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Editoriale

COSE BELLE

MASSIMO LODI - 13/03/2015

editorialeIl sindaco Fontana presenta un esposto alla Procura della Repubblica nei confronti di Daniele Zanzi, leader del comitato #Varese2.0. Non ne rivela il contenuto. Si sa (1) che riguarda vicende dell’epoca in cui Zanzi era presidente della Commissione del paesaggio, nominato dal Comune. Si sa (2) che evidentemente non sussistevano motivi d’incompatibilità tra la professione di Zanzi, agronomo di fama internazionale, e il ruolo municipale conferitogli. Si sa (3) che, essendo egli assegnatario d’intraprese anche locali, quando accadde che la commissione discutesse di questioni che lo riguardavano sia pure marginalmente, usciva dall’aula. Si sa (4) che dopo aver guidato la protesta contro il parcheggio sotterraneo nel parco di Villa Augusta, venne dimissionato dall’incarico. Si sa (5) che gli altri commissari lasciarono il posto per solidarietà con il collega rimosso. Si sa (6) che prima e dopo aver presieduto quell’organismo, Zanzi ha portato entusiasmo, competenza, passione in innumerevoli battaglie civiche. Soprattutto ci ha messo disinteresse personale. Si sa (7) che, figurando tra i promotori della contestazione al posteggio-bunker della Prima Cappella, ricevette e séguita a ricevere accuse di complottismo politico. Si sa (8) che invece avrebbe meritato, e meriterebbe, un pubblico riconoscimento di galantuomo, sulla scia e nel segno di varesini di precedenti epoche degni di tal nome. Si sa (9) che nessuno di solito è profeta in patria. Ma è una cosa bella che talvolta qualcuno lo sia. Si sa (10) che nel caso di Zanzi è una di queste volte.

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“Non scrivete solo di ladri, morti, polemiche. Date anche messaggi buoni, parliamo delle cose belle”. Il monito ai mass media viene dal parroco di Malnate che lamenta: surplus di pessimismo e criticità, deficit d’ottimismo e speranza. Una colpa grave: se il tramite fra i fatti e le opinioni influenza negativamente il vivere quotidiano, ne vengono guai a tutti.

È davvero così? Diciamo (ci tocca) dei giornali. Primo, devono documentare quanto accade. Se vi si sottraggono, che professionalità dimostrano? Secondo, non rendono conto del male e basta. Spesso anche del bene. Poi è vero che il male fa più notizia del bene, e la Chiesa lo conferma: spende molte parole, molti anatemi, molta preghiera per sconfiggere il male col bene. Riconoscendo la diffusione dell’uno e auspicandone il ridursi grazie all’altro.

Terzo, a proposito di polemiche: la stampa ha ragion d’essere solo perché antipotere, altrimenti che stampa si rivelerebbe? Se corrisponde alla sua vocazione, e controlla chi comanda a nome di chi obbedisce, è possibile/probabile il rimedio a fregature collettive. Svolge un ruolo democratico di salvaguardia popolare, e denunziando il peggio favorisce – o almeno cerca di favorire – il meglio.

Quarto e infine: il problema non è quali notizie dare. È il modo di darle: 1) senza pregiudizi, interessi, obliquità, sensazionalismi; 2) seguendo la bussola (la vera cosa bella) dell’onestà intellettuale. I giornalisti non aspirano al sogno di mestieranti obiettivi, ma al realismo di persone credibili. In questo, e pur peccando, si sentono cristiani: qualunque lavoro, perfino lo scrivere, è per l’uomo e non viceversa. Un’idea cui sono devoti come un fedele alla sua parrocchia.

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Il Varese che cambia e ricambia allenatore in una settimana lascia di stucco perfino i più navigati pirati del mare calcistico. E poi, il resto, oltre all’allenatore: un presidente che ha abbandonato qualche settimana fa, un vicepresidente che se n’è andato pochi giorni orsono, un direttore sportivo cacciato e riaccolto. Un sacco di cose brutte, una in fila all’altra. Eventi che ci hanno imposto la scomoda vetrina nazionale, e messi in grave imbarazzo. Dov’è finito il leggendario stile provinciale biancorosso, cioè un modo d’intendere lo sport con intelligenza, capacità, saggezza? Eppure una cosa bella c’è. Che alla fine d’un simile giro infernale di rivoluzionamenti, ha prevalso la varesinità. Vicepresidente un varesino (Papini), allenatore un varesino (Bettinelli), direttore sportivo un varesino (Ambrosetti). Si potrà anche finire in Lega Pro, patendo la retrocessione. Ma almeno vi si finirà sventolando una bandiera, esibendo un orgoglio, affidandosi a un’identità. Valori superati nella contemporaneità, forse. Ma in realtà valori insuperabili da qualunque modernismo. Ricordarsene, ogni tanto, non è male. Anzi, fa un gran bene. E che il pallone rotoli dove gli pare.

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L’ultima e miglior cosa bella, in extremis (che fiore d’extremis). E’ una margherita, nel campo quotidiano della gramigna. Il Papa rivela: mi manca tanto la pizzeria. Così, alla mano, in un’intervista alla tivù messicana. Gli mancano la semplicità, la libertà, la comunità. Quella piccola, che conosciamo tutti: stare con gli altri in un momento ricreativo, dirsene quattro e qualcosa di più, sorridere, scherzare, gioire. Ne sentiamo il bisogno, nell’affannato vivere al contrario: tra il patire.

Bergoglio che annuncia il giubileo della misericordia e, insieme, commenta i primi due anni del suo servizio all’ecumenismo cattolico ci riconcilia con la normalità: la vita che sfanghiamo, e non sempre ci riesce di sfangare. Muove ad essergli complici: lui come noi, pur se noi non come lui. Poi ci colpisce l’accenno shocking alla brevità: il mio pontificato non durerà molto. Forse una profezia, forse no: solo un cenno di realismo.

Opportuno, però, aldilà dell’orizzonte pontificio: ah, la brevità del tutto, che niente c’induce di solito a considerare. Tiriamo dritto, scivoliamo sulla superficie, non scendiamo nella profondità. Dello spirito, dell’esistere, dell’anima. Eccolo, il punto: ritrovare la gerarchia vera delle importanze umane. C’è modo e modo d’indicarlo, il punto. Francesco lo addita alla sua sorprendente maniera, pur se ormai sperimentata: allarga le braccia, e dà una stretta al cuore. L’avvertiamo forte, qui in una delle periferie che somiglia molto, nella distanza dal centro del potere, alla Baires da lui evocata quando s’insediò a Roma. Disse: vengo dalla fine del mondo. Un principio di colloquio universale che continua.

 

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