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Opinioni

COMPLICAZIONI ITALIANE

FELICE MAGNANI - 03/07/2015

burocraziaIn Italia è tutto estremamente complicato. Filtri e contro filtri determinano il triste fenomeno della burocrazia, una sorta di labirinto dal quale riesce sempre più difficile uscire indenni. Chi soffre maggiormente lo stato attuale? Gli anziani, le persone deboli, quelle che non possono gestire autonomamente la propria condizione fisica e mentale, soggetta all’età, alle malattie, alla povertà, all’indigenza e in molti casi alla disperazione. Immaginiamo cosa possa significare per un anziano in cattive condizioni economiche o di salute dover affrontare tasse comunali, regionali, statali, interpretare sigle e non avere nessuno che ti possa aiutare.

Mentre da più parti si indica la via della semplificazione e della trasparenza, per rendere più appetibile a tutti l’impegno della gabella, i governi che si alternano alla guida del paese continuano ininterrottamente a sorprendere con strategie fiscali complicate e assolutamente inadeguate. Lo fanno senza porsi il problema se chi sta dall’altra parte sia in grado o meno di rispondere a quanto richiesto, se esista realmente la condizione umana e materiale di far fronte a imposizioni che non tengono in alcun conto delle condizioni esistenziali delle persone.

Viviamo in un sistema politico amministrativo che disincentiva, che annulla a monte le aspirazioni al fare, al costruire, al realizzare. Chi intraprende è costretto ad arretrare, a rimanere incollato a un perenne equilibrio instabile, a togliersi il pane di bocca prima ancora di averlo comprato. Le aziende chiudono, i negozi chiudono, tutto è devoluto alla temporaneità, al gioco di equilibri che in molti casi si spezzano, gettando nel caos velleità e aspirazioni. Chi vorrebbe ampliare non lo fa perché ha paura: teme l’incombere delle gabelle, la tirannia delle banche, l’insicurezza dell’euro, i giochi di una politica che si fa garante, ma solo per illudere che tutto avrà presto una fine. E così molti se ne vanno, lasciando sul campo amico i loro sogni e le loro speranze, alla ricerca di quello spazio identitario che anima da sempre la vocazione umana al fare, a realizzare ciò in cui la persona crede.

Se ne vanno come fanno gl’immigrati africani che sbarcano sulle nostre coste con la speranza rivolta al nord Europa, dove l’organizzazione permette di realizzare un sogno inseguito con caparbietà, dove se hai voglia di intraprendere ti è consentito senza doverti esporre al rischio di una “morte” prematura. Fuori dal nostro paese si cerca di rendere più leggera la vita delle persone, con risposte chiare e immediate, con sistemi organizzativi rapidi e snelli che mettono chiunque voglia intraprendere nella condizione di poterlo fare senza incorrere in laceranti attese. È incredibile come non si cerchi d’incentivare l’investimento, quella voglia di fare che è stata l’arma vincente del tanto conclamato made in Italy.

La burocrazia attanaglia, avviluppa, protrae, toglie allo spirito la sua tensione dinamica, frena le vocazioni, impone limitazioni che riducono di fatto il desiderio di mettersi alla prova, di essere creativi per sé e per gli altri. È in questo clima di accerchiamento fisico e mentale che si dissolve lo spirito della democrazia, quell’ aspirazione alla libertà che è il punto di partenza di una rivincita sui totalitarismi esistenziali. È in questa pressione intimidatoria sulla persona umana che si dissolve il diritto, lasciando ampi spazi a varie forme di violenza che lacerano su più fronti la speranza. Più si allunga e si radicalizza la spinta impositiva e più si snaturano lo spirito della legge, la forza e la bellezza della regola comunitaria. Oggi la maggior parte della gente vive uno stato di attesa, un immobilismo da accerchiamento che domina ormai da anni chi ancora crede nel progresso e nella sua possibilità di affermazione.

Da più parti ci si domanda quale sia la strada della rinascita, la via della riconciliazione con il senso comunitario dell’esistenza umana. Rimettere l’uomo, ogni uomo, al centro, significa restituire a ciascuno il diritto di essere se stesso, di poter realizzare concretamente l’aspirazione alla dignità, la possibilità di sentirsi parte di un mondo di cui tutti siamo convittori e protagonisti. Nonostante tutto viviamo i sintomi di una risurrezione universale, caotica e complessa, ma reale. Le burocrazie sono sempre meno rispondenti ai bisogni, i filtri e i contro filtri sono sempre più insufficienti a delineare i nuovi piani esistenziali, le persone hanno sempre più bisogno di risposte semplici ed essenziali, il bisogno della massa prevale sui bisogni dei singoli, l’universale accampa la sua rivincita sul particolare, l’uomo chiede il riconoscimento di vincoli umani che vadano oltre le teorie dei trattati, chiede soprattutto che la legge non diventi un ulteriore motivo di frustrazione, soprattutto là dove il dolore e la sofferenza hanno condizionato per secoli la vita della gente. C’è un sistema che chiede di essere rivisto alla luce di una frenetica evoluzione umana che sconvolge il mondo e che bussa alla porta della burocrazia per rivendicare il proprio diritto al riscatto umano e morale, dopo anni di abbandono e di solitudine nelle periferie del mondo.

L’organizzazione umana aspira profondamente a un riconoscimento della dignità, alla possibilità di vedersi e di sentirsi capita e aiutata a scoprire e a vivere la propria identità, il proprio diritto alla cittadinanza globale. Forse l’uomo è troppo sicuro si sé, troppo ancorato alle proprie culture, anche quando queste sono ampiamente superate dalla repentina evoluzione delle intelligenze, delle necessità, di nuove vie da intraprendere per realizzare una piattaforma di condizione umana nuova, più consona alla dignità delle persone. La vita viaggia così alla conquista di un riconoscimento giuridico, di una condizione di rispetto esistenziale, di snellimento delle imposizioni che troppo spesso impediscono alla libertà di valorizzarsi, di completare la propria scala di auto definizione umana.

Mentre il nuovo corso della storia cerca disperatamente una diversa collocazione dei bisogni e delle necessità, lottando contro la violenza e la cattiveria umana, ci sono uomini e donne che vogliono immergere la loro opportunità esistenziale in un mare di convivenza civile, di aspirazioni condivise, di dignità ritrovate, di voglia di cambiamento. In questa ricerca cadono le barriere, nascono nuovi rapporti, si realizzano nuove relazioni umane e il mondo impara a conoscersi un pochino di più, anche se per la pace si dovrà lottare e forse combattere.

Le difficoltà servono anche a questo, a farci capire una volta di più che non c’è nulla di indissolubilmente statico nella nostra evoluzione esistenziale, che tutto è in movimento e che la vita è ricerca continua, capacità di stabilire nuovi rapporti, anche fuori dalla prigionia burocratica, da vincoli che rischiano di annullare la giusta aspirazione alla libertà delle persone.

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