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Attualità

IL BIMBO E UN VECCHIO

LUISA NEGRI - 11/09/2015

ahlankhaiedQuando tutto sarà ricomposto, e la luce avrà vinta la notte, e il rassicurante silenzio di un’antica quotidianità domestica avrà ricondotto i perseguitati in patria, quando un bambino con la maglietta rossa potrà di nuovo affondare i suoi sandali nella sabbia turca di Bodrum e spunterà il primo fiore di primavera tra le rovine di Palmira – quando tutto questo sarà realtà – ad essere ricordati saranno forse soltanto due tra i tanti nomi dei martiri sacrificati dalla maligna guerra: quelli di un bambino e di un vecchio.

L’alfa e l’omega delle loro vite, quella del piccolo Aylan e quella di Khaled al Asaad, il sovrintendente di Palmira, si sono incontrate sul parallelo cammino di una doppia tragedia: profugo siriano e martire innocente il primo, colpevole il secondo di aver giurato eterno amore – il grande amore della sua vita – alla bella Palmira, antica città di cui era curatore, innamorato tanto da incatenarsi come un eroe greco alle sue bellezze, accettando la punizione dell’estremo sacrificio. La barbarie dei carnefici ha infierito su di lui, torturato e decapitato come nei più terribili martirologi. Forse, tra centinaia di anni, le storie di Aylan e Khaled e i loro nomi continueranno ad essere sulla bocca degli umani. Gli dei omerici non hanno favorito l’ approdo sulla felice spiaggia di Kos al piccolo Aylan, né hanno salvato la vita al vecchio conservatore di Palmira, violentata nella sua bellezza e svenduta a brani per farne soldi.

Abbiamo visto tutto mentre le immagini ce lo raccontavano.

Ci sono istantanee che entrano nel cuore di ciascuno di noi perché sono – crudamente e crudelmente, ma semplicemente sono – la Verità. Sono le specchio del peccato di chi compie materialmente l’atto e di chi vi si riflette e sente su di sé il proprio peccato: di indifferenza, di correità per superficialità di conoscenza e valutazione di quant’era annunciato.

Pensiamo all’ immagine della bambina vietnamita ustionata dal napalm o a quella di una giovane vittima di Hiroshima, pensiamo ancora alla ferita di Ground Zero per l’atterramento delle Twins, raccontato dall’obiettivo di Wim Wenders. Ma pensiamoci bene: non c’è grande peccato, commesso da altri e perpetrato su innocenti, che non ci tocchi tutti, tutti coinvolgendoci, emotivamente e moralmente, per colpe pregresse o presenti. È la nostra condanna, di umani moderni, di avere sotto gli occhi la vera icona della tragedia: ciò che invece negli antichi poteva essere solo raccontato o al più illustrato. Ma la verità non va respinta. La verità va guardata diritta negli occhi, perché la verità più cruda racconta la nobiltà: di chi la osserva senza pentirsi di doverlo fare e di chi trascorre in quel doloroso viaggio verso la morte. Terribile quella di Khaled, apparentemente più dolce quella di Aylan, quasi addormentato sulla battigia, come se le cure parentali avessero potuto assisterlo fino all’ultimo, sollevandolo oltre il freddo turbine delle onde, prima di adagiarlo con teporosa dolcezza sulla riva.

Sono due pagine di morte che si vorrebbero cancellare: eppure sono due pagine che rappresentano insieme la bellezza e la crudeltà dell’ umana sorte, la crudeltà dell’Isis e di chi ha permesso e armato la sua marcia lugubre, e la bellezza di chi proprio per lei è morto, o ha iniziato un cammino verso un’altra terra dove far crescere i propri figli. La bellezza infine di chi ha visto, capito, e chiesto perdono per non essersi reso conto, prima. La bellezza di chi ha accolto e portato cibi e coperte, in testa Grecia e Italia, Paesi dove proprio bellezza e accoglienza sono realtà: forse perché lo sono già nel sorriso del paesaggio e in quello degli uomini che lo vivono.

Anche la cancelliera Merkel ha finalmente rinnegato la sua intransigenza, per motivi di opportunità politica, dopo che il popolo tedesco, vedendo la chiusura del proprio governo, ha spalancato per primo le braccia, aprendo e indicando, a chi non poteva più percorrere la propria, la nuova strada.

Ma vorremmo pensare che anche la visione di certe crude verità abbia mosso (e commosso) la bionda Frau per altri motivi che non siano solamente quelli politici.

Forse anche quella fotografia del piccolo Aylan, negli occhi le chiare acque dell’Egeo, ignaro martire all’alba di un giorno di settembre, anno di grazia 2015.

E forse anche i crudeli reportage sullo spietato sacrificio del buon Khaled.

I loro due nomi, del vecchio e del bambino, rimarranno nella storia. Ma sono già dentro di noi.

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