione è un punto di forza per il nostro continente. L’Unione Europea può mobilitare persone e risorse per contrastare la deriva neo-liberista; essa è il secondo mercato mondiale e possiede un patrimonio di tradizioni e di valori per costruire un diverso modello di sviluppo.

Occorre però uscire dall’attuale stato di smarrimento e impostare programmi, non solo economici ma anche politici, in modo da trasformare le istituzioni comunitarie in casse di risonanza della volontà dei popoli.

L’Italia che sembrava sull’orlo di una crisi di nervi, con il Movimento di Grillo favorito dai sondaggi, ha invece dimostrato di essere più matura rispetto alle altre democrazie europee; non si è lasciata incantare dalla chimera populistica ed ha premiato il Partito Democratico che, più di altri, si è impegnato sul piano della governabilità.

È in atto un forte e inaspettato riposizionamento dell’elettorato che sembra aver abbandonato la tradizionale distinzione tra “destra e sinistra” in favore di una visione distingue tra il “vecchio” e il “nuovo”. Il ceto politico è consapevole di tale trasformazione epocale e si spera che sia conseguente nel trovare non solo gli aggiustamenti necessari, ma un nuovo progetto per l’Italia e per l’Europa.

 

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