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Apologie Paradossali

DIVERTIAMOCI SUL SERIO

COSTANTE PORTATADINO - 30/04/2015

calcio(S) Dobbiamo imparare dalla Thatcher.

(C) In quale materia? Economia, Europa, Falkland?

(S) Macché, la sua più grande vittoria è stata quella contro gli hooligans, ha rimesso in piedi la credibilità del calcio inglese e ha attirato investitori, sceicchi, magnati russi e non solo quelli, dobbiamo deciderci anche noi a frenare la caduta del calcio italiano, il suo diventare cattivo esempio per tutta la società: bombe carta, cazzottoni negli spogliatoi, offese a parenti di morti, corruzione, fallimenti, Parma fallito, Varese retrocesso, Milan venduto. Tutto in vendita. Non ti basta per affrescare un giudizio universale e trarre da tutto questo le tue amene apologie? Provaci se ci riesci!

(C) Ma ti pare che con tutto quello che è successo, Nepal, Mediterraneo…

(S) Insisto, di questi argomenti troppo seri scriveranno anche altri Forse potrei stuzzicarti anche con l’Italicum. Insisto tuttavia su questo, perché il calcio ci fa sognare, ci fa arrabbiare, ci delude, ci divide eppure ci unisce: da noi in Italia è uno dei pochi fenomeni che aiutano a stabilizzare l’identità personale: un italiano può cambiare facilmente partito, moglie o marito, religione, alleato in guerra, lavoro (se ci riesce), marca di caffè e ogni genere di preferenza, ma non cambierà mai la squadra di calcio per cui tifare. Poi è un fenomeno globale, è come se fosse un linguaggio unificante. Sergio, tuo figlio mi ha raccontato della Guinea Conakry, come nel mezzo del problema dell’ebola il calcio resti la principale attrattiva dei giovani e dei bambini che, poverissimi, sono felici se possono indossare una maglietta di una squadra famosa, magari stracciata.

(C) Vero. Da una maglietta regalata a un bambino è nata un’amicizia con un gruppo di persone disposte ad interessarsi della sorte di certi bambini trovati per strada. Gli è venuta pure l’idea che per portare a scuola questi bambini quasi abbandonati dai genitori, il mezzo più semplice ed efficace è metter loro a disposizione una squadretta. Niente scuola, niente calcio. Dell’Italicum, perciò, parleremo un’altra volta, parleremo a bocce ferme, vorrei tentare una valutazione oggettiva, oggi mi abbandonerei a sospetti di machiavellismo sui favorevoli e di ingenuità sui contrari. Se insisti col calcio, partirei da un argomento che tu non approveresti, panem et circenses, fare come per i giochi del circo dei romani antichi. Fateli sfogare. Fateli discutere al Bar Sport, al Processo del lunedì. Quelli che hanno la fortuna di avere questa passione, scaricano l’aggressività in modo abbastanza innocuo. Diversa è la questione della violenza organizzata, dei gruppi costituiti a scopo ricattatorio verso le società. Qui ci sono responsabilità individuali, anche penali, che vanno accertate e punite. Ma quando sento proporre di fermare il campionato per quattro deficienti violenti… È come sparare col Bazooka per ammazzare una mosca, i danni collaterali sono troppo grandi, o no? Il calcio è un’industria come le altre, crea molte meno occasioni di pericolo, che so, dell’andare in motocicletta, della vendita di alcoolici, del gioco d’azzardo legalizzato. Vanno evitati gli eccessi e punite le deviazioni. Comincio a preoccuparmi, invece, di possibili infiltrazioni della malavita organizzata, non solo nel truccare le partite. Ma questo è un rischio presente in ogni settore dell’economia. Quando sento di sconosciuti che ‘investono’ milioni in squadrette, che girano vorticosamente calciatori e allenatori, non posso fare a meno di pensare male. E di pensare che certo vandalismo organizzato prende di mira soggetti in qualche modo ricattabili. Occorre attuare bonifiche radicali, cominciando dai controlli finanziari sulle società, con mezzi adeguati, altro che punti di penalizzazione. Sento invece un bla bla di camere di sicurezza negli stadi; di polizia dentro o fuori dagli stadi, di DASPO eccetera. Sono piccole cose che al massimo prenderebbero qualche pesce piccolo, il capro espiatorio, lo sciocco mandato allo scoperto da uno scaltro istigatore.

(O) Ho assistito a fatti di questo genere una sola volta, parecchi anni fa, una semifinale di coppa Italia, a San Siro. I ‘facinorosi’hanno fatto una lunga serie di provocazioni; quando è arrivata la polizia dentro lo stadio l’hanno fatta scappare, nonostante fosse in assetto antisommossa, con i manganelli e gli scudi di plastica. Poi sono arrivati i carabinieri, senza scudi, ma con i fucili (scarichi, presumo). Alla sola vista del calcio nodoso dei fucili, i bollenti spiriti si sono calmati e la partita si è giocata normalmente. Morale della favola: l’autorevolezza nasce dalla decisione con cui si affrontano gli eventi e anche dalla disponibilità di mezzi adeguati, i manganelli corti contro le lunghe aste delle sedicenti bandiere dei tifosi non ce la potevano fare. Giù botte sugli scudi, un divertimento, visto che nemmeno rischiavano di fargli male sul serio..

(S) Fuor di metafora, vuoi dire che se si devono fare certe cose è meglio farle seriamente. Non credo ad azioni solo repressive, a pene spropositate, piuttosto alla certezza e alla rapidità delle stesse, previa l’individuazione delle responsabilità personali. Forse si potrebbe considerare un’aggravante il fatto che determinati reati, dalla violenza alle minacce, alla frode, siano compiuti in relazione ad eventi sportivi. Così come si tutelano i minori o i disabili.

(O)Mi piacerebbe tornare a vedere gli stadi pieni, con le famiglie e i bambini. È anche questione di prezzi di biglietti, di qualità dello spettacolo, di orari accessibili. Anch’io vedo tanto calcio in televisione e vado raramente allo stadio, ma lo farei molto più volentieri se le condizioni fossero più favorevoli. Andare allo stadio è una cosa molto diversa, molto più affascinante e gratificante che stare davanti al televisore. È quasi come giocare. Tu non hai portato i tuoi figli fino a Manchester a vedere una finale di Europa League? Non è stato qualcosa più di un semplice divertimento? Non è stato un grande storico del secolo scorso a dire che la storia è opera dell’homo ludens?

(C) Certo, caro Onirio. Giocare è sognare; non toglietemi i sogni, ma aiutatemi ad evitare che si trasformino in incubi.

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