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Attualità

CINQUE NUOVE CAPPELLE

LUISA NEGRI - 08/05/2015

Una stazione sacra, un nuovo capitolo della Passione, questo mi sembra.

Wim Wenders, dopo aver visitato il Sacro Monte e la Via Sacra, rientrato a villa Panza appariva commosso e turbato, come se qualcosa di nuovo urgesse nella sua vita e nel suo cuore.

Lo ricordano il direttore di Villa Panza Anna Bernardini e il vice presidente esecutivo FAI Marco Magnifico in occasione di una conferenza stampa in cui si annunciano importanti novità per Villa Panza e per Varese: la prima è proprio quella dell’ acquisizione dell’opera su Ground Zero, New York, November 8, 2001, I, II, III, IV, V, dedicata dal fotografo-regista tedesco al dramma che nel settembre 2001 sconvolse il mondo e l’America.

Le cinque grandi immagini di Ground Zero, collocate nelle Scuderie della storica dimora varesina, in occasione della sua recente mostra a Villa Panza, gli comunicarono quel giorno una fortissima emozione: mai le aveva viste in tanta luce, mai così ben inserite in un sito, mai gli era sembrato di avvertire un senso così alto di sacralità. Mai forse gli era parso tanto significativo il suo viaggio in Italia. Quelle foto erano state da lui scattate sul luogo della tragedia anche perché arrivassero qui, dove s’invoca il silenzio di chi entra, come si varcasse la soglia di una cappella sacra. Quasi che tra la montagna varesina e il colle di Biumo, luogo di cultura, ma anche di spiritualità e contemplazione, corresse ormai il filo di una sola preghiera, il senso di un disegno scritto da sempre.

Che Villa Panza avrebbe potuto essere il posto giusto per lasciare le imponenti foto di Ground Zero, apparve dunque evidente anche all’interessato, dopo quell’ascesa mistica verso Santa Maria del Monte.

L’atto generoso di Wenders, le scelte artistiche di Villa Panza e del suo avveduto direttore, l’attenzione del FAI ai nostri beni – siamo la provincia che ha più beni FAI, e l’unico sito con una collezione di arte contemporanea – aprono un nuovo, interessante capitolo di grande attesa per la raccolta museale, per il Sacro Monte, per la città tutta. Stiamo pensando a un legame tra Sacro Monte e Villa Panza, dice Marco Magnifico Il Sacro Monte è una strepitosa opera di Land Art, fu un gesto forte, quello compiuto nel Seicento, di costruire quel cammino che porta verso la montagna. Oggi è un posto artistico e culturale che, come tale, non si dissocia dalla villa, e dunque vorremmo che ogni visitatore della nostra città potesse quanto prima considerare le due tappe come un unico percorso, da visitare e vivere in una stessa giornata.

Il secondo passo è di ripensare al progetto, vagheggiato anni fa da Giuseppe Panza, di un nuovo ciclo di cinque cappelle, realizzate da altrettanti artisti, sul percorso delle Pizzelle, affidato nei progetti del conte all’architetto giapponese Tadao Ando, la cui opera s’ispira ai principi dell’estetica minimalista.

Oggi il progetto Panza, ha comunicato Magnifico, diventa progetto FAI. Ma poiché si vuole, secondo anche le intenzioni del presidente Andrea Carandini, che le proprietà del FAI siano un fulcro di sistema, Villa Panza e il FAI cercano interlocutori, cercano consensi e confronti, tra associazioni, enti pubblici e privati, imprenditoria e mondo dell’arte. E una giornata di lavoro, già la si annuncia, darà concretezza a questo desiderio, perché possa emergere anche nel territorio la voglia collettiva di fare e di dare alla cultura, all’arte, alla bellezza, quel posto che finalmente si meritano, in un Paese che, di bellezza e arte, ne ha da vendere.

A dare la forza di questa spinta sono i risultati ottenuti dal FAI sul territorio nazionale e locale, con una crescente adesione di nuovi soci e un notevole aumento di visitatori: la stessa villa Panza ha registrato lo scorso anno oltre 70.000 presenze, grazie a scelte espositive eccellenti e a un battage pubblicitario ben mirato. Ma è anche la doppia garanzia di sostegno offerta da JTI, partner istituzionale della Villa e della Collezione, e da una Fondazione americana senza fini di lucro, Friends of FAI, che sta supportando, e questa è un’altra bella novità, l’ampliamento della Villa per allestire nuove sale negli spazi a piano terra, un tempo utilizzati per le carrozze. La copertura dei costi per l’ampliamento degli spazi espositivi comporta, in cambio, una risposta di sempre maggiore attenzione al territorio in cui davvero si faccia sistema, tenendo conto di ogni necessità e delle diverse esigenze di ogni possibile utente.

Sono un esempio significativo gli appositi percorsi che favoriranno i disabili e in particolare i non udenti, con guide ENS (Ente Nazionale Sordi). E l’apertura, sempre maggiore, alle scuole, alle famiglie e ai bambini, attesi ospiti della Villa.

Per tornare al vagheggiato e ora rilanciato progetto delle cinque nuove cappelle di Panza, viene in mente il concorso generoso e disinteressato, si consulti la cronaca del Tatto, che accompagnò nel Seicento la colossale impresa della costruzione della Via sacra. Entusiasmo, volontà e competenza, generosità e partecipazione delle genti di tutto il territorio sostennero moralmente e materialmente il progetto, davvero ardito per i tempi, e la sua realizzazione. Ma non ci furono troppe sbavature nella storia della nostra montagna. E spiccano figure di coraggiosi personaggi di rilievo: come Madre Tecla Maria Cid, monaca nell’antico borgo, come l’architetto della Fabbrica del Rosario, Giuseppe Bernasconi, e padre Aguggiari, e, più vicino a noi, don Macchi. A loro va la memoria riconoscente di ogni varesino che conosca la storia della sua terra.

Venendo ai tempi nostri, cinque anni fa il progetto da affidare a Tadao Ando suscitò la reazione non favorevole dell’ amministrazione comunale e il momentaneo stop. In tempo di crisi non possiamo permetterci il caviale, abbiamo bisogno di pane adesso. Accadeva nel 2010, due anni dopo l’arrivo a Varese dell’architetto, venuto apposta per visionare il Sacro monte e il sito. “Non chiederò altri soldi alla Regione”, disse il primo cittadino, allontanando l’ipotesi.

Ora che la proposta riparte dal FAI, chissà che Ando non ritorni tra noi, con il suo progetto di portare l’arte contemporanea in cima alla montagna. Progetto ardito? Ma quale vera arte, e proprio la storia dell’arte ce lo insegna, non è ardita e proiettata in avanti nelle intenzioni di chi la fa e promuove? E sicuramente è, questo, progetto molto meno ardito di quanto lo fu quello dell’Aguggiari e del Bernasconi di portare le cappelle, e la pittura del Morazzone e di altri, fin lassù.

Ma vista anche la crescente considerazione che l’arte contemporanea incontra, visto l’entusiasmo che da Milano Expo porta con sé, forse, ne conviene anche Magnifico, i tempi sono davvero maturi.

Gli Impressionisti, un tempo derisi nei Saloni parigini, sono oggi universalmente cercati e amati. Un domani potremmo essere fieri di avere, appena fuori di casa, sulla nostra montagna, una meta in più, originale e di alta espressione artistica, con opere per esempio di Irwin o Turrell, presenti – e molto apprezzati anche per le loro attuali installazioni site-specific Varese Scrim 2013 e il Ganzfeld Sight Unseen – a Villa Panza.

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