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Apologie Paradossali

QUASI UNA LEGGE DI NATURA

COSTANTE PORTATADINO - 08/05/2015

renzi(O ) Dopo la marcia noexpo, le tute bianche; dopo l’Italicum, se ne va Civati, da solo; dopo la buona scuola i cortei ‘buono squalo’; ci capisci qualcosa? Dove sta la ragione?

(C ) Riformula la domanda, prego. Intendi: chi ha ragione, nel senso di fare la cosa giusta, o se c’è una ‘ragione’, in sé, una razionalità insita nella realtà delle cose, che prescinde dal riconoscimento da parte della maggioranza o del senso comune o del potere costituito o dei codice delle leggi?

(O) Intendo che così non si può andare avanti. Non c’è logica, né senso. I noexpo o i no-a-tutto protestano contro cose che ritengono spreco e danno danneggiando a loro volta, deliberatamente. Il mondo della scuola si chiude nel più gelido conformismo. Sono convinto che è anche giustizia quella della corte costituzionale sulle pensioni, ma temo già che ci appiopperanno nuove tasse e magari una buona parte di esse ricadranno dopodomani proprio sui risarciti di oggi.. Mi viene in mente una parodia di Robin Hood, che rubava ai ricchi per dare ai poveri, ma questi diventavano ricchi, quindi derubabili, per dare ai nuovi poveri, che erano i ricchi di prima, che tornavano derubabili e…

(C ) Eh! e e facciamo un passo indietro. La ragione, in politica, nell’atto dell’agire, coincide sempre con la forza. Che non vuol dire violenza e sopraffazione, anzi questa interviene quando la forza non regge più e appare superabile o almeno contrastabile da un’altra forza emergente. Per esempio scatta la paura e quindi la repressione violenta. Si vuole incutere una paura maggiore, perché non c’è forza per acquisire o mantenere consenso sufficiente.

(S ) Quindi anche il voto di fiducia sull’Italicum è frutto di paura?

(C ) Non necessariamente. I numeri sarebbero stati tranquilli comunque, c’era la fretta, il desiderio di concludere velocemente. È lo stigma di Renzi: FARE, qualunque cosa, dove i predecessori non hanno fatto, anche a rischio di sbagliare. La regola, prima di lui, è sempre stata “non fare per non sbagliare”, oggi egli impone il “fare anche a costo di sbagliare”. Per questo non vale più la distinzione destra/sinistra e forse nemmeno quella conservatori/progressisti ( vedi Galli DL, editoriale del Corriere 6/5).

(S ) È da un anno che la fiducia nel governo è ai minimi storici, tutti vogliono cambiare, in una direzione o in un’altra, e Renzi vince non indicando la direzione giusta o meno sbagliata, ma semplicemente additando gli oppositori come quelli che non vogliono il cambiamento. È questa la forza?

(C ) No, questa è l’astuzia della volpe, parlando come Machiavelli, ma occorre anche la forza del leone e la capacità di usare l’una e l’altra, come il centauro. Poi, la forza in democrazia non è quella delle armi, ma quella del numero dei voti.

(S ) Fino a prova contraria.

(C ) Ecco il punto. Ci deve essere comunque un vincitore, che dalla vittoria tragga nuova forza, perciò è impensabile, oggi, il ritorno ad un sistema elettorale proporzionale, così come ad uno stato leggero, che non sia strumento di potere, di consolidamento della vittoria. Capisco che la sinistra-sinistra chiami questo ‘fascismo’ e che la sinistra antagonista o anarchica insorga con ogni mezzo. Violenza compresa. Ma non condivido. È naturalmente impossibile avere contemporaneamente il massimo della rappresentatività e il massimo della governabilità. Nella beneamata prima repubblica l’eccesso di rappresentatività ha prodotto il consociativismo e la paralisi decisionale, nella seconda l’eccesso di potere ai governi ha causato l’insignificanza della funzione legislativa, spesso scavalcata o surrogata dalla corte costituzionale o dalla magistratura, vedi il caso dei nuovi diritti, fino al caso estremo dei governi Monti, Letta e Renzi, nessuno dei quali può dirsi espressione di una maggioranza elettorale.

