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Apologie Paradossali

L’ARTISTA DELLA TAVOLA

COSTANTE PORTATADINO - 04/07/2014

Per una volta unanimi, Sebastiano Conformi e Onirio Desti mi ingiungono: “Basta mondiali e basta politica, soprattutto basta con questa stantia metafora del calcio come vita, della Nazionale come lo Stato, il Paese,la Nazione, l’economia e via discorrendo. Ci sguazzano tutti!”.

Hanno ragione. Guai se poi vincesseLa Germaniao un’altra squadra europea; senza più scuse, come condurremmo il semestre europeo? Il CT? Renzi e Berlusconi d’accordo, lo prenderebbero dalle giovanili. Il presidente della FIGC, ancora d’accordo: una donna. Perché non Barbara? In cambio dell’Italicum.

Ma hanno proprio ragione, quindi, a sorpresa, apologia del gusto.

Intendo proprio il senso, il veicolo della più primordiale esperienza, elevabile tuttavia a carattere distintivo della signorilità: costui ha buon gusto! Spero perciò non vi sembri un eccesso di narcisismo se vi racconto la banale esperienza di un pranzo e di quelle sensazioni che ne sono derivate.

Banale? Snobistica l’idea di andare apposta a Modena per pranzare alla Osteria Francescana dello chef Massimo Bottura? Ammetto che una spinta è venuta dal terzo posto nella classifica dei migliori ristoranti del mondo (nemmeno qui vinciamo, però va già meglio), ma la curiosità è stata incrementata da un rapido sguardo al sito internet, da cui spirava un messaggio di asciutta contemporaneità, una sensibilità artistica essenziale. Questo è il punto.

Non vi racconterò il menù, non mi è venuta la tentazione di fotografare i piatti col telefonino, burinata pazzesca. Mi riesce anche difficile riferire delle sensazioni gustative e olfattive e, paradossalmente, soprattutto visive; devo rimandarvi ad una visita al sito internet e alla contemplazione (sì, ripeto e insisto, alla contemplazione) dei piatti, della loro preparazione e dell’ispirazione artistica e filosofica di ciascuno.

Perché stupirsi, se un artista usa, anziché solo pennelli e colori, scalpello e marmo, strumenti musicali o fotografici, anche materie gustative e sa comporre un’offerta plurisensoriale, uno stimolo che affascina sotto vari aspetti? Vale la pena di ricordare che l’esperienza di bellezza comincia già dalla soglia del locale: la sua collocazione in una strada secondaria del centro di Modena, l’assenza di pubblicità esterna, l’accoglienza del personale, rispondono ad una scelta estetica precisa e coerente: non si va incontro ad un’abbuffata, ma ad una esperienza spirituale, una convivialità riflessiva, persino introspettiva, non al soddisfacimento di una ghiottoneria. Ancor più essenziale, quasi mistico, l’ambiente interno e inusitato l’atteggiamento del personale di servizio: accompagnatori, tutori di un’esperienza inusitata, nient’affatto simili a osti o camerieri.

Del cibo non vi dirò nulla, guardate le guide specializzate, se ci tenete. Dirò solo che arrivato al dessert, al piatto denominato “Camouflage”, mi è stato presentato un magnifico quadro astratto, che quasi avrei voluto lasciare intatto, se non fosse che apparteneva proprio alla poetica dell’effimero, di quegli eventi che esistono proprio per finire, per entrare a far parte dello “spettatore” che finisce così di essere tale e diventa, come dovrebbe essere sempre, parte dell’opera d’arte, non potendosi mai separare l’opera dal suo godimento. “Camouflage”, con il suo contrasto dolce-salato, con il suo essere lepre nel bosco, visibile solo agli occhi dello spirito, con il sangue di lepre mescolato agli ingredienti tradizionali è finito dentro di me, ma non solo nel corpo.

Rimane da spiegare un paradosso, rispondendo all’insidiosa domanda di Sebastiano : “Perché Francescana, per un posto dove spendi tot euro, che ne so, dieci volte più che in qualsivoglia osteria o pizzeria?”.

Ignoro se ci sia una ragione particolare, personale o tradizionale, nella scelta del nome. Per conto mio rispondo a me stesso che vedo il nesso nell’essenzialità e insieme nella completezza dell’esperienza fatta, proprio come il messaggio di san Francesco, riportando il messaggio cristiano all’essenziale, gli ha consentito di non lasciar fuori nulla di quel che c’è di positivo nella realtà, soprattutto di bello. Non posso fare a meno di pensare alla pittura di Giotto, così essenziale e “completa”, nell’usare l’immagine esteriore per condurre ad un’esperienza interiore. Perciò, cari seguaci di RMFonline, non fatevi turbare, non sentitevi defraudati di un marchio di fabbrica, ma apritevi ad un’esperienza nuova e suggestiva, se potete, magari rinunciando a qualcosa di più superfluo della bellezza.

P.S. Onirio mi prega di aggiungere a suo nome: “I video presenti sul sito internet di Osteria Francescana sono un sogno!”

 

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