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Apologie Paradossali

PARIGI/3 CAPPUCCINO E CROISSANT

COSTANTE PORTATADINO - 20/11/2015

??????(C ) Oggi non mi sento in grado di scrivere niente di intelligente, tanto meno di paradossale, davanti all’immensità della tragedia di Parigi, perciò, cari Sebastiano e Onirio, leggetevi questa testimonianza, tratta da Oasis, la rivista di dialogo interculturale fondata dal cardinal Scola a Venezia.

«No! No allo Stato religioso!»

(Introduzione di Oasis) Il grido di un intellettuale egiziano contro il pensiero islamista e le derive estremiste diventa oggi dopo il massacro di Parigi più attuale che mai. Il jihadismo che ha colpito il cuore di Parigi viene da lontano, dalla pretesa ideologica di identificare religione e politica per creare con la violenza uno Stato islamico.

Lo denunciava con forza già nel 1986 l’intellettuale egiziano laico Farag Foda (1945-1992) in questo brano che proponiamo ora per la sua attualità. L’autore smonta la tesi per cui l’Islam richiederebbe l’identificazione tra religione e Stato e prevede che questa ideologia, se non arrestata, costerà al mondo un prezzo molto alto. Un prezzo che per Foda coincise con la vita stessa: fu assassinato al Cairo nel 1992 da due islamisti radicali. «Loro hanno il loro modo di ragionare e noi il nostro, loro hanno un passato verso cui fuggono e da cui noi fuggiamo, loro hanno un futuro da cui fuggono e verso cui noi ci protendiamo». Parole più che attuali oggi.

 (Testo di Foda) “Gli islamisti ritengono che mescolare religione e Stato sia un obbligo religioso, che l’Islam sia religione e Stato e che chiunque accetti la fede e rifiuti lo Stato rinneghi necessariamente un insegnamento di fede. E con questo insegnamento di fede intendono il fatto che essa organizzerebbe le modalità di governo e le questioni politiche.

Di questa pretesa però non portano mai le prove. Non per questo tacciono, ma anzi vagano senza meta per monti e per valli. Ti rinviano al Corano. Ma se gli dici che il Corano non ne fa parola, che non tratta di come si debba scegliere il governante e non chiarisce la natura del regime di governo, ti rimandano alla shûrâ [“consultazione”] [1]. Se gli domandi come la interpretano, e in che misura sia obbligatoria per il governante, si dividono in tutto tranne che nell’ostilità verso di te e si disputano su tutto tranne che sul dichiararti miscredente. Ti rimandano alla Sunna [2], ma se gli dici che l’epoca del Profeta è legata alla sua persona e non è una prova per le generazioni seguenti (perché dove si trova oggi un governante che [come il Profeta] non parli mosso da passione e riceva rivelazioni divine sul da farsi?), ti scaraventano addosso il governo dei Califfi ben guidati [3]. E se provi a discutere con loro o ad analizzare le cose, danno letteralmente di matto dicendo che sei entrato nelle regioni sacre. Se provi a obiettare con argomenti logici, fanno i finti logici dichiarando che la ragione non ha parte in queste cose e se gli metti di fronte gli errori compiuti dai Compagni, gli uni si stracceranno le vesti chiamando Dio in loro soccorso e gli altri risponderanno che gli errori dei musulmani non sono una prova contro l’Islam. E in questo hanno ragione, ma chi mai ha detto che stiamo obiettando all’Islam?

L’Islam è nel cuore e nella ragione insieme. Noi qui stiamo solo protestando contro la loro pretesa di poter governare per mezzo dell’Islam e questo è ben diverso; perché l’Islam, a nostro avviso, è religione e non è Stato (nel senso moderno della struttura dello Stato), è coscienza e non è spada (nel senso antico della spada). Per cui, se il nostro contraddittore invoca l’Islam come religione, non dobbiamo far altro che sottometterci reverenti, alla religione e non al nostro contraddittore, alla fede e non a colui che parla in suo nome. Ma quando viene a dirci che vuole governare per mezzo dell’Islam, non dovremmo neppure chiedergli un esempio, perché lui non sta parlando nel vuoto e non è dal vuoto che noi gli replichiamo. Il nostro testimone contro di lui è l’esperienza e il fatto che, a quanto pare, in più di mille anni di storia non ci sia un esempio positivo da portare o un modello chiaro da invocare. (…)

 […] Perdonatemi l’espressione eccessiva, ma la nostra tragedia è che siamo troppo divisi, incapaci di raggiungere la meta, con lo sguardo sempre rivolto indietro tanto che penso che l’avanti sia stato creato per altri, non per noi, che il futuro sia proprietà esclusiva di altri e che la speranza sia una moneta rara e di cui è vietata la circolazione. Spesso mi domando perché sia così e credo di avere una risposta che contiene molti elementi di verità e che si può sintetizzare in questo modo: abbiamo ricevuto [questi valori] da altri e non abbiamo pagato nessun prezzo per essi. Ogni cosa ha il suo prezzo, la democrazia, la laicità, la civiltà, i diritti umani, tutto ha un prezzo. Il mondo civilizzato ha pagato un prezzo per tutte queste cose. Per arrivare dove si trova ora ha dovuto attraversare mari di sangue e camminare sopra i cadaveri di migliaia di vittime. Per questo si tiene ben strette queste cose e non le molla, sapendo bene la fatica e la serietà, il sudore e il sangue che hanno richiesto. Noi invece abbiamo ricevuto tutte queste cose senza sforzo, ce le hanno trasmesse i pionieri [delle riforme]. Difenderle ci risulta difficile e non ci importa granché di perderle parzialmente o totalmente. Sono assolutamente certo che pagheremo il prezzo tra poco, a meno che ogni coscienza libera non si risvegli e ogni patriota desideroso di veder progredire il proprio Paese gridi con quanta voce ha in gola: “No! No allo Stato religioso! No al rifiuto della laicità! No al mescolare le carte tra politica e religione!” E tutte queste espressioni sono alla fine sinonimi.

