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Cultura

PIACERE, SONO EDITH STEIN

STEFANIA BARILE - 30/04/2015

edth stein foto1Piacere, sono Edith Stein. Mi piace immaginare che la nota studiosa di fenomenologia si presentasse così alle persone interessate a conoscerla e ascoltare gli esiti delle sue riflessioni filosofiche. E forse con la medesima modalità si sarebbe presentata a noi, bramosi di capire meglio qualche passaggio in più dei suoi celebri scritti e rapiti dal suo appassionato pensare con il cuore e dalla sua altrettanto significativa lezione di filosofia dell’educazione.

Di sicuro coloro che hanno partecipato al convegno “La personalità di Edith Stein nella tradizione fenomenologica”, svoltosi nell’aula magna dell’Università dell’Insubria si sono sentiti accolti da Fabio Minazzi (direttore scientifico del Centro internazionale insubrico “Carlo Cattaneo” e “Giulio Preti”) con la stessa cordiale attenzione e disponibilità di questo straordinario personaggio femminile capace di favorire la riflessione, la conoscenza, la ricerca della risposta, per lei profondamente mistica, alle domande più profonde dell’esistenza.

Religiosa dell’ordine delle Carmelitane scalze, dopo un ateismo adolescenziale vissuto in una famiglia ebrea, filosofa e proclamata santa da papa Giovanni Paolo II nel 1998 e compatrona d’Europa nel 1999, Edith Stein (Breslavia 1891 – Auschwitz 1942) è stata oggetto di studio e di approfondimento nell’ambito delle attività seminariali organizzate dal Centro insubrico dal 2012 a oggi. Numerose e significative sono state in questi ultimi tre anni le iniziative sulla filosofia della Stein: oltre ai seminari di studio organizzati nella sede universitaria di Villa Toeplitz e coordinati da Marina Lazzari (collaboratrice del Centro insubrico), anche originali progetti realizzati nelle scuole superiori della città (licei Manzoni e Daverio-Casula) inseriti nell’ambito del Progetto dei giovani pensatori grazie allo studio, relativo alla mistica di Edith Stein, e alla professionalità di Isa Luoni (già docente di filosofia).

In occasione del convegno che chiude provvisoriamente questa lunga serie di approfondimenti, oltre a Marina Lazzari e alle collaboratrici del centro come la stessa Isa Luoni, Daniela Tam Bai e Veronica Ponzellini, le voci più autorevoli sul pensiero della Stein hanno presentato le loro posizioni teoriche, frutto di importanti e specialistiche ricerche, e poi le hanno discusse tra di loro e con il pubblico.

Francesco Alfieri della Pontificia università lateranense e la teologa Cristiana Dobner (sorella dell’ordine delle Carmelitane scalze) infatti, considerati gli studiosi più noti della filosofia di Edith Stein, hanno cercato di sciogliere i nodi problematici del suo pensiero, in particolare il rapporto con Husserl e con Heidegger e la relazione tra fenomenologia e mistica.

Davvero degne d’interesse sono state alcune riflessioni offerte dai relatori proprio nel corso della discussione: il principio di individuazione e il concetto di singolarità per frate Alfieri, il rapporto tra la Stein e Heidegger e il contenuto antisemita dei Quaderni neri – Schwarze Hefte – di Heidegger, pubblicati da Klostermann nella primavera del 2014, per madre Dobner.

Prendiamo la riflessione sul principio di individuazione. Frate Alfieri, partendo dalla trinitaria dimensione dell’essere (corpo, psiche e spirito) presente nel pensiero filosofico della Stein, afferma che lo spirito (geist) garantisce l’attività relazionale, soprattutto le relazioni affettive che favoriscono lo sviluppo della persona e che conservano l’unicità e l’autenticità del soggetto nonostante gli innumerevoli condizionamenti esterni.

Secondo la riflessione filosofica sulla fenomenologia intrinsecamente e necessariamente fondativa del pensiero della Stein, pensiero che frate Alfieri articola anche nelle ricerche relative a Hedwig Conrad-Martius e Max Scheler, ciò che rende unico un soggetto deve presentarsi come principio intrinseco e positivo, il principio di individuazione appunto, che lo rende tale indipendentemente da un contesto, nella pienezza vitale della sua consapevole responsabilità. Qui lo stretto legame con la filosofia di Duns Scoto: ciò che il soggetto dice e compie è congiunto al suo stesso essere. Spontaneamente l’individuazione risulta legata al concetto di singolarità, che nasce nel momento in cui il soggetto appare come un Io pieno, dopo avere attraversato le tre dimensioni dell’essere e attinge al suo essere se stesso, per cui l’altro è un valore indipendentemente dal porsi del soggetto.

E proprio i vissuti affettivi guidano l’attività intellettuale: il pensiero filosofico della Stein, fondato sulla filosofia, sul metodo e sul lavoro della fenomenologia husserliana (tema approfondito nella relazione di Marina Lazzari) guida il soggetto alla comprensione che a renderlo credibile, come studioso ed educatore (argomento proposto da Veronica Ponzellini), è il suo essere se stesso. Se frate Alfieri ha approfondito il contesto fenomenologico che forma e accompagna Edith Stein nello sviluppo del suo pensiero, madre Dobner ne ha sottolineato la straordinaria anticipazione riguardante la tendenza antiebraica e dunque antisemita di Martin Heidegger, e ha offerto alcuni commenti ai Quaderni neri del noto autore di Essere e tempo condivisi con l’interpretazione della studiosa Donatella Di Cesare la quale scrive: la questione dell’ebraismo mondiale è per Heidegger una questione metafisica, tale per cui l’Ebreo è responsabile dell’oblio dell’essere […] L’antisemitismo metafisico heideggeriano (sempre lontano, va puntualizzato a onore del filosofo, dai beceri biologismi di cui faceva sfoggio l’ideologia del terzo Reich) è allora un nuovo nucleo, fino ad ora celato, a partire dal quale occorre rileggere la sua ontologia.

Negli Schwarze Hefte l’ebreo viene inserito all’interno della storia della metafisica, dando luogo, per torsione, a una vera e propria metafisica dell’ebreo. Ma “se metafisica è la questione ebraica, metafisica è anche la soluzione” prospettata da Heidegger. Il profilo di antisemita ontologico e metafisico tracciato sulla base degli interessanti riferimenti a una terminologia inconfondibile e traducibile come palesemente ostile al popolo ebraico, alla religione ebraica e alla presenza dell’ebraismo nello stato germanico ha mosso frate Alfieri a proporre la propria versione dei contenuti relativi ai Quaderni neri di Heidegger, ancora in fase di studio e di ricerca approfondita, che non si dirige assolutamente verso l’antisemitismo intellettuale radicato nell’essenza stessa del nazismo, ma verso la riflessione di una scelta legata specificatamente alla circostanza storico-sociale.

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