(O ) Ma allora Renzi deve fare in fretta a fare qualcosa, soprattutto una legge elettorale che gli consenta di votare prima possibile e quindi legittimarsi.

(C ) Certo ha bisogno di forza, di una forza legittimata, non solo di quella specie di inevitabilità, derivata dalla crisi economica e dalla mancanza di maggioranza omogenea al Senato che ha reso ‘obbligati’ i tre ultimi governi.

(O ) E dopo?

(C ) Immagino che la prima legislatura sia di rafforzamento, come accade quasi sempre, per esempio negli Stati Uniti, nel lungo periodo è possibile che la maggioranza di governo s’indebolisca elettoralmente, le opposizioni, prima divise si coagulino e il risultato cambi. Succede già cosi in Francia e in Germania, pur con sistemi elettorali diversi. Di fronte ad una società civile sempre più spezzettata, liquida, dicono i sociologi, lo Stato deve avere forza sufficiente a contrastare le spinte centrifughe, particolaristiche, corporative, localistiche, in sostanza anarchiche.

(O ) Vuoi dire che lo Stato deve necessariamente sovrastare i cittadini? Ma è la teoria dell’assolutismo!

(C ) Al contrario. Se lo Stato è sufficientemente forte nel suo ambito, si contiene in quello e non ha bisogno di invadere la società civile per accaparrarsene i favori. Lo scandalo della democrazia non sono le tanto vituperate leggi ad personam degli ultimi tempi, ma le migliaia di leggine ad personas, ad regiones, ad categorias, ad sindacatos, ad monopolios che hanno creato il debito pubblico, dilatato ogni genere di assistenzialismo e ridotto la politica ad una logica di scambio. Questo comincia nella prima e continua nella seconda repubblica, ma è un fenomeno tipico pure delle dittature, che non desiderano affatto essere odiate e doversi imporre con la forza, ma che cercano piuttosto di blandire e semmai di condizionare le masse. Ma il consenso dei dittatori, per molto tempo e per molte circostanze è più spontaneo che forzato. La storia ce lo insegna: le dittature cadono per cause esterne solo raramente, più spesso quando hanno esaurito la possibilità di creare consenso. Questo è stato il caso evidente del comunismo in Europa.

(S ) Questa è storia vecchia, è la storia d’Italia di sempre, dal medioevo ad oggi, il prevalere degli interessi particolari. Ma non capisco come questi argomenti si applichino alla questione della scuola; vedo chiaramente l’interesse dei sindacati e dei precari, capisco meno la posizione degli studenti. Non credo che sia sempre sciopero per saltare le lezioni.

(C ) Temo di dover rimandare ad un’altra apologia questo argomento, troppo vasto, complesso e zeppo di pregiudizi, per trattarne in poche righe. Accenno solo al punto principale: la questione dovrebbe riguardare soprattutto le famiglie che però non hanno rappresentanza politica. Appare quindi una questione che riguarda insegnanti e studenti. È qui lo sbaglio: gli insegnanti sono certamente attori della riforma, ma dovrebbero anche accettare una radicale trasformazione del loro modo di lavorare e di educare e gli studenti della secondaria superiore non possono certo arrogarsi l’esperienza e la competenza necessaria per giudicare l’intero sistema scolastico, dall’infanzia all’università. Sono pronto a criticare la “buona scuola”, ma dal lato opposto, nel non essere sufficientemente coraggiosa nell’innovare il rapporto con la società, pur riconoscendo qualche singolo aspetto positivo. Credo che il governo farà qualche marcia indietro.

(S ) La conclusione sarebbe un po’ drastica: in politica non fare cose che non ti rafforzino, non importa se siano giuste o sbagliate.

(C ) Non è il mio ideale, ma è qualcosa di simile ad una legge di natura; credo che Renzi la conosca e la rispetti.

(come sempre: C=Costante, S=Sebastiano Conformi, O=Onirio Desti)

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