 [1] Si tratta di una procedura di consultazione tra i credenti, raccomandata in Cor. 42,38: «Coloro che obbediscono al loro Signore, e compiono la Preghiera, e delle loro faccende decidono consultandosi fra loro, e di quel che la Provvidenza ha loro donato, largiscono». Modernamente si è cercato di ritrovare in questo accenno la forma islamica della democrazia.
[2] La tradizione di Muhammad, con valore normativo per i credenti.
[3] I primi quattro successori di Muhammad, tutti suoi Compagni. Sono considerati un modello per le generazioni successive.
(Farag Foda, Hiwârât hawl al-‘almâniyya [Dialoghi sulla laicità], Cairo 1986, pp. 12-15, trad. Martino Diez)
 

(C ) Che ne dite? Tenete conto che è un testo di parecchi anni fa, steso in forma di contrasto tra l’autore e gli integralisti islamici, che chiama semplicemente ‘islamisti’..

(S ) Interessante, un po’ difficile da capire per chi non è musulmano. Ma poi non capisco come dobbiamo comportarci noi, cristiani e laici, laici e cristiani nello stesso tempo, nei confronti di costoro.

(O ) Ma è ovvio! Prendiamo atto che costoro, specifico: i Jiadisti, per essere inequivocabile e non certo l’Islam come tale, si occupano di noi con la spada e non con la religione. Noi per primi non dobbiamo mescolare religione e Stato, quindi occorre garantire libertà religiose e civili a tutti, dico e sottolineo TUTTI, e a TUTTI richiedere il rispetto delle leggi.

(S ) Questo vale per i singoli, ma per gli Stati? Per i rapporti con l’IS, l’autoproclamato Stato Islamico?

(C ) Valgono i principi del diritto internazionale, anche nel caso di Stati non riconosciuti internazionalmente, che ti riassumo maldestramente così: “pace con chi è in pace, guerra con chi fa guerra”; senza dimenticare che la guerra (anche contro chi fa guerra per primo) è l’ultimo dei mezzi a disposizione e non mai il fine, che è sempre una pace più giusta di quella che l’aggressore sembra offrire in cambio del silenzio e dell’inerzia di fronte all’aggressione. Non facciamoci ingannare da un falso pacifismo, tutti gli aggressori offrono la pace, dopo aver ottenuto un frutto dalla loro aggressione. La Chiesa e tutti i cristiani lavorino quindi con le armi della fede, della speranza e della carità per ottenere pace e rispetto reciproco, lascino agli Stati il compito di decidere se e come contenere l’aggressione del sedicente Stato Islamico, in Siria in Iraq e in tutto il mondo.

(S ) Qualche mese fa ci avevi invece portato come esempio il beato Marco d’Aviano, un cappuccino che ha salvato Vienna dall’assedio turco del 1683!

( C ) Vero. Ma come confessore dell’Imperatore d’Austria usò più le armi della diplomazia che quelle della fede, tanto che Luigi XIV di Francia, che pure si faceva chiamare ‘re cristianissimo’, se ne rimase inerte, aspettando la fine o almeno l’indebolimento dell’Impero. L’aiuto venne dai Polacchi, che forse, oltre alla fede, avevano anche ragioni politiche per non avere i Turchi come vicini. E a proposito di cappuccini, finisco di raccontarne la storia, anzi la storiella, tanto per alleggerire la tensione. Dopo la battaglia, l’esercito turco in ritirata abbandonò molti rifornimenti, tra cui un grosso quantitativo di caffè, allora non ancora usato in Europa. Acquisito come bottino, per adattarlo al gusto occidentale venne servito mescolato con latte, panna e miele e per riconoscenza dedicato al Cappuccino Marco d’Aviano. I pasticceri viennesi si inventarono anche un dolce come accompagnamento e lo fecero a forma di mezzaluna o, se preferite, di luna crescente, così il kipfel tradizionale acquisì la forma della mezzaluna crescente, in francese divenne croissant.

(S ) Sì, una storiella raccontata da Franco Cardini alla radio, che tu diffondi acriticamente, basta andare su wikipedia per trovarne la smentita.

(C ) Verità o leggenda, mi piace pensare che i Francesi, che comunque al bar, con il cappuccino, chiedono il croissant e mai la brioche, se ne ricordino come un segno di libertà e di pace e non abbiano paura di commettere un’offesa antislamica.

(C ) Costante, (O ) Onirio Desti, (S ) Sebastiano Conformi

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