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Cultura

NEL MONDO DI MARIO RIGONI STERN

VEZIO ZAFFARONI - 06/02/2015

rigoni-sternDi recente, Sergio Di Benedetto, un insegnante che attualmente svolge la propria attività come ricercatore all’Università di Lugano ha avuto modo di avere un “incontro ravvicinato” con l’attività letteraria, e l’ambiente in cui questa si è sviluppata, dello scrittore Mario Rigoni Stern. Gli ho rivolto qualche domanda su questa esperienza.

Immedesimandoti in questa esperienza qual è la prima cosa che ti viene in mente? Qual è la sensazione che hai avuto e che ti porti dietro?

Si può camminare in un libro, o meglio ancora, nel titolo di un libro? Io ho avuto la fortuna di compiere questa esperienza, perché ho camminato nel Bosco degli Urogalli. Qualche giorno fa ero ad Asiago per svolgere delle ricerche sull’opera di Mario Rigoni Stern: era primo pomeriggio, la pioggia era da poco cessata, e dopo aver parcheggiato l’auto nei pressi della casa dello scrittore, dove la vedova mi stava aspettando, ho calzato gli scarponi da montagna e preso la via del bosco. In salita, lasciando sulla destra la casa di Ermanno Olmi e a sinistra casa Rigoni, seguendo un sentiero che si inerpica lungo il tracciato di una vecchia mulattiera, mi sono immerso nella foresta, umida e silente, eppure colma di vita nascosta. Il bosco della Val Giardini non è filologicamente quello degli urogalli, cantato con tratti quasi epici dall’autore dell’Altipiano, ma a me così è parso, donandomi quella suggestione che solo i libri amati sanno dare. A ogni passo l’attesa era di vedere un animale, un urogallo forse… La passeggiata era il degno e giusto coronamento dei miei giorni a contatto con Mario Rigoni Stern, uno dei massimi scrittori del secondo Novecento.

Come è nata l’idea di interessarti dell’attività letteraria dello scrittore vicentino e di andare dove lui ha vissuto?

Avevo conosciuto il figlio Gianni a Vedano, durante la presentazione del suo progetto Transumanza della Pace; gli avevo accennato dei miei studi sul padre, come ricercatore dell’Università di Lugano, ricevendo informazioni importanti sui materiali che andavo indagando. Poi la richiesta arrivatami dal mio direttore d’Istituto, Carlo Ossola, a sua volta antico amico della famiglia Rigoni, di compiere ulteriori approfondimenti in loco. E un viaggio organizzato in poco tempo, con un amico già conoscente della famiglia dello scrittore, grazie alla disponibilità della vedova, Anna: lucidissima e accogliente signora di novantatre anni, che fa delle leggi dell’ospitalità una condotta di vita, come il marito amava e voleva.

Ad Asiago che cosa hai fatto e che esperienza hai vissuto?

In Asiago non solo ho potuto trovare i libri che cercavo e che mi permetteranno presto di terminare un saggio su Rigoni Stern, ma più di tutto ho gustato il clima di casa Rigoni, ascoltando i racconti di Anna, davanti a una calda tisana: ha parlato di Russia, quella dei racconti di Mario e quella visitata dopo la guerra, ha accennato ai rapporti con gli altri scrittori (Primo Levi, Nuto Revelli, Beppe Fenoglio), ha ricordato la caccia, la giovinezza, i libri letti e scritti dal marito, che aveva una vita tanto fedele alla scrittura da dare ritmo alle giornate dell’intera coppia. Gli alunni delle scuole, il cane Cimbro, protagonista di un racconto di Aspettando l’alba, la malattia, il mondo dell’editoria: tutti temi che condivano piacevolmente le mie pause di lavoro. Con una generosità senza pari nel mondo degli eredi degli autori, mi ha lasciato carta bianca con una fiducia traboccante: ho potuto consultare l’intera biblioteca di Rigoni Stern, stando seduto a lavorare nel suo studio, al suo scrittoio. Da quella postazione autorevole, cui non si può accedere senza un po’ di tremore, lo sguardo si volge alla finestra, che dà sul bosco e sulla strada che lascia il paese e si inerpica verso le montagne. Quella finestra da cui tante volte lo scrittore raccontava di avere visto caprioli, volpi, cervi… E poi lì, appeso al muro, proprio di fronte al tavolino, il cappello alpino del sergente, compagno di guerra e di vita. Lettere, cimeli, quadri di ammiratori e di amici, e poi libri, tanti da occupare tre stanze al primo piano: questo ho avuto di fronte nelle mie ore di lavoro.

Quindi sono stati giorni intensi e davvero interessanti…

Giorni ricchi di umanità, memorie, letteratura (e anche cinema, avendo avuto la possibilità di visitare una parte del set dell’ultimo film di Olmi, Torneranno i prati, girato sull’Altipiano). Non avrei potuto aspettarmi di meglio: è mancato solo un piccolo fatto, che avrebbe sigillato il mio viaggio ad Asiago: lo scricciolo che annuncia la prima neve, come ci ricorda Rigoni nell’ultima pagina di Stagioni, da lui mandata a stampa prima della morte: “Una mattina di dicembre vedrai il cielo uniformemente grigio, le montagne dentro le nuvole, i boschi più scuri e, da una catasta di legna, schizzar via lo scricciolo. Il suo campanellino d’argento ti dirà prossima la prima neve”.